Una delle conferenze stampa per l'emergenza Coronavirus in Lombardia
3 minuti per la lettura“Papà, ma se dicono tutti alla televisione di non preoccuparci perché anche sui giornali si parla solo del Coronavirus. Dobbiamo avere paura o no?…”. Mio figlio Gregorio Indro ha soltanto otto anni, ma a volte mi sembra che rasenti la saggezza buddhista di Mattarella. Immerso, come tutti i bambini lombardi, nel ciclone del Coronavirus -scuole chiuse, manifestazioni sportive bloccate, catechismo sospeso, amici dispersi nel timore del contagio- si chiede, in pratica, perché il coprifuoco è toccato prima a noi abitatori del profondo nordovest e, solo dopo (forse), agli altri. Non ho risposte precise da dargli, soprattutto perché sono di parte, contribuisco a riempire quei giornali.
E perché, ora, è inutile che stia lì a resocontarlo del feroce scambio di opinioni, direi scontro, tra il presidente del Consiglio Conte e quello della Lombardia Fontana. Col primo, Conte, che annuncia “abbiamo concordato di fare un’ordinanza per uniformare i comportamenti in tutte quelle regioni che non fanno parte della zona focolaio. C’è un clima di grande collaborazione. Dobbiamo proseguire con il coordinamento che è il metodo più efficace per evitare contagio ma c’è stata una gestione non del tutto propria, fuori protocollo in un ospedale che ha contribuito alla diffusine del virus”; mentre il secondo, Fontana, ritiene “irricevibile, perfino offensiva l’ipotesi del premier di avocare a sé, e quindi al governo, i poteri in materia sanitaria (che spettano costituzionalmente alle Regioni, ndr). Ed è inutile anche che io tenti di spiegare al pupo la psicosi di massa di una regione che ha bloccato la circolazione della sua cultura, ha svuotato le sue boutique e i suoi supermercati, ha reso la caccia ossessiva alla mascherina e al disinfettante per le mani una sorta di sport nazionale.
La realtà è che hanno ragione sia Fontana quando dice che adesso -solo adesso- la situazione è sotto controllo, la “zona rossa” di 11 Comuni è stretta in una camicia di forza securitaria; sia Conte quando rivela la cattiva gestione degli inizi. Il problema della diffusione del virus sono stati davvero i piccoli ospedali lombardi e veneti, che di solito rappresentano il nerbo della sanità territoriale ma in questo caso non erano preparati all’emergenza. Anche perché nessuno gliel’aveva annunciata, l’emergenza, specie il ministro delle Salute Speranza che si era imbrodato nell’annunciare la chiusura diretta dei voli dalla Cina senza considerare che direttamente dalla Cina entrava solo il 20% dei viaggiatori; e, di conseguenza, i protocolli sono stati presuntuosamente generici.
Lo spiega bene il segretario del sindacato Anaao-Assomed: Carlo Palermo, “si mette in pericolo la salute di tutti. Il fatto che siano stati chiusi l’ospedale di Codogno, quello di Schiavonia (a Padova, ndr) e che ci sia stato un dermatologo del Policlinico di Milano contagiato, significa che la fase ospedaliera non è stata curata abbastanza: nei reparti sono entrati soggetti infettati. Adesso è urgente rendersi conto degli errori fatti perché tutte le Regioni si facciano trovare preparate”. Eh, insomma: Houston abbiamo (avuto) un problema. Perché per tanti ospedali Sacco, San Raffaele, Humanitas c’è un Policlinico o -addirittura- un ospedale di Codogno che hanno sottovalutato il problema o sono addirittura diventati una specie di lazzaretto. Eppoi c’è la faccenda dei numeri d’emergenza che continuano ad esser in tilt, non solo il numero regionale delle informazioni 8008945445, ma soprattutto il numero unico di emergenza. E se a questo s’aggiunge la chiusura di molti laboratori di guardia medica per “carenza nelle forniture di protezione”, be’, l’impressione rimane quella di una certa difficoltà nel contenimento dell’epidemia.
Ma il problema più grave non riguarda la salute, semmai l’economia. Già nell’ultimo mese l’export della Lombardia (che pure rimaneva di 90 miliardi) è calato di 2/3 punti, e il calo stesso degli ordinativi aveva cominciato la sua lenta progressione; che cosa accadrà ora che i negozi rimangono chiusi, che le aziende sospendono la produzione, che il turismo si sposta verso altri lidi, che il business si inceppa? Non è che qualcuno approfitterà di una nuova crisi -stavolta con striatura epidemiologica- per affogare noi, i passeggeri della “locomotiva d’Italia” in una nuova stagnazione? Anche questo è difficilissimo da spiegare a mio figlio…
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