Carla Ruocco
7 minuti per la letturaUna nuova procedura per regolare il mercato degli Npl, per proteggere famiglie e imprese colpite, soprattutto al sud, dalla crisi del Covid; creazione di una bad bank pubblica a livello europeo, allentamento delle regole Bce sulle sofferenze bancarie. E infine: ripensare le procedure con cui il Tesoro intende vendere la partecipazione in Mps. A parlarne Carla Ruocco, presidente della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario.
La Bce ha lanciato l’allarme Npl. Condivide i rimedi che sono stati proposti?
Parto dai dati. In Italia le moratorie su prestiti e il rilascio delle garanzie pubbliche per i nuovi finanziamenti bancari oggi ammontano ad oltre 400 miliardi. La stessa Bce ha quantificato in 1.400 miliardi il rischio di nuove sofferenze per l’intero sistema europeo. Uno scenario sempre più probabile appare dunque quello in cui il calendar provisioning che impone accantonamenti automatizzati per le sofferenze porrà le banche in situazioni di deficit patrimoniale e le costringerà a necessarie ricapitalizzazioni. Non possiamo far finta di nulla, salvo continuare a registrare gli effetti di queste misure pro-cicliche che comportano significative perdite in termini di produzione, di forza lavoro e di esportazioni nel tessuto produttivo nazionale e europeo. Le soluzioni a mio avviso sono chiare. Occorre rivedere in primis il calendar provisioning che è una misura pro-cliclica, costituire una bad bank pubblica e introdurre una fiscalità di scopo, ad esempio nell’imminente Legge di bilancio, che incentivi la gestione delle sofferenze delle aziende e delle famiglie come possibile strumento da affiancare alle tradizionali misure di recupero dei crediti.
Esistono alternative ai programmi Bce?
Come dicevo prima è necessaria la revisione del calendar provisioning e la costituzione di una bad bank pubblica. Sul punto voglio però ricordare che la capacità dello Stato di finanziarsi sul mercato non è illimitata e quindi anche qui si dovrebbe avere un atteggiamento costruttivo e ragionevole soprattutto a livello europeo. La crisi pandemica è un evento straordinario che richiede misure straordinarie. Ad esempio, nulla impedirebbe alla Bce di cancellare la parte del debito acquistato da tutti gli Stati europei durante il periodo Covid. Sarebbe un segnale molto importante per i giovani e per le future generazioni. La decisione è politica!
Una proposta certamente innovativa. Come pensa di portarla avanti?
Queste misure si dovrebbero affiancare al percorso che il governo sta seguendo a livello Ue con il Next Generation Eu, il Fondo Sure, ecc. La legge di Bilancio, ad esempio, è il prossimo banco di prova per dare risposte alle giuste istanze di cittadini e imprese. In materia di Npl, è in sede di finalizzazione una proposta che prevede, nel caso di sofferenze immobiliari e di leasing immobiliari, l’introduzione di un meccanismo di rent to buy in favore del debitore originario, di durata decennale per permettergli il ritorno in bonis. La misura introduce altresì – tramite accordi transattivi o il ricorso a Oicr alternativi che prevedono l’espressa rinuncia del creditore al maggior credito – la possibilità per le imprese debitrici di allineare il valore del debito iscritto nel proprio bilancio al valore contabile netto del creditore. La proposta introduce anche degli obblighi di condotta e di trasparenza informativa cui dovranno attenersi i creditori nelle negoziazioni con il debitore. Infine, avendo ben presente i possibili comportamenti di moral hazard da parte del debitore originario sono in fase di studio dei meccanismi di definizione del prezzo delle transazioni obbligatori per il creditore e che comunque responsabilizzino il debitore.
Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca proprio in audizione alla Commissione che lei presiede ha definito il calendar provisioning della Bce come la bomba atomica sul bilancio delle banche. Condivide l’allarme ed eventualmente che cosa si può fare di diverso?
Come sa da qualche settimana la Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario ha avviato un ciclo di audizioni dei principali operatori attivi nel mercato italiano degli Npl e degli Utp anche al fine di promuovere eventuali iniziative di carattere legislativo. Durante le audizioni è emerso ad esempio che i tempi medi di recupero delle posizioni deteriorate sono strettamente collegati ai tempi delle procedure giudiziarie dei Tribunali: il nord ha una durata media di 5,9 anni, il centro di 6,4 anni mentre il sud e isole di circa 6,7 anni. E’ emerso altresì che i volumi medi di recupero dei crediti in sofferenza (in sede giudiziaria o extragiudiziale) sono pari al -57,3% rispetto ai 6 mesi precedenti l’emergenza Covid-19 (da settembre 2019 a febbraio 2020). Anche qui, l’approccio non può essere né teorico, né enciclopedico, ma guidato dall’obiettivo principale di dare soluzioni ai problemi delle imprese, dei cittadini e dei vari attori economici. Ritengo che il tema delle sofferenze bancarie debba essere affrontato in sede di Legge di bilancio per eliminare il rischio non marginale che lo Stato debba ricapitalizzare alcune realtà bancarie nazionali. Occorre pertanto prevenire prima ancora che gestire lo tsunami delle sofferenze bancarie.
