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Mascherine e sanificanti sequestrati

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Ci fu un tempo, i giorni durissimi dei primi contagi, in cui una singola confezione di Amuchina veniva offerta su Amazon a 199 euro, e una confezione di cinque mascherine con «valvole speciali ideali per coronavirus», all’altrettanto modico prezzo di 189 euro. Era impazzito il mondo e impazzivano anche i prezzi. Due mesi e mezzo dopo, con il virus che rallenta e l’estate alle porte, certe follie non si vedono più, ma intanto c’è chi ha messo le vele al vento e più o meno discretamente si è fatto ricco, molto ricco. Grazie a una pepita d’oro che si chiama proprio Covid 19.

LE MASCHERINE

Come non cominciare dalle mascherine? Ce le aveva promesse il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri quasi due settimane fa, a mezzo euro l’una. Invece in queste due settimane non solo non sono arrivate, ma chi aveva fatto il bello e il cattivo tempo per due mesi e mezzo ha continuato, a farlo.
Si sprecano indagini giornalistiche accurate che alla fine arrivano tutte alla stessa amara conclusione: se vuoi una mascherina chirurgica, oggi in Italia, devi tirar fuori fra i 2 e i 4 euro. «Invierò i carabinieri a sanzionare chiunque speculi», ha tuonato Arcuri, ma la situazione non è cambiata. I farmacisti, che proprio stupidi non sono, gli hanno fatto ben presente che dei dodici milioni di mascherine previste, dieci milioni milioni non erano «certificate». Quindi hanno rispedito alla palla al commissario. Che ormai boccheggia, nonostante l’ultimo faticoso accordo raggiunto con Federfarma. Dovrebbe essere stato finalmente trovato un fornitore per dieci milioni di dispositivi, da vendere davvero a mezzo euro. Una goccia nel mare, o poco ci manca. Eppoi, tanto per dirne una, solo tra giugno e luglio arriveranno quelle made in Italy, prodotte con le macchine comprate e fatte installare dal governo.

Nel frattempo regnerà la solita giungla di mercato. Ma l’ultima chicca è di ieri: si è scoperto che Confindustria della Calabria, nell’ambito di un accordo quadro del 2 aprile scorso, a Roma con il Commissario per l’emergenza – con Arcuri quindi – offre ai suoi associati l’acquisto di mascherine attraverso ditte che non fanno prezzi inferiori a 0,80 euro più Iva. Possibile? Possibile che si sia arrivati a questo senza che Sua Fornitura ne abbia saputo nulla?

LA SANIFICAZIONE

Prendiamo un altro business, quello della sanificazione. Con l’avvento della fase 2 e la riapertura di luoghi di lavoro e negozi, praticamente bisogna sanificare e risanificare tutto. Urge affidare nuove commesse, sempre con carattere di urgenza e quindi senza gare. Diventa un paradiso per pescecani un settore che in Italia ha un valore di produzione di 12 miliardi, riunisce 4.600 aziende e conta 322 mila addetti. Opera nel pubblico e nel privato, negli ospedali la domanda di intervento è triplicata, nelle imprese private si viaggia su una sanificazione a settimana, a fine 2020 si calcola che il business del settore sarà cresciuto fra il 50 e il 100 per cento.

Carmine Esposito, presidente di Ffnip Confcommercio, l’associazione che riunisce le imprese del comparto mette le mani avanti: «I prodotti utilizzati costano di più in questa fase delicata e così anche il personale perché non puoi utilizzare lavoratori a rischio».

Ma occhio al prezzo, che resta ancora ufficialmente a due euro per metro lineare, «ai troppi operatori senza requisiti di legge», come avverte Marco Benedetti, presidente dell’Anid, associazione nazionale delle imprese di disinfestazione . E occhio anche ai gommisti : per un cambio di pneumatici – denuncia il Salvagente – una donna in provincia di Cuneo si è vista imporre un sovrapprezzo di 25 euro, per la sanificazione preventiva della sua auto. Altrimenti avrebbe avuto solo un’altra scelte: un’attesa di tre ore prima dell’intervento e di altre tre ore dopo, per evitare rischi di contagio all’interno dell’abitacolo. Ci si fa ricchi anche così.

