I governatori Bonaccini, Zaia e Fontana
5 minuti per la letturaTornano le problematiche accantonate con il lockdown. Tra queste l’autonomia differenziata è già al centro del dibattito. Forti della pressione delle regioni, in una strana mescolanza tra quelle di sinistra come l’Emilia Romagna e quelle leghiste come la Lombardia ed il Veneto. Ma ormai è abbastanza assodato che vi sia un accordo tacito tra la sinistra emiliana con le punte di Milano e Bergamo e la gestione leghista di Lombardia e Veneto, a cui presto si aggiungeranno le altre regioni del Nord.
Il tema di fondo riguarda l’esigenza e la volontà da parte delle regioni ricche di tenersi il loro surplus fiscale. Come fossero degli Stati autonomi vogliono utilizzare le risorse che producono, in maniera da poter consentire ai propri concittadini degli standard di welfare, che lo Stato non potrebbe consentire se dovesse trovare le risorse per tutti. Asili nido ? Scuolabus? Sanità ? Scuola? Perché non dare servizi sempre più completi se la Regione ha un surplus fiscale che lo consentirebbe? Dopo anni di propaganda leghista su un Sud sprecone e parassita che aspira ad un reddito senza lavoro, ritornare indietro ai concetti di solidarietà e di diritti di cittadinanza uguali per tutti non ë complicato ma impossibile.
E quindi Francesco Boccia non potrà che riprendere il vecchio progetto e cercare di renderlo più equo possibile, avendo chiaro però che la pressione delle forze politiche, con poche eccezioni, anche all’interno del PD, é verso una regola: ognuno si tiene le risorse che produce. Quella che é stata definita la secessione dei ricchi, quella che é stata contestata con dati inequivocabili di risorse pro capite assolutamente sperequate tra una parte e l’altra del Paese, alla fine avrà una sua legittimazione normativa, visto che ad oggi la distribuzione delle risorse ha aspetti di incostituzionalità. Già se vi saranno i correttivi relativi ai livelli essenziali di prestazioni, i cosiddetti Lep, e se la riforma non andrà avanti fino a quando tali livelli, come peraltro era previsto, non saranno calcolati, se ciò avverrà sarà un gran risultato.
Suona strano che tutto questo possa avvenire malgrado la presa di coscienza di molte regioni meridionali, ed il dibattito ampio che ha coinvolto enti di ricerca, come la Svimez, tanti ricercatori e molte delle università meridionali, che hanno concluso che l’autonomia differenziata in realtà porta a tanti staterelli. E malgrado che l’esperienza Covid abbia mostrato l’esigenza di una linea di comando unica, visto i danni che le decisioni di singole Regioni hanno portato al bene comune, con decisioni su distanziamenti, mezzi pubblici, chiusura di Universitá che hanno avuto ripercussioni su le altre regioni estremamente rilevanti. Peraltro si vuole portare l’accordo in Parlamento in una forma blindata, che non consenta molte modifiche perché é chiaro a molti che se si apre un dibattito e più parlamentari del Sud, in genere disattenti e concentrati sulle loro esigenze spicciole, realizzano gli effetti di una tale riforma potrebbe avvenire che si blocchi tutto.
Anche se la forza di “moral suasion” ed il potere dei partiti non é da sottovalutare. Se dovesse passare diventerebbe normale ciò per cui si é gridati allo scandalo e cioè che alcuni servizi siano differenziati per aree, per cui le realtà più ricche li avrebbero di un livello diverso e superiore rispetto a quelle più marginali e periferiche. L’effetto sara quello di alcuni comuni del Trentino che hanno i marciapiedi di marmo ed altri comuni del Sud che non hanno nemmeno i marciapiedi in cemento.
Ma al di là degli effetti rispetto alle popolazioni delle singole regioni, alcune delle quali saranno molto soddisfatte ed altre invece molto meno, è evidente rispetto gli effetti che produrrà una tale normativa rispetto al sistema Paese. Le regioni del Sud avranno un processo di sviluppo più lento, cosa che inciderà sull’evoluzione dei territori in termini socio culturali. Per cui per esempio meno investimenti nella scuola porteranno il permanere della dispersione scolastica, una qualità più scadente dei territori e delle città ad un più difficile sviluppo turistico. In generale il processo di messa a regime di un terzo del territorio e della popolazione del Paese sarà più lento con conseguenze sullo sviluppo turistico, già molto contenuto, e di quello manifatturiero perché é evidente che una realtà con servizi meno efficienti avrà più difficoltà ad attrarre investimenti dall’esterno dell’area. Insomma tutto il contrario di quello che ha fatto la ricca Germania con la ex DDR, per la quale ha previsto un prelievo fiscale apposito per accelerare lo sviluppo di quelle aree, cosa che ormai é quasi avvenuta, e che ha portato la Germania a primeggiare in Europa e nel Mondo. Sono scelte: ogni Paese fa le sue.
