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Ursula von der Leyen

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Che si tratti di prestiti o garanzie, l’Italia dovrà investire nel Mezzogiorno le risorse messe a disposizione dalla Ue per la ripresa. Nessuna scusa, nessun indugio: in questo momento non è permesso accumulare ritardi, perché chi resta indietro adesso difficilmente potrà rimettersi al passo di chi è davanti.
Il messaggio di Elisa Ferreira è molto chiaro. La commissaria europea per la Coesione indica chiaramente al governo Conte come comportarsi. Tra fondi di coesione e meccanismo per la ripresa (Next Generation Eu) non si dovrà lesinare sugli investimenti nelle regioni del sud.

«Raccomandiamo caldamente agli Stati membri di usare i fondi europei sulla base della situazione regionale», così da «sostenere le regioni più vulnerabili, quelle che non ce la farebbero da sole» a uscire dalla crisi, dice in occasione dell’audizione in Parlamento europeo.

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Il principio è questo, e vale per tutti. E allora per l’Italia ciò vuol dire concentrarsi sui territori più svantaggiati. Quali sono questi territori è chiaro a tutti da decenni, decenni nel corso dei quali ,oltretutto, il divario nord-sud è cresciuto.

L’idea alla base della proposta di bilancio della Commissione europea (1.100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027) e del meccanismo per la ripresa (750 miliardi di euro) è quella di non lasciare indietro nessuno. Ferreira questo lo ripete una volta di più, sottolineando la necessità di evitare una ripresa economica differenziata che potrebbe far male. Il meridione italiano era già stato lasciato indietro rispetto al resto del Paese già prima dell’avvento del Coronavirus. La pandemia rischia di accrescere il ritardo.

Ferreira invita gli Stati a investire «nelle regioni più colpite» dalla crisi innescata dalla pandemia di Covid-19. Questo può voler significare intervenire nelle regioni dove sono concentrate le industrie che sono state chiuse per le misure di confinamento, ma la commissaria precisa che si dovrà dare «particolare attenzione alle regioni a maggiore vocazione turistica». Una condizione che aiuta certamente il Mezzogiorno.

Non è ancora chiaro quanto spetterà all’Italia, perché l’accordo sull’intero pacchetto di rilancio economico della Ue ancora non è stato approvato. Le cifre che circolano (per l’Italia si parla di circa 172 miliardi tra prestiti e garanzie) sono ancora provvisorie. Ma è certo che la Penisola è considerata come lo Stato membro più colpito, e dunque l’Italia sarà tra i principali beneficiari delle risorse messe a disposizione. Bisognerà che lo siano anche le sue regioni meridionali.

I CRITERI ADOTTATI

La Commissione distribuirà le risorse sulla base di tre criteri, che la commissaria per la Coesione ricorda al Parlamento europeo. Si terrà conto dell’aumento della disoccupazione tra fine 2019 e prima metà del 2020, della riduzione del Prodotto interno lordo delle regioni e dell’indice di prosperità del Paese. In base a queste informazioni si provvederà a distribuire le risorse, auspicabilmente già a settembre. Prima non si può, perché non ci sono ancora i soldi, oggetto di negoziato politico ancora tutto da avviare, e perché non ci sono informazioni disponibili. «Vogliamo dati statistici regionali per la fine dell’estate», l’invito della Commissaria.

Comincia adesso, dunque, il lavoro di governo centrale e amministrazioni locali per mappare l’impatto della crisi su Pil e occupazione delle Regioni, così da aiutare l’Europa ad aiutare l’Italia. Ma questo non è che il primo tavolo di lavoro su cui il Paese è chiamato a concentrarsi. Dall’Europa non arriveranno soldi “a pioggia”, ma finanziamenti sulla base di progetti credibili, utili per la ripresa e la competitività delle economie, nazionale e locali. Le regole sono sempre le solite: sostenibilità e informatica. Occorrono opere a sostegno di green economy e innovazione digitale. «Abbiamo già chiesto agli Stati membri di predisporre le loro proposte di spesa».

Ferreira, rispondendo agli europarlamentari, ricorda che la Ue, sul fronte della transizione verso un modello produttivo sostenibile, ha aumentato di quasi sette volte la dotazione per l’Italia del Just Transition Mechanism, passando dai 365 milioni di euro della proposta originale ai 2,1 miliardi di euro dell’attuale documento all’attenzione dei leader. Anche qui si potrà investire qualcosa di più nel Mezzogiorno. «L’utilizzo dei fondo dovrà essere legato agli obiettivi e alle priorità che ci siamo dati», che si tratti di green deal o di recovery fund.

SOSTEGNO BCE ALL’ITALIA

Intanto a sostegno dell’Italia arriva la presidente della Bce. Nelle politica per la ripresa della Commissione, basata sul doppio strumento di prestiti e garanzie, «il denaro dovrebbe preferibilmente essere concesso sotto forma di sovvenzioni per i paesi maggiormente colpiti», suggerisce Christine Lagarde. Vuol dire che così facendo la ripresa del Sud non andrà ripagata. A maggior ragione un’occasione da non perdere.
«La Commissione ha fatto un gran lavoro e messo sul tavolo una proposta forte», sottolinea Ferreira. Ciò che omette è che adesso tutto è nelle mani degli Stati membri della Ue.

OBIETTIVO SUD

Nell’Europa degli Stati, alla Commissione spetta il potere di iniziativa legislativa, di proporre leggi, incluse quelle di bilancio. Ora che l’esecutivo comunitario ha fatto la propria parte, spetta ai governi nazionali fare la loro. Se questo pacchetto non dovesse andare in porto sarà per colpa dei governi. Conte dovrà quindi convincere gli Stati più recalcitranti, ma soprattutto tener fede al patto siglato nel settembre scorso con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Nel patto con l’Europa presentato da Conte a Bruxelles si è stabilito di puntare sul rilancio del Sud, una volta di più, con rinnovato slancio e vigore. Ora la Ue tiene fede agli impegni mettendo a disposizione delle regioni soldi che proprio nelle regioni vanno spese, con i servizi della Commissione pronti a verificare come e dove le risorse saranno utilizzate. La linea è tracciata.


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