La tratta dell'alta velocità Napoli-Bari
3 minuti per la letturaNon voglio fare comparazioni tra il Mezzogiorno e il resto del Paese sul tema delle opere infrastrutturali in corso di realizzazione perché, ancora una volta, emergerebbe la grande dicotomia sempre più vasta, sempre più irrecuperabile.
D’altra parte in più occasioni ho ricordato che delle risorse previste nel Programma 2014- 2020 del Fondo di coesione e sviluppo, per un importo globale di circa 53 miliardi di euro, solo 15 miliardi sono stati impegnati e appena 8 miliardi realmente spesi. Quindi sembra quasi che in questi ultimi cinque anni ci sia stata una imperdonabile connivenza tra Regioni del Sud e Governo del Paese.
Ma il decreto legge “Semplificazioni” prodotto ieri e la rincorsa notturna a mettere opere per motivare sempre il raggiungimento del 34% di risorse da destinare al Sud, penso amplifichi lo sconcerto e la delusione della gente del Mezzogiorno.
IL LIBRO DEI SOGNI
Di cantieri aperti in realtà rimangono solo quelli dell’asse ferroviario ad alta velocità Napoli-Bari: rimane cioè un’opera avviata a esecuzione nel 2014 grazie alla legge Obiettivo, per il resto solo “impegni programmatici” su opere ancora da progettare e la cui copertura finanziaria è relegata negli anni 2023, 2024, 2025 fino al 2034.
Ma oggi e domani i vari membri del governo, dal presidente Conte ai ministri De Micheli e Provenzano ci diranno che per la tratta ferroviaria Roma-Pescara sono stati assegnati 700 milioni di euro, per la Telesina sono stati confermati 470 milioni e quanto prima apriremo i cantieri, per la Ferrandina-Matera La Martella sono stati assegnati 370 milioni di euro, per la Palermo-Trapani (via Milo) sono stati assegnati 144 milioni, e quanto prima si avvieranno i lavori per la velocizzazione dell’asse ferroviario Taranto-Battipaglia-Metaponto, per il completamento dell’asse stradale 106 Ionica, per la realizzazione dell’alta velocità sull’asse Salerno-Reggio Calabria (circa 8 miliardi), per l’asse ferroviario ad alta velocità Messina-Catania e Palermo-Catania (per un valore globale di circa 6 miliardi).
Poi, se qualcuno volesse entrare nel merito delle singole opere scoprirebbe che trattasi nel migliore dei casi di progetti di massima, che trattasi nel migliore dei casi di fattibilità, che trattasi per molti addirittura solo di idee.
Questa oggettiva denuncia non vuole assolutamente bloccare le iniziative che invece concretamente possono essere cantierate nel centro-nord del Paese, non vuole cioè ritardare di un solo giorno l’avvio concreto di investimenti nel prossimo semestre di oltre 14 miliardi di euro, vuole però fare il punto sulle gravi responsabilità di chi, in questo ultimo quinquennio, ha praticamente ritenuto il Mezzogiorno del Paese un “vuoto a perdere” da ricordare solo nelle occasioni utili per recuperare consenso elettorale, un “vuoto a perdere” utile per distribuire promesse senza essere neppure capaci di utilizzare le risorse comunitarie.
SUD “VUOTO A PERDERE”
Forse, però, con il provvedimento di ieri si è raggiunto il punto limite, ormai tutti noi meridionali abbiamo capito che la infrastrutturazione del Mezzogiorno è solo un titolo programmatico e come tale non consente nessuna possibilità di vero cambiamento della intera offerta infrastrutturale.
Non è il mio un banale pessimismo, ma solo una oggettiva conferma di una convinta azione di una compagine di governo anomala; anomala perché è convinta che il Mezzogiorno si rilanci solo, come ha fatto il ministro Provenzano, producendo Piani e Programmi. Di Piani e Programmi, purtroppo, il Mezzogiorno muore.
Ma un ulteriore sconcerto lo provo assistendo all’atteggiamento del Sindacato; ormai per il Segretario Landini sono sufficienti le convocazioni della Presidenza del Consiglio per sentirsi soddisfatto delle azioni e delle scelte del Governo.
Landini dimentica che in passato, mi riferisco a soli 10-15 anni fa, un comunicato stampa del Governo come quello che stiamo leggendo su tutti i giornali in questi giorni, in cui si assicurano investimenti e apertura di cantieri nel Mezzogiorno per oltre 20 miliardi, investimenti e cantieri teorici, avrebbe prodotto la immediata dichiarazione di uno sciopero generale. Stia attento il sindacato, perché in questo modo si rischia di scomparire.
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