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I banchi del Governo

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Nuova crisi economica, vecchi rimedi. Come accadde dal 2009 in poi, anche oggi con l’emergenza Coronavirus in corso, il Governo ha bisogno di risorse da investire qua e là per salvare il salvabile. Questa volta non serviranno a ripianare i conti pubblici, che grazie alla sospensione del patto di stabilità non dovrebbero essere un problema, ma a investire nelle zone più colpite. Con quali soldi? Con quelli destinati al Mezzogiorno.

L’ITALIA E IL COVID-19

La proposta arriva dal Dipe, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica che fa capo a Palazzo Chigi.
In un documento dal titolo “L’Italia e il Covid-19” (aprile 2020), che il Quotidiano del Sud è riuscito a visionare, si propone la «sospensione del riparto delle risorse dei programmi di spesa». Tradotto: la messa in pausa della cosiddetta clausola del 34% che destina alle regioni meridionali una quota di investimenti pari alla popolazione residente.

Un colpo di mano che rischierebbe di mettere una pietra sopra su una disposizione approvata a fine 2016, ma ancora largamente inattuata. Sospendere, poi, fino a quando? Questo il Dipe non lo dice. L’emendamento proposto cita testualmente: «Il riparto delle risorse dei programmi di spesa di cui al comma 2 è sospeso sino al …….».

COLPITO IL PAESE

Puntini sospensivi. Che potrebbero valere mesi, o più probabilmente anni, di quello che questo giornale ha sempre definito “scippo” e che questa volta troverebbe una nuova giustificazione nell’emergenza che però, è bene ricordarlo, colpisce tutto il Paese, specie i territori che già prima scontavano povertà e disoccupazione.

Due rilievi possono aiutare a capire cosa significherebbe dirottare altrove gli investimenti destinati al Sud. Secondo una stima della Svimez, già prima dell’inizio dell’emergenza Covid-19, il Mezzogiorno faceva i conti una pesante recessione: il pil meridionale era circa dieci punti al di sotto dei livelli pre-crisi del 2009. Secondo dato: il lockdown dovrebbe far calare il prodotto interno lordo del Mezzogiorno di circa altri 8 punti. A fine anno quindi il Sud potrebbe contare circa 20 punti di pil in meno rispetto al 2007. Tutto questo ovviamente al netto della proposta del Dipe. Senza investimenti o con una quota significativamente ridotta, i numeri potrebbero essere ben altri.

CUORE PRODUTTIVO

Le giustificazioni si sprecano: «A seguito dell’esplosione della crisi sanitaria e delle sue conseguenze economiche nel Paese – si legge nella relazione illustrativa allegata alla proposta – si rende necessario operare una sospensione del criterio di riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti, consentendo all’Autorità Politica la valutazione delle zone ove concentrare la maggior quantità di risorse per investimenti in considerazione del mutato scenario sociale e produttivo».

Leggi: i soldi vanno dirottati in quello che fino a un paio di mesi fa era il cuore produttivo del Paese, con buona pace di quelle regioni che quest’estate non potranno contare più neanche sulle entrate garantite dal turismo.

TAGLIO INFINITO

E non finisce qui. Proprio come già accaduto nel 2010, quando il presidente del Consiglio si chiamava Silvio Berlusconi e il suo ministro dell’Economia era Giulio Tremonti, si propone una sforbiciata anche ai Fondi di sviluppo e coesione, le risorse che almeno in teoria sarebbero destinate al riequilibrio territoriale. L’attuale ripartizione affida l’80% dei fondi al Sud e il 20% al Centro-Nord. Percentuali che ora si vorrebbero rivedere, anche se il documento non specifica in quale misura, rimandando tutto al “coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali”. Le risorse prese in considerazione sono quelle relative alla programmazione 2014-2020, in particolare i 4,87 miliardi di euro che oggi risultano ancora «liberi da utilizzi».

REAZIONE DEL SUD

Un set di proposte indecenti che non è passato inosservato dalle parti di Montecitorio. «È imprescindibile che il Governo mantenga, ribadendola con forza, una linea politica per lo sviluppo economico e sociale delle regioni meridionali che da un lato favorisca una pronta ripartenza del proprio tessuto produttivo e dall’altro permetta il recupero progressivo dei divari economici e infrastrutturali con il resto del Paese», scrivono i deputati meridionali del Partito Democratico. «A tal fine consideriamo i seguenti punti come componenti fondamentali e non derogabili di questa strategia: 1. mantenere il vincolo di destinazione territoriale delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) congiuntamente a quelle degli altri Fondi strutturali, al fine di promuovere le politiche per lo sviluppo della coesione sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e infrastrutturali tra le regioni; 2. considerare le risorse di cui al punto 1) aggiuntive rispetto a qualsiasi altro strumento di finanziamento ordinario e/o straordinario, non derogando così al criterio dell’addizionalità previsto per i fondi strutturali dell’Unione Europea; 3. rispettare la cosiddetta “clausola del 34%” che prevede la distribuzione degli stanziamenti in conto capitale delle Amministrazioni Pubbliche in proporzione alla popolazione nelle varie regioni italiane».

Ora tocca al ministro dell’Economia, il democratico Roberto Gualtieri, e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte battere un colpo.


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