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La notizia è di qualche anno fa. Un furto di Parmigiano reggiano custodito nel caveau di una banca. Poche righe su un giornale locale.
Forse quei ladri avevano anticipato i tempi trattando il blasonato formaggio al pari dei preziosi o dei contanti. Oggi infatti i prodotti agricoli e alimentari sono considerati il vero oro dell’economia nazionale. E con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di un decreto del ministero delle Politiche agricole, che attua una misura introdotta dal Cura Italia, le eccellenze del made in Italy diventano giuridicamente dei “gioielli”.
E possono essere date in pegno. Un pegno speciale, che tecnicamente è definito rotativo, ma che ha tutte le caratteristiche e le regole del pegno classico. Con una particolarità: il produttore non perde il possesso. Dunque incassa i soldi, ma non deve consegnare la merce. E’ l’estensione di uno strumento che finora è stato applicato solo ai Prosciutti e Formaggi Dop. Con il nuovo decreto il produttore può stipulare contratti, in genere con le banche e gli istituti finanziari (la legge non prevede comunque alcun paletto) per la cessione virtuale del suo “oro” che può essere anche vino, olio, frutta, cioccolato, pasta, ecc e ottenere subito contanti. L’unica condizione è che i prodotti si fregino dei marchi Dop e Igp. Si tratta – spiega Coldiretti- di una forma di finanziamento innovativo particolarmente adatta per gli alimenti che chiedono tempo per completare il ciclo produttivo.
Si aprono dunque nuove prospettive di accesso al credito per i produttori di eccellenze, anche di nicchia, che grazie al rapporto diretto con i piccoli istituti bancari locali che conoscono le realtà produttive possono ottenere interessanti riconoscimenti economici.
Finora questa possibilità era stata offerta solo alle grandi Dop nazionali, ora lo strumento si estende a tutti. E potrebbe favorire i “giacimenti” del Sud a partire dall’olio e dal vino. E perché non pensare per esempio al pegno rotativo per Dop come l’olio essenziale di Bergamotto della Calabria? Anche in questo modo si tenta di venire incontro a un settore che ha tenuto duro nel periodo della pandemia, ma che è uscito con tante ferite dal lockdown e dal post Covid , soprattutto per il crollo della ristorazione e del turismo. Ma che, nonostante tutto, continua a confermare la sua funzione di colonna del sistema produttivo nazionale.
Alla due giorni del Cibus 2020 di Parma in edizione ridotta, è arrivato il riconoscimento da parte del ministro degli Esteri Luigi Di Maio (al suo dicastero è affidata l’attività di promozione sui mercati mondiali) dell’importanza della filiera agroalimentare e della necessità dunque di far ripartire l’export. Di Maio ha anche sottolineato la frenata delle vendite estere e ha ribadito come le fiere rappresentino uno strumento strategico per il rilancio del settore. Da Parma la Farnesina ha rilanciato il progetto, operativo a fine settembre, che mette 50 milioni a disposizione per la promozione delle eccellenze del made in Italy in 30 Paesi.
Agroalimentare vera ricchezza italiana dunque, giacimento di materie prime strategiche. E dai numeri pesanti. Un’analisi della Coldiretti presentata al Cibus evidenzia infatti come l’alimentare sia stata l’unica filiera a resistere agli attacchi del Covid 19. I fatturati di tutti gli altri settori, dalla moda alle automobili fino all’arredamento, denunciano pesanti perdite, mentre l’agroalimentare pur con mille problemi, ha attutito i colpi confermando ancora una volta la sua capacità anticiclica . Con 538 miliardi di valore la filiera allargata dal campo alla ristorazione è oggi il “petrolio” del Paese.
Vale il 25% del Pil nazionale con un peso importante anche sull’occupazione ( quasi 4 milioni di posti). Un settore che ha saputo misurarsi su scala globale come confermano le ottime performance dell’export che ha raggiunto lo scorso anno 44,6 miliardi con i due terzi delle vendite nei paesi europei e una presenza di rilievo negli Stati Uniti. La pandemia ha colpito al cuore il sistema, in particolare l’agricoltura con quasi il 57% delle 730mila aziende che ha denunciato cali dell’attività, ma non lo ha scardinato. Ha fatto emergere la consapevolezza dell’importanza strategica di garantire cibo di qualità e quantità sufficiente ai cittadini anche nel pieno dell’emergenza. E ha fatto anche comprendere la necessità di tutelare il settore per evitare di dipendere dall’estero in un momento segnato oltre che dal virus anche da gravi tensioni internazionali politiche e commerciali.”
L’Italia- ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – può contare su una risorsa da primato mondiale , ma deve investire per superare le fragilità e difendere la sovranità alimentare”. E il primo investimento è abbattere i muri della burocrazia che bloccano le imprese e rendono difficile anche l’accesso ai fondi comunitari.
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