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Deviazioni in autostrada A2 del Mediterraneo

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La geografia viene prima della geoeconomia; infatti, senza l’apertura del canale di Suez il Mediterraneo non avrebbe mai avuto gli sviluppi e i ruoli strategici accumulati sin dal 1869, e se non avessimo realizzato i valichi stradali e ferroviari il nostro Paese non avrebbe avuto accesso al teatro economico del centro Europa e l’intero sistema europeo non avrebbe avuto accesso all’intero bacino del Mediterraneo. Quindi, l’azione incisiva di chi ha governato ha trasformato, nel tempo, un impianto geografico in un impianto geoeconomico.

Ho voluto fare questa premessa per denunciare una strana anomalia: quella invocata nel 2009 dalla Legge 42, e in particolare quanto previsto dall’articolo 22 in merito alla “perequazione infrastrutturale”. Per evitare interpretazioni errate leggiamo insieme tale articolo e in tal modo ci renderemo conto dell’impossibilità di modificare l’assetto geografico di ciò che chiamiamo Mezzogiorno, ma che nei fatti rimane ancora geograficamente il Sud de Paese.

L’ARTICOLO 22

1) In sede di prima applicazione, il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali.

La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi: a) estensione delle superfici territoriali; b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno; c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo; d) densità della popolazione e densità delle unità produttive; e) particolari requisiti delle zone di montagna; f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio; g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall’insularità anche con riguardo all’entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

2) Nella fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21, al fine del recupero del deficit infrastrutturale, ivi compreso quello riguardante il trasporto pubblico locale e i collegamenti con le isole, sono individuati, sulla base della ricognizione di cui al comma I del presente articolo, interventi finalizzati agli obiettivi di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che tengano conto anche della virtuosità degli enti nell’adeguamento al processo di convergenza ai costi o al fabbisogno standard. Gli interventi di cui al presente comma da effettuare nelle aree sottoutilizzate sono individuati nel programma da inserire nel Documento di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 1-bis, della legge 21 dicembre 2001, n. 443.

LA COSTITUZIONE

Prima considerazione: si confrontano in termini dimensionali le infrastrutture per recepire la «entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all’articolo 119 quinto comma della Costituzione» che recita:

«Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni».

Appare evidente che la volontà dei padri della Costituente dava per scontata l’inutilità di ulteriori approfondimenti quando nei fatti una vasta realtà del Paese aveva e ha un unico indicatore che da solo denuncia e misura la folle distanza tra i livelli economici di aree del Centro Nord e quelle del Sud: in alcune realtà lombarde il Prodotto interno lordo pro capite supera i 40.000 euro l’anno, in alcune realtà del Mezzogiorno si attesta su valori pari a 17.000 euro.

LE OPERE INSERITE

La seconda considerazione è legata alla necessità di inserire, una volta scelti gli interventi, nel Programma delle infrastrutture strategiche della legge 443/2001, cioè nella legge Obiettivo dimenticando che nel 2009 c’erano già, in tale programma, le seguenti opere e che nel 2013, dopo la definizione delle Reti TEN – T, ne erano state inserite altre due:

  • le linee ferroviarie locali dell’area metropolitana di Napoli (Cumana, Circumvesuviana, Alifana, Benevento Cancello);
  • le linee metropolitane della città di Napoli (la Linea 1 e la Linea 6);
  • l’autostrada Caianello-Benevento (Telesina);
  • nel rispetto di quanto deciso dalla Ue attraverso le Reti TEN – T nel 2013 è stata inserita la realizzazione dell’asse AV/AC Napoli-Bari;
  • il nodo ferroviario di Bari;
  • il quadruplicamento dell’asse ferroviario Termoli-Lesina;
  • l’asse viario Maglie-Santa Maria di Leuca;
  • l’asse viario 106 Jonica;
  • il completamento dell’autostrada Salerno a Reggio Calabria;
  • il collegamento stabile tra Continente e Sicilia tramite il ponte;
  • il completamento dell’autostrada Palermo-Messina;
  • la realizzazione dell’asse viario Agrigento-Caltanissetta;
  • la realizzazione dell’asse viario Palermo-Agrigento;
  • il nodo ferroviario di Palermo (da Termini Imerese a Punta Raisi);
    la metropolitana di Palermo;
  • il sistema ferroviario-metropolitano dell’area metropolitana di Catania;
  • l’autostrada Catania-Siracusa;
  • nel rispetto di quanto deciso dalla Unione europea attraverso le Reti TEN – T nel 2013 è stata inserita la realizzazione dell’asse AV/AC Palermo-Messina-Catania.

GLI ERRORI

Ebbene di questo elenco di opere sono state completate solo:

  • l’autostrada Catania-Siracusa;
  • l’autostrada Salerno-Reggio Calabria;
  • l’autostrada Palermo-Messina.

Questa non vuole essere una critica alla lentezza con cui si sono attuati i programmi, ma vuole essere invece una denuncia alla modalità con cui si è data attuazione all’intero programma, all’approccio con cui si è pensato di trasformare degli obiettivi strategici slegandoli da una programmazione temporale organica e non legata alla capacità e alla carica manageriale di chi era preposto alla realizzazione delle opere. E la cosa assurda è che, a differenza di oggi, il quadro programmatico era davvero supportato da adeguate risorse finanziarie.

In realtà con il Federalismo fiscale, cioè con la Legge 42/2009, si perseguiva l’obiettivo di incrementare l’autonomia finanziaria di Regioni ed Enti locali attraverso anche un contenimento della spesa pubblica. Una autonomia che avrebbe esaltato essenzialmente la geografia del Mezzogiorno e non la sua geoeconomia, perché avremmo trovato ancora una volta le singole Regioni interessate alla difesa e alla crescita delle singole realtà economiche annullando in tal modo la possibilità che l’intero Mezzogiorno diventasse teatro economico delle convenienze paritetico con gli altri ambiti del Paese.

LA PROPOSTA

Una proposta sicuramente non condivisa ma forse utile è la seguente: le risorse del Recovery Plan vengano tutte, ripeto tutte, destinate al Mezzogiorno e le opere elencate in precedenza, come d’altra parte previsto dal Recovery Fund vengano portate a termine entro il 2026.

Lo so, il camaleontismo italiano è imbattibile e sicuramente per controbattere questa proposta ci sarà una inimmaginabile gara sulle percentuali del Recovery Plan da dare al Mezzogiorno, arriveranno addirittura al 60%, al 70% e poi la contemporaneità nell’avvio delle opere e l’impegno a completarle tutte entro il 2026 sarà un problema del futuro, sarà un problema delle prossime legislature.

Il canale di Suez, i valichi, si sono decisi e si sono realizzati annullando un dato geografico e regalando un respiro economico strategico: purtroppo, ancora una volta, il Mezzogiorno finisce per rimanere solo un dato geografico, cioè il Sud del Paese.


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