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Vanno a ondate come il Covid. Surfisti sulla cresta quando chiedevano di rivedere i parametri troppo restrittivi dell’Italia a colori, rigoristi ora che i contagi lievitano e l’Austria è diventata il loro modello da seguire.
Non amano le vie di mezzo i governatori delle Regioni. L’importante è lasciarsi trascinare dall’ultima emozione, alternando rassicurazioni o paura a seconda del momento. Se il governo fa la voce grossa e vuole chiudere loro vogliono aprire e viceversa. Un continuo scambio di ruoli. L’importante è rimanere protagonisti, a favore di telecamera.

GLI INTERESSI IN GIOCO

Succede così che i presidenti delle Regioni del Nord, seguiti a ruota dal campano De Luca, spingano per chiudere a doppia mandata in casa i non immunizzati, cosa che il premier Mario Draghi preferirebbe evitare.
L’Italia non è l’Austria che può permettersi, tra l’altro, il tampone gratuito racapitato a domicilio.

E poi da noi i vaccinati che hanno completato il ciclo sono 45 milioni e 560 mila, l’84,36%. Anziché accanirsi contro i renitenti e scatenare una caccia all’untore, meglio accelerare sulle terze dosi che vanno a rilento anche per le lentezze di alcune Regioni, pensano a Palazzo Chigi.

Stavolta, però, nessuno scontro, promette il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga. Ieri, al termine dell’ennesimo vertice, Fedriga ha chiesto una riflessione «urgentissima» e un incontro con il governo. A preoccuparlo è «la tenuta delle regole attualmente vigenti che furono adottate in assenza dell’attuale percentuale di vaccinati e dello strumento della certificazione verde».

Mettere in sicurezza il sistema sanitario vuol dire salvaguardare l’attività economica a partire dalla stagione turistica invernale. Gli impianti sciistici dovrebbero riaprire il prossimo 27 novembre. La curva dei contagiati sta salendo però in modo esponenziale, seppure molto al di sotto dei livelli dello scontro anno.

«L’obiettivo – dice Fedriga che fa da portavoce ai suoi colleghi presidenti – è anticipare eventuali scenari di criticità. Occorre individuare interventi condivisi partendo dalla considerazione dei danni economici incalcolabili legati all’incertezza che i prossimi passaggi di zona rischierebbero di provocare alle attività».

MA IL MODELLO AUSTRIA NON PIACE A TUTTI

Somministrazione della terza dose a tutti i cittadini. Un’altra soluzione non c’è. Un Natale con le saracinesche dei negozi abbassate o con gli orari di apertura contingentati è uno scenario che il Paese non può permettersi. Non è pensabile che in una regione si adotti il modello Austria per i non vaccinati e altrove si faccia diversamente. Un’Italia ai domiciliari, un’altra in libertà condizionata e magari un’altra ancora dove anche i no vax possono liberamente girare. Il rischio che si corre è questo.

La posizione dei governatori è oscillante. Il ligure Giovanni Toti ha detto che non vuole «chiusure contro nessuno». Si definisce un aperturista, chiede delle scelte di buon senso che siano legate ai numeri. E due Green pass, uno per chi è vaccinato e uno per chi si sottopone al tampone: «Così, se non potremo giustamente impedire di lavorare a tutti, anche a coloro che con testardaggine non vogliono vaccinarsi, potremo almeno decidere di aprire le attività secondarie – dai teatri ai cinema, dagli stadi ai centri commerciali – soltanto a chi è in possesso del certificato verde con le due dosi fatte».

Il ministro Costa ha già fatto sapere in anticipo che al momento e anche per la prossima settimana per nessuna regione è prevista la zona gialla. Ma la situazione è in evoluzione. E non è pensabile che la divisione in zona gialla, arancione o rossa valga soltanto per i non vaccinati.

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, è per la linea dura, in aperto contrasto con il suo leader leghista Matteo Salvini che fiancheggia la protesta contro il certificato verde. Il “doge” di Palazzo Balbi vorrebbe un lockdown per i soli no vax ma teme che per «oggettivi limiti costituzionali» non si possa fare.
«Ogni decisione – assicura Zaia – la prenderemo assieme, fra governatori». Come dire: a decidere alla fine non sarà il governo ma saremo noi.

DE LUCA: «PARLARE CON I NO VAX? PERDIAMO TEMPO»

Mettere d’accordo tutti i governatori e riuscire a farli parlare con una voce sola è un’ impresa titanica. Quando si raggiunge l’intesa sulla sostanza ci si divide sulle sfumature, che sfumature però non sono. Il toscano Eugenio Giani, per esempio, non vuole sentir parlare di zona gialla se prima non verranno adottate restrizioni per chi non si vaccina.

«Spero che nelle prossime ore – sottolinea Giani – vi sia da parte del governo una risposta senza andare su provvedimenti generalisti, ma andando su provvedimenti specifici: se dobbiamo avere delle restrizioni, coinvolgano solo coloro che non hanno fatto il vaccino». In Toscana, una delle regioni che ha vaccinato di più, sono 200mila le persone che hanno scelto di non immunizzarsi.

La Campania è tornata a registrare oltre mille contagi in un giorno: ieri sono stati 1.037 i nuovi casi. A preoccupare il presidente De Luca è il contagio per la fascia di età sotto i 15 anni, in particolare fra gli 11 e i 13 anni. I positivi sono triplicati. «Quello che possiamo fare nell’immediato è completare la terza dose per tutta la popolazione scolastica»: guarda al concreto il presidente della Regione Campania. E i no vax? «Non ho più nessuna voglia di parlare con chi non vuole vaccinarsi. Perdiamo tempo».

Tra governo e Regioni si rischia un nuovo frontale. Con la Carfagna in mezzo a dividere per evitarl un nuovo scontro.  «Dobbiamo uscire dalla logica che li vede, o li ha visti in passato, controparti – commenta con parole di buon senso la ministra per la Coesione territoriale – Quella logica non può più esistere, soprattutto in una fase come questa».


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