Noi possiamo continuare ad utilizzare il Sud come area per le produzioni inquinanti, non valorizzare la piattaforma logistica del Mediterraneo, non investendo adeguatamente nelle infrastrutture ferroviarie di alta capacità e velocità, magari privilegiando in tal modo Genova o Trieste , ma prevalentemente Rotterdam ed Aversa. Possiamo diventare terzi o quarti per presenze turistiche, superate da Spagna e Francia, pur avendo Pompei ed Ercolano, due vulcani attivi, Stromboli ed Etna, i parchi archeologici più belli del Mediterraneo come Paestum, Selinunte ed Agrigento, i bronzi di Riace in una città sporchissima; possiamo fare tutto questo ma dobbiamo pure sapere che il problema non sarà di Reggio Calabria o Agrigento, ma che quello che perde in presenze turistiche il Mezzogiorno lo perde il Paese, che presto sarà costretto a intervenire con il numero chiuso a Venezia e Firenze. Mentre le realtà bulimiche del lodigiano, del bresciano o del bergamasco soffriranno sempre di più per un inquinamento dovuto ad una concentrazione di manifatturiero che alla popolazione potrà portare poco. Perché al massimo in una famiglia potranno lavorare marito moglie e i figli, ma se serviranno altri occupati si dovranno far venire dal Sud, dalla Polonia o dalla Romania se non dalla lontana Cina.
Sembra una logica facile da comprendere ed invece il nostro Paese, in una visione campanilistica e provinciale, non riesce ancora ad avere chiaro che se non cresce lo stivale esso si tira dietro tutti.
E che l’ipotesi di staccarsi e lasciare alcuni territori annegare non é praticabile, perché le reazioni, strutturate o alla Masaniello, costringeranno il Paese a fare i conti con un disagio diffuso ed amplificato da una mobilità che sbatte in faccia le differenze tra i marciapiedi di marmo e la mancanza di essi.
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RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE
Posso sbagliarmi, ma credo di essere stato il primo (cfr. https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/le-due-italie/economia/2020/09/02/lo-scippo-al-sud-non-si-ferma-piu-dirottati-al-nord-altri-645-miliardi/ ) a segnalare qua, dopo aver letto un articolo dell’ex presidente della Corte Cost. Cesare Mirabelli, l’incostituzionalità del riparto delle risorse alle Regioni in base alla spesa storica.
Ho anche, però, invitato il Quotidiano del Sud a sollecitare i presidenti delle Regioni del Sud affinché promuovano un ricorso alla Corte Cost.
Purtroppo, anziché un’opposizione alla autonomia differenziata, una iattura per uno Stato giovane come l’Italia e un sicuro danno al Sud, c’è stata una improvvida corsa a rivendicarla anch’essi, in primis da parte del presidente della Campania De Luca. Per tacere dell’ineffabile presidente della Regione siciliana Musumeci.
In ogni caso, non sono un esperto, ma ritengo che, anche dopo l’approvazione di una legge ordinaria che attribuisca, a fronte di maggiori compiti, una quota maggiore del gettito fiscale alle Regioni del Nord nell’ambito dell’autonomia differenziata, l’incostituzionalità del riparto delle risorse su base storica permanga; e che tale autonomia differenziata, pur prevista dalla Costituzione, confligga in parte con l’art. 119 Cost.[1]
Rinnovo, pertanto, l’invito al Quotidiano del Sud a organizzare una tavola rotonda con i presidenti delle Regioni del Sud sul tema dell’accennata incostituzionalità, anche alla luce dell’eventuale approvazione dell’autonomia differenziata.
PS: Citazione: “i bronzi di Riace in una città sporchissima”.
La sporcizia non è certamente una conseguenza dall’autonomia differenziata o del riparto sperequato delle risorse, ma è un fatto essenzialmente culturale-antropologico, e in tale ambito andrebbe affrontato e risolto.
È il principe di Salina che parla: «Rimasero [gli ufficiali inglesi, N.d.A.] estasiati dal panorama, della irruenza della luce; confessarono però che erano stati pietrificati osservando lo squallore, la vetustà, il sudiciume delle strade di accesso. […] Vengono [i garibaldini, N.d.A.] per insegnarci le buone creanze ma non lo potranno fare, perché noi siamo dèi. […] i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti.» (Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo”).
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[1] Articolo 119 I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione [53 c.2] e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. […]