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«O mi sviluppi o mi mantieni». Questo il grido di dolore che veniva dalle aree del Sud nelle ultime elezioni. E poiché è estremamente difficile impostare una strategia di sviluppo, anche a parole e nei programmi, si è imboccata la strada più semplice, la via di fuga del «ti prometto che ti mantengo». Anche se il nostro Paese non se lo può consentire, e in ogni caso in tal modo sottraendo le risorse necessarie per un progetto che, invece di dare un pesce al giorno, insegnasse a pescare.

Perché quando parliamo di Mezzogiorno parliamo di un’area molto grande e molto abitata. Quella stessa dove lavora solo una persona su quattro, sei milioni e centomila occupati su 21 milioni di abitanti. Dove al massimo in una famiglia di quattro persone vi è una persona che lavora, spesso in nero, perché nei sei milioni e centomila è compreso quel 30 per cento di sommerso, equivalente a 1 milione ottocentotrentamila persone.

IL BLUFF

Siamo di fronte a quei numeri enormi che caratterizzano il Mezzogiorno, che lo dimensionerebbero, se fosse un Paese dell’Europa, tra i sette maggiori per popolazione, trattato purtroppo dall’Italia come se fosse una piccola isola da poter assistere e mantenere.

E ai Cinque stelle che promettevano le vie più semplici fu dato il maggior consenso, considerato che le altre forze politiche non avevano capito quale potesse essere lo stato di difficoltà di una popolazione, costretta a far emigrare 100.000 mila persone l’anno. La legge del “ti mantengo” fu varata con l’aggiunta di una postilla che la facesse diventare una norma per creare lavoro.

Infatti tutta quella parte riguardante i navigator era quel bluff che si è dimostrato di essere. Perché partiva da una premessa falsa: che il problema del Mezzogiorno fosse quello di far incontrare una offerta di lavoro , certamente presente, con una domanda di lavoro esistente solo nella mente dei ragazzi che in quel momento ci governavano e che invece le attività imprenditoriali del Sud non hanno la capacità di creare.

Mentre altre forze politiche, come il Pd, erano perse dietro una supposta questione settentrionale, ben altrimenti interpretata da quella Lega Nord che invece raccoglieva consenso importante, dietro la promessa di far lavorare meno e di far andare in pensione a un’età in cui si può tranquillamente continuare a produrre, spaventando in tal modo anche i mercati internazionali, che vedevano in tale modifica legislativa, la famosa quota 100, un rischio di non sostenibilità del debito italiano.

LA DEMAGOGIA

L’accordo tra le due forze nel governo giallo verde, in uno scambio vizioso e in compromesso balordo, portò all’approvazione delle due leggi, che però hanno origini e motivazioni totalmente diverse. L’una rappresenta una risposta parzialmente sbagliata a un’esigenza vera; l’altra una risposta sbagliata pure, ma a un’esigenza pretestuosa , perché era facile capire che, con la vita media che si allunga, pensare che il nostro Paese si potesse consentire di avere più pensionati che lavoratori era assolutamente inconcepibile e demagogico.

Purtroppo, questa è la risposta che è stata data da parte del Paese, o meglio, dalle forze politiche che hanno governato con il primo Governo giallo verde. I dati diffusi dall’Inps di 3 milioni di persone coinvolte, con un aumento del 17% rispetto a gennaio 2020, riferite a 1,3 milioni di nuclei familiari che hanno attualmente in pagamento il Reddito/Pensione di Cittadinanza, con un importo medio mensile di 523,29 euro, danno la dimensione di un costo importante.

In particolare, con riferimento al solo Reddito di Cittadinanza, sono 1,1 milioni i nuclei familiari che risultano avere in pagamento il beneficio, con 2,9 milioni di persone coinvolte e con un importo medio mensile di 561,23 euro. E con due regioni che rappresentano la bomba sociale pronta a scoppiare: la Campania, con un 18,51% dei nuclei familiari richiedenti reddito o pensione di cittadinanza in Italia, e la Sicilia, con il 15,1% dei nuclei familiari del Paese, che insieme danno la dimensione del disagio.

STRUMENTO PERICOLOSO

In ogni caso il 60,8 % del Sud e delle Isole contro il 15,3% del Centro e il 23,9% del Nord rappresenta in modo plastico tutta l’emergenza di un Paese che pensa ancora alla locomotiva e ai vagoni e che non capisce che il suo problema, da qui al 2050, è uno e uno solo: lo sviluppo del Sud.

Eravamo l’ultimo Paese che non avesse uno strumento di aiuto ai più emarginati, insieme alla Grecia, quindi la percezione dei Cinque Stelle dell’esigenza di un meccanismo di supporto ai più disagiati era corretto. E per fortuna che è stato varato, perché in questo momento di difficoltà da Covid, con tutte le problematiche di arrivare a chi non ha un lavoro emerso è servito a tamponare una grossa falla. Ma deve essere chiaro che è uno strumento anche pericoloso perché smarca il lavoro vero, rendendo più conveniente stare a casa a non fare nulla piuttosto che lavorare o, peggio, restare in un lavoro sommerso, accedendo al reddito di cittadinanza.
E in una situazione dove il sommerso ha le dimensioni che conosciamo, nel Sud tale aspetto va considerato. Peraltro tale provvedimento smarca anche le esigenze degli albergatori della riviera adriatica in generale che con lo stagionale napoletano o siciliano riuscivano a risolvere la carenza di personale . Magari pagandogli quei 1.200-1500 euro, in regola con le norme sul mercato del lavoro , i tre quarti dei quali servivano al giovane emigrato a pagare le spese del trasferimento, e che oggi non sono più convenienti rispetto ai 600-700 euro di reddito di cittadinanza, che non hanno tali costi.

L’AZIONE SISTEMICA

Purtroppo ritorna il grido di dolore «o mi sviluppi o mi mantieni», che non può avere che una risposta, anche perché l’altra, come dicevamo, non è sostenibile dal Paese. Ma tale unica via di salvezza del Paese non è percepita, come può essere compreso facilmente, dall’accordo sottobanco tra la Sinistra Padronale emiliana-lombarda e la destra leghista lombarda, che nel triangolo della bugia Bologna-Milano-Venezia continua a sottrarre risorse importanti al Sud, sostenendo però l’autonomia dei propri territori e affermando, complici molti media, che un Sud assistito e mantenuto si appropria di ciò che non gli spetterebbe.

Ma la cosa più grave è che tale assoluta priorità pare non sia percepita nemmeno dai più avvertiti uomini, che sono riserva del nostro Paese, come Mario Draghi, che nel suo discorso a Rimini, non pronuncia nemmeno una volta la parola Sud. Anche se in molte altre occasioni ne ha fatto il nucleo centrale della sua impostazione.
Ma adesso è il momento dell’azione sistemica. Le promesse della De Micheli non convincono nemmeno i bambini, il tunnel al posto del ponte lo riserviamo per il cabaret. Le parole ormai stanno a zero. Anche per i meridionali “creduloni”.


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