Il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci
4 minuti per la letturaI fondi del Mes non sono ancora arrivati e chissà se mai arriveranno. L’accordo nella maggioranza non è ancora così scontato, anzi. Usufruire a interessi zero di 37 miliardi da investire in spesa sanitaria per il Sud avrebbe effetti balsamici assicurati. Una mano santa. Un’occasione unica e irripetibile per ridurre gap e disuguaglianze con le altre regioni. Ma si dà il caso che le cose semplici non ci piacciano. Ed ecco, allora, che tra il buon senso che consiglierebbe di utilizzare quelle risorse e il non senso ideologico resta una profonda linea di demarcazione.
Restano, nella fattispecie, le ultime resistenze dei 5Stelle arroccati su posizioni difficilmente comprensibili. L’unica condizione posta dalla Ue è che quei soldi vengano spesi per la sanità. Ed è proprio quel che ci serve, che non vengano distratti per altri scopi. Nel frattempo c’è però chi ha già messo le mani sul “tesoretto”. Secondo una tabella, scomparsa, poi riapparsa e infine messa nero su bianco da questo giornale, ci sarà un Nord pigliatutto. Una distribuzione che ipotizza l’ennesimo “scippo” (LEGGI L’ARTICOLO E LA TABELLA).
Lombardia e Veneto, nello scenario ipotizzato, incasserebbero circa 9 miliardi di euro. Rispedire al mittente quei fondi e dire “no” all’Europa vorrebbe dire dover ripartire dalle condizioni di arretratezza in cui versa la sanità del Sud.
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Lei, presidente Nello Musumeci, se la prenderebbe la responsabilità di rispedire indietro quei fondi?
«Qui non si tratta di rispedire indietro. Qui si tratta di capire nella ripartizione qual è il parametro di riferimento. Il Sud da almeno vent’anni riceve meno risorse per investimenti rispetto a quanto gli spetterebbe. Serve una coalizione tra governatori del Sud per far sentire forte la nostra voce. Non so se adesso sia più utile aprire un contenzioso politico tra governatori del sud e governo centrale o rivolgersi alla Corte costituzionale. Per un ricorso alla Corte costituzionale, però, le regioni del sud devono essere tutte insieme».
Lei è pronto?
«Certo che sono pronto. Lo sono per un spirito di solidarietà e perché sono convinto che da sola la Sicilia avrebbe difficoltà a ritagliarsi un ruolo avulso da una strategia complessiva del Mezzogiorno. Ci troviamo di fronte a una straordinaria opportunità. C’è bisogno di una seria programmazione. Il Sud Italia, ancora oggi, è per lo Stato né carne né pesce. Non è stata mai gestita una strategia per il Mezzogiorno d’ Italia nel nuovo quadro macroeconomico. Ed è chiaro che per avere un ruolo nel bacino euro-afro-asiatico le regioni del Mezzogiorno debbono dotarsi di infrastrutture strategiche senza le quali non potranno mai essere né attrattive di nuovi capitali privati né competitive con altre aree, penso ai Balcani o alla Penisola iberica».
Perché i suoi colleghi governatori, a parte rarissime eccezioni, continuano a tacere?
«Non ho titolo per dare pagelle ma ritengo che sia mancato questo spirito di area. Oggi il Sistema Italia si muove intorno a due poli, quello del Centro Nord, strettamente legato ai mercati europei, e quello del Sud, il cui destino è già segnato nella geografia: il Bacino Mediterraneo».
Secondo lei presidente, i suoi colleghi Fontana (Lombardia) e Zaia (Veneto) alla fine spingeranno per accettare l’aiutino europeo?
«Non ho elementi per fare queste valutazioni. E non voglio fare le pulci ai miei colleghi. Dico solo che abbiamo interessi divergenti, ed è su questa diversità che si costruisce e si consolida il Sistema Italia. L’ho detto anche a Pontida: guardiamo a due mercati che sono agli antipodi. Ma nessuna risorsa sarebbe sufficiente senza essere inquadrata in una programmazione seria e costruttiva. Servono obiettivi e infrastrutture strategiche. Altrimenti dovremo rassegnarci e metterci in coda a una ideale fila indiana delle regioni. Terz’ultimo, penultimo, ultimo posto… lo Stato deve convincersi che al Sud bisogna dare una strategia, se non vogliamo continuare a pagare la nostra perifericità. Lancio quindi un appello ai colleghi del Sud per sederci intorno a un tavolo per concordare un’azione lobbista unitaria da sottoporre al governo centrale. Inutile giocare alle tre carte. Roma deve convincersi che il Sud ha bisogno di obiettivi strategici».
I fondi del Mes dovrebbero servire per dotare di strutture idonee i territori che ne hanno estrema necessità. La distribuzione dovrebbe nascere dunque da una analisi dell’esistente. Invece nella Conferenza Stato-Regioni si continua a parlare di quote.
«Sono d’accordo con lei in linea di principio, anche se non ho partecipato alla Conferenza Stato-Regioni perché per noi c’era il nostro assessore alla Sanità. Ma non v’è dubbio che il sistema sanitario del Sud si sia trovato impreparato, come del resto le altre regioni,. di fronte a un’ esperienza drammatica e inedita. Va rifondato il sistema sanitario partendo dai nuovi ospedali. Vogliamo realizzarne uno a Palermo e uno a Catania, puntare sui reparti di terapia intensiva. Il sistema sanitario va rivisto per cancellare l’idea che i viaggi della speranza siano l’unico modo per garantirsi il diritto alla salute».
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