Il capo della vigilanza Bce Andrea , Enria, propone una bad bank pubblica europea sul modello Amco. Il progetto però trova molti oppositori. Qual è il suo giudizio sul tema?
Le discussioni sono in corso ma ritengo e come ho già detto “ricette” semplici non ci sono ma sicuramente compito delle istituzioni tut è di agire in modo responsabile e porre in essere tutte quelle azioni necessarie alla ripartenza economica. Ritengo che la costituzione di una bad bank sia un buon segnale per il mercato anche per scongiurare – data la situazione di grande stress economico qual è l’attuale e l’automatica applicazione del calendar provisioning della Bce – che alcune banche nazionali possano formare oggetto di offerta di acquisizione da parte di concorrenti stranieri causa le necessarie ricapitalizzazioni.
Aggiungo peraltro che la presenza di una Amco con licenza bancaria che operi sinergicamente con Mps – banca pubblica che in base alla disciplina europea può rivolgersi al mercato senza generare debito pubblico – potrebbe agevolare la raccolta di mezzi finanziari necessari agli acquisti degli Npl e peraltro, a livello europeo, si potrebbe esaminare la possibilità di inserire fra i titoli oggetto di acquisti dalla Bce anche i titoli ( “Notes”) rappresentativi dei portafogli crediti Npl cartolarizzati.
Ha parlato di Mps la cui privatizzazione torna di attualità. E’ un impegno preso da Paolo Gentiloni quando era presidente del consiglio e oggi importante commissario europeo. L’Italia può permettersi di disattendere le promesse e chiedere un rinvio proprio mentre e in discussione il recovery fund?
Lo scenario attuale post Covid è drammaticamente diverso da quello precedente di tre anni fa. Non a caso l’Europa ha, per la prima volta, abbandonato la politica dell’austerity optando per lo sviluppo (varando ad esempio il Recovery Fund) quale rimedio per il superamento della crisi.
E quindi?
Vedo ampi margini per l’avvio di un confronto responsabile con la Commissione Ue e con la Bce. I numeri sono questi: il Tesoro ha già messo in Mps soldi della collettività per complessivi otto miliardi. L’attuale capitalizzazione della banca è di 1,3 miliardi. Cedere la quota di capitale posseduta dal Tesoro (circa il 70%) vorrebbe dire “incassare” un prezzo di circa 900 milioni, con l’effetto di “cristallizzare” definitivamente una perdita di sette miliardi circa.
Vuol dire che Mps andrebbe tenuto nell’orbita pubblica?
In ragione del significativo contenzioso giudiziale ed extragiudiziale attualmente presente sulle spalle di Mps, qualcuno – penso anche maliziosamente – comincia a dire che, in realtà, la banca dovrebbe essere ceduta con “dote”, oppure occorrerebbe prima ricapitalizzarla e poi cederla comunque a sconto. Come dire: chi la compra dovrebbe esser pagato lui e non pagare.
Che cosa propone?
C’è bisogno di dare alla exit strategy del Tesoro una prospettiva diversa e di medio-termine sulla falsa riga della recente uniuone tra Bankia e CaixaBank – avvenuta sotto la regia del governo Sanchez – per creare una banca spagnola che svolge anche funzioni di bad bank nazionale. In particolare, credo che Mps e Amco potrebbero, svolgere un ruolo strategico e di creazione di valore per lo Stato nell’ambito del processo di gestione dei portafogli di crediti deteriorati dall’acquisizione allo smaltimento.
Come giudica l’eventuale intervento di UniCredit in Mps accompagnato da una dote pubblica di tre miliardi tenuto anche presente che nel programma elettorale di M5S era proprio specificato che mai più soldi dei contribuenti utilizzati per aiutare le banche?
Dato il mio ruolo non mi permetto di valutare i potenziali acquirenti e sarebbe anche un segnale sbagliato per il mercato. Le discussioni sono in corso, ma ritengo fondamentale, da un lato, non svendere la partecipazione pubblica in Mps e, dall’altro, che tutte le eventuali operazioni da porre in essere abbiano il fine esclusivo di rafforzare il sistema bancario nazionale. Ritengo altresì necessario prenderci il giusto tempo per permettere allo Stato di valorizzare la partecipazione nella banca. Voglio ricordare che quando lo Stato interviene in condizioni di eccezionalità lo fa perché in quel momento il mercato evidentemente non si è mostrato capace di trovare una soluzione privata. È pertanto necessario avere una visione strategica e nell’interesse nazionale della vicenda Mps in cui sono state investite rilevanti risorse pubbliche. In conclusione, la strategia dello Stato non può essere relegata a mero meccanismo riparatore dei fallimenti del mercato in cui si socializzano le perdite e si privatizzano gli utili.
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