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Tra giovani e lavoro è sempre intercorso un rapporto complicato, una relazione instabile a cui ha dato il colpo di grazia il covid19. Con il Paese bloccato dall’emergenza pandemica, molti settori hanno sacrificato i contratti più deboli, ossia quelli dei lavoratori precari, che ad oggi interessano principalmente la fascia di lavoratori under 35. Per uno Stato, quindi, che già necessitava di stabilizzare i giovani lavoratori, per favorire un ricambio generazionale della forza lavoro – così come era stato auspicato dal governo tra gli obiettivi illustrati nella Relazione tecnica che accompagnava il provvedimento approvato dal governo lega e movimento 5 stelle – si tratta di un grosso passo indietro.

Per una generazione, invece, che da anni fa i conti con la precarietà, nessuna novità. I contratti bloccati o rimandati, l’interruzione delle assunzioni e l’incapacità di indicare una data di ripartenza, ha costruito un muro insondabile a ogni possibilità di carriera e di stabilità. A peggiorare il tutto, per chi ha continuato a lavorare nella medesima condizione di precarietà, è subentrato lo smartworking, che ha permesso alle aziende di usufruire del lavoro di molti giovani con partita iva senza orario né tutele, aggiungendo anche la beffa di venire redarguiti pubblicamente dal sindaco di Milano, Beppe Sala, per una “sindrome della caverna” inesistente, dato che grazie a questo escamotage si sono ridotti i costi e la produttività è perfino aumentata nell’ultimo trimestre.

A confermare il fallimento statale è intervenuta anche la Corte dei Conti che nella relazione sul rendiconto generale del 2019 rende evidenti i dati sottotono circa i progetti sviluppati soprattutto per aiutare i giovani disoccupati. Sembra, infatti, che solo il 2% delle persone che hanno ottenuto il Reddito di cittadinanza abbia poi dato luogo a un rapporto di lavoro grazie ai Centri per l’impiego. Il Procuratore generale Fausta Di Grazia parla di un risultato al di sotto degli obiettivi, soprattutto quello già citato di voler attuare un ricambio generazionale e Anpal conferma.

Secondo i dati di marzo dell’Osservatorio sul precariato a cura dell’Inps, nei primi tre mesi del 2020 ci sono state meno assunzioni e anche molte meno trasformazioni di rapporti precari in contratti a tempo indeterminato: “nei primi tre mesi dell’anno le assunzioni, riferite ai soli datori di lavoro privati, sono state 1.338.351, cioè 427.157 in meno rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Le trasformazioni di rapporti a termine in contratti a tempo indeterminati sono risultate 189.329 nel periodo considerato, in flessione del 22,6% rispetto a gennaio 2019.”

In Europa, l’Italia è ultima per occupati giovanili e prima per NEET, giovani “in attesa” che non studiano e non lavorano e rientrano nella fascia d’età 18-24, ma non tutto è perduto. I periodi economici difficili pur diminuendo il numero delle assunzioni, sono anche il motivo per cui molti giovani intraprendenti decidono di provare a costruire una realtà professionale autonoma e indipendente.

Se, infatti, la macchina statale è ferma sulle agevolazioni per lavoratori dipendenti, la Legge di bilancio 2020 ha introdotto delle novità interessanti per i giovani che vogliono aprire una Partita iva. La nuova manovra di bilancio propone, ad esempio, l’introduzione di nuovi requisiti di accesso al regime forfettario, a cui per poter aderire bisogna non aver recepito reddito assimilabile a quello di lavoratore dipendente con un importo loro superiore ai 30 mila euro. I vantaggi sembrano esserci anche in termini di contributi da versare: la nuova Legge di bilancio 2020 prevede che una sola imposta con aliquota pari al 15%, che può essere ulteriormente ridotta al 5% durante i primi cinque anni. I Regimi agevolati di questo tipo concedono anche diversi vantaggi riguardo l’esonero dall’applicazione dell’iva, ma anche una tassazione agevolata.

Non sono agevolazioni da poco perché, essendo destinate ad attività autonome, permettono di spendere meno risorse per la gestione e manutenzione dell’attività, che è la fase più rischiosa in ogni business. Per ridurre le difficoltà burocratiche è stata anche introdotta la possibilità di aprire la partita iva online, senza dover sopportare file interminabili all’Agenzia delle entrate. La conclusione ovvia, alla luce della situazione attuale, è che mezzi per migliorare la condizione dei giovani in cerca di lavoro ci sono e sono anche realizzabili. In piena emergenza sanitaria sono state molte le lacune del governo in termini di tutela dei lavoratori e soprattutto di rapporti con i privati, ma basterebbe mettere in pratica i propositi del 2019 per poter fare la differenza in ogni settore. Sono rischi e manovre spesso impopolari, quelle da attuare, ma come i giovani in tempo di crisi sanno rischiare e adattarsi, lo stesso deve fare lo Stato e investire su di loro per far ripartire l’economia.


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