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Per il Sud basta assistenzialismo e reddito di cittadinanza. E’ necessario un grande piano di investimenti che consenta alle regioni del Mezzogiorno di guadagnare terreno sul fronte infrastrutturale.
Antonio Tajani, eurodeputato e vice presidente di Forza Italia, in passato Commissario Ue e presidente del Parlamento di Strasburgo, ha chiara la sua proposta per il rilancio del Sud e sostiene che “la questione meridionale è prima di tutto una questione italiana e come tale deve essere trattata dalla classe politica.
On. Tajani, lei rappresenta una forza politica radicata nel Mezzogiorno, come hanno dimostrato le elezioni in Calabria. Che cosa chiedono alla politica i cittadini delle regioni del Sud?
“La gente del Sud chiede di essere considerata con dignità o onore, che significa dare loro lavoro cambiando radicalmente le politiche fin qui adottate. Basta assistenzialismo. E’ necessario aiutare le imprese a creare lavoro. E quando dico ‘imprese’ mi riferisco alle grandi, alle piccole, agli artigiani, a chi opera nella pesca e nell’agricoltura. Finché il lavoro lo dà il boss, è difficile che il Sud possa cambiare. Bisogna tagliare l’erba sotto i piedi ai boss della malavita”.
E’ stato utile il reddito di cittadinanza?
“Assolutamente no. Va eliminato e quelle risorse vanno destinate ad una consistente riduzione del cuneo fiscale e ad agevolazioni fiscali alle imprese, soprattutto a quelle che investono e creano lavoro. Lo Stato ha il dovere di assistere i più deboli, i disabili e coloro che non sono nelle condizioni di lavorare. Al ragazzo diciottenne bisogna dare lavoro. Il redditi di cittadinanza e quota 100 non servono allo svilupppo del Mezzogiorno”.
Quindi investimenti e posti di lavoro….
“Sì, e aggiungo stop alla burocrazia che rappresenta un freno alle attività e all’attrazione di investimenti. Al Sud servono infrastrutture e infrastrutture digitali. Al Nord si va avanti con la tecnologia 5G, al Sud in alcune aree non arriva il telefono”.
Per superare questo divario servono ingenti risorse, sempre difficili da trovare, e progetti realizzabili con la partecipazione di diversi livelli di governo. Ha in mente qualche proposta?
“Ho sempre pensato ad un piano di investimenti che raccolga tutti i fondi europei non utilizzati, che prevede l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, della Bei, delle risorse nel bilancio comunitario per il New Green Deal, dei fondi pensione. Un pacchetto di 20-25 miliardi per realizzare infrastrutture non solo stradali e autostradali, ma anche ferroviarie, pensiamo che in alcune aree della Basilicata manca ancora l’elettrificazione. Poi la rete digitale anche nelle aree interne, altrimenti è difficile trattenere i giovani soprattutto quelli che vivono nelle aree interne. Arrestare questo fenomeno significa anche evitare che le risorse spese dalle Università del Sud per formare i giovani vadano a beneficio di altri territori, evitare la fuga dei cervelli. Insomma, il territorio deve diventare più competitivo”.
E’ solo un discorso di risorse?
“Non solo. Come ben sappiamo la questione meridionale è più complessa e deve essere affrontata a 360 gradi come questione nazionale. C’è anche il grande problema della mancanza di progettualità. A tutto questo va data una risposta”.
Questo giornale ha sottolineato spesso come sia stata costantemente disattesa la regola della quota del 34% di investimenti della Pubblica amministrazione al Sud, quota che corrisponde alla popolazione residente. Più soldi sono andati sempre al Nord. Si può rimediare ora?
“Bene ha fatto il vostro giornale a sottolineare questo importante aspetto. E’ ora di finire con il ritornello che il Sud è mantenuto dal Nord. Io aggiungo un altro elemento per me altrettanto rilevante, quello del capitale umano. Al Nord lavorano poliziotti, finanzieri, carabinieri, personale della pubblica amministrazione, operai ed anche professionisti che vengono dal Mezzogiorno e danno il loro contributo allo sviluppo e alla sicurezza di quelle comunità”.
L’autonomia differenziata è utile al Sud o è un rischio di ulteriore impