Un tratto autostradale al Sud
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Se questo fosse un processo, le prove a carico andrebbero moltiplicandosi. L’imputato – e l’imputazione è un cavallo di battaglia di questo giornale – è lo Stato italiano, che da molti (troppi) anni considera il Mezzogiorno come figlio di un dio minore, e non gli dà le risorse che gli spettano.
La Costituzione statuisce, all’articolo 3, che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
FIGLI DI UN DIO MINORE
«Elementare, Watson», direbbe Sherlock Holmes. Ma questo elementare principio di equità è stato disatteso da governi e Parlamenti, che hanno sovrainteso a una ripartizione della spesa pubblica che favorisce una metà dell’Italia a scapito dell’altra.
Per la verità, in uno sprazzo di rettitudine, il Parlamento italiano votò, una decina di anni fa, una legge che stabiliva l’introduzione dei Lep (Livelli essenziali di prestazione): se si vuole dare “pari dignità” ai cittadini, bisogna che i servizi pubblici assicurino a tutti un minimo essenziale (per esempio, in termini di letti di ospedale, addetti ai servizi sanitari, metri quadrati di spazio scolastico, posti in asili nido… il tutto espresso per 100mila abitanti).
Come già detto in passato, torna a onore del legislatore di aver legiferato questi Lep; e torna a disonore di Parlamenti e governi di non averli mai introdotti da dieci anni a questa parte.
Ma torniamo ai “figli di un dio minore” e alla ripartizione delle risorse. In questi tempi sordidi, in cui si vuole quantificare di tutto e di più, è possibile sostanziare con cifre e percentuali l’iniquità di cui sopra? Sì, è possibile, usando quei Conti pubblici territoriali fortemente voluti da Carlo Azeglio Ciampi.
Sono gestiti da un’agenzia pubblica italiana, l’Agenzia per la coesione territoriale (creata nel 2014, durante il settennato di Giorgio Napolitano). Questa Agenzia, che ha adottato come proprio simbolo l’emblema della Repubblica italiana, declina l’idea di uno Stato volto ad assicurare quella “pari dignità” di cui alla Costituzione attraverso lo sviluppo e la coesione in tutti i territori del nostro Paese.
LO SQUILIBRIO
Ebbene, una delle missioni dell’Agenzia è stata quella di affiancare alla contabilità nazionale territoriale (che ci dice l’andamento del Pil, dei consumi, degli investimenti… nelle diverse aree del Paese) anche i Conti pubblici territoriali (Cpt), che ci dicono come si dividono le entrate pubbliche (imposte e dintorni) e le spese pubbliche fra Nord, Sud e Centro, regione per regione.
E, per quanto riguarda la spesa, questa è stata calcolata in termini di Settore pubblico allargato (Spa), che include quei centri di spesa (municipalizzate e grandi imprese pubbliche) che formalmente appartengono al settore privato, ma sostanzialmente sono uno degli strumenti attraverso cui lo Stato può perseguire l’obiettivo della famosa “pari dignità”.
Le cifre dell’Agenzia sono state spesso usate, nelle analisi del Quotidiano del Sud per dimostrare l’iniquità con un semplice confronto: come si compara la spesa pubblica Spa effettiva per abitante con quella teorica? Ove la spesa “teorica” è quella che risponde a quel semplice criterio di equità che assicura la “pari dignità”, cioè a dire: prendiamo la spesa totale e dividiamola per il numero degli abitanti.
Questo confronto fa emergere, costante nel tempo, un grave squilibrio nella ripartizione della spesa. Uno squilibrio che è stato quantificato in 60 (e passa) miliardi di euro l’anno: risorse aggiunte al Centro-Nord (CN) e sottratte al Mezzogiorno.
I NUMERI PARLANO
Le cifre dei Cpt necessitano di un più lungo tempo di elaborazione, dato che bisogna scendere al livello territoriale. Quando il Quotidiano del Sud, nell’aprile del 2019, denunciò il diverso trattamento fra i cittadini del Centro Nord e quelli del Mezzogiorno, i dati disponibili più recenti arrivavano al 2017.
Ora sono disponibili i dati al 2018, e di questi abbiamo dato parziale contezza il 2 settembre, evidenziando la minorità degli investimenti pubblici nel Sud e i dati più recenti relativi agli euro per abitante assegnati, per cinque diverse funzioni di spesa, a quattro regioni del Centro Nord e quattro del Mezzogiorno. Oggi, nella tabella sopra, abbiamo arricchito quei dati dando anche le medie per tutte le Regioni del Centro Nord e tutte quelle del Sud. Inoltre, abbiamo allargato lo sguardo a tutte le funzioni di spesa, aggiungendone altre cinque.
Le cifre si commentano da sole. Aggiungiamo solo che ci sono altre messi di dati da elaborare, e continueremo a farlo, sperando che venga presto il momento in cui lo Stato ponga rimedio a una piaga che da troppo tempo inquina la convivenza civile e nega la crescita dell’economia dell’Italia intera.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
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1. Ricorso alla Corte Costituzionale
Il riparto delle risorse in base alla spesa storica, che penalizza il Sud a favore del Nord, è incostituzionale.
E’ vano aspettarsi resipiscenza e solidarietà dalle Regioni del Nord, occorre usare la chiave potente della legge. In questo caso la violazione è duplice: la Costituzione (art. 119[1]) e la legge n. 42 del 2009 (Federalismo fiscale). Al Sud vanno date risorse addizionali, non tolta una parte di quelle ordinarie proporzionali alla popolazione (34%). Ribadisco che Il Quotidiano del Sud dovrebbe chiedere ai Presidenti delle Regioni meridionali di (i) alzare all’unisono la loro voce nelle sedi opportune contro la sperequazione Nord-Sud; e soprattutto (ii) promuovere un ricorso alla Corte Cost. contro le leggi che ripartiscono le risorse in base alla spesa storica, a nulla rilevando l’argomentazione del cosiddetto residuo fiscale, poiché il rapporto del cittadino col fisco, secondo Costituzione, è individuale, NON regionale.
2. Germania Est
Per parare le solite obiezioni, basate spesso su pregiudizi, e fare un confronto, secondo la Banca d’Italia (“Mezzogiorno e politiche regionali”), alla Germania Est sono stati dati in 15 anni 1250-1500 mld. Secondo altri studi, al Sud, 145 mld in 40 anni. Ciò significa che in Germania Est sono stati spesi in 15 anni 10 volte tanto di quanto è stato speso in 40 anni per il Sud.
Lo schema della ripartizione equa e della gestione delle risorse dovrebbe essere il seguente:
(i) Spesa ordinaria, in proporzione alla popolazione (20,5 milioni su 60,4), quindi la quota del Sud è del 34%;
(ii) Spesa per investimenti, in misura più che proporzionale, quindi potrebbe essere applicato il criterio Ciampi del 45% al Sud e del 55% al Centro-Nord;
(iii) Recovery Fund, almeno 50% al Sud e 50% al Centro-Nord.
3. Inefficienza delle Regioni meridionali
Nel contempo, è indispensabile por mano all’inefficienza amministrativa dei fondi da parte delle Regioni del Sud, centralizzando la spesa, gemellando Regioni del Sud con Regioni del Nord e coinvolgendo le competenze d’eccellenza.
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[1] Articolo 119 I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione [53 c.2] e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. […]