IL COMMERCIO ONLINE

In due mesi, in Italia, è successo qualcosa, dicono gli esperti, «che altrimenti ci avrebbe messo dieci anni a compiersi». Secondo una rilevazione di Netcomm Forum, dall’inizio del 2020 a oggi in Italia si sono registrati due milioni di nuovi consumatori on line, passati così da 27 a 29 milioni.

Nel solo periodo dell’emergenza Covid, invece, sono arrivati sulle piattaforme di acquisto digitale 1,3 milioni di nuovi clienti. Rispetto ai primi mesi del 2019, le cifre sono triplicate. Dicono le stime mondiali che il settore crescerà del 55%. Quanto a noi, i piatti da ristorante con kit venduti on line sono aumentati del 23%, i prodotti degli animali del 154%, di cibi freschi e confezionati del 130%, i prodotti per la cura della casa del 126% e della persona del 93%.

Il click and collect, cioè compri on line e ritiri in negozio, è aumentato del 349%. Si sono accodati anche i piccoli negozi di quartiere svolgendo «una funzione sociale», come l’ha definita Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio e-commerce del Politecnico di Milano. Non si fa cenno, in questi studi, ai ritardi nelle consegne, ma succede spesso: ti aspetti un pacco in sette giorni e ti arriva dopo un mese…

IL PLEXIGLASS

L’hanno già chiamata l’era del plexiglass o dell’oro trasparente. E sempre più introvabile, s’è scatenata una bella corsa all’accaparramento e alla speculazione. E lo vedete bene: alla casa del supermercato, al bancone della frutta, in banca, dal vinaio, ovunque. Per non dire delle spiagge, che chissà come verrà utilizzato. Eppoi bar, scuole, uffici: il plexiglass è fondamentale per realizzare le barriere del dopo lockdown (ma è più bello confinamento), per far ripartire davvero il Paese.

Siccome la materia prima tradizionale comincia a scarseggiare ci sono ditte che stanno sostituendo il plexiglass tradizionale con quello ad alta prestazione, come «fabbricare un bicchiere col vetro antiproiettile», altro che semplici barriere parafiato. E con un primo risultato:. il prezzo è salito da 10 a 15 euro al chilo, con rincari ovviamente anche sul prodotto finito. Una lastra divisoria di un metro per 70 «non può costare più di 90 euro» spiegano in un’azienda di Milano. C’è chi ha aumentato i prezzi del 3-4%, «ma solo per i rallentamenti nella produzione». E c’è chi, come la Creab di Messina ha aumentato il costo a metro da 20 a 32 euro per realizzare divisori in policarbonato compatto. No, non è finita qui.

I GENERI ALIMENTARI

Stiamo qui a chiederci di chi sia la colpa se le carote sono aumentate del 160% in un mese e i cavolfiori del 93%, se lo sta chiedendo anche l’Antitrust che ha avviato un’indagine sulla base degli ultimi dati Istat. Si temono «fenomeni speculativi» soprattutto al Centro e al Sud si sospetta che non tutti gli aumenti «siano immediatamente riconducibili a motivazioni di ordine strutturale come il maggior peso degli acquisti nei negozi di vicinato o la minore concorrenza tra punti vendita a causa delle limitazioni alla mobilità dei consumatori».

Un caso a parte sono le arance, aumentate del 24 per cento nel nome di una scatenata rincorsa ad accaparrarsi la vitamine C. I produttori lamentano anche mancanza di manodopera, e forse per la verdura hanno ragione. Ma le pere Abate e le mele, raccolte nell’autunno e nell’inverno scorsi, conservate nei frigoriferi, perché oggi vengono messe sul banco a 4 e a 3 euro al chilo? Se lo chiede la Federconsumatori, se lo chiedono un po’ tutti. E intanto qualcuno starà benedicendo il virus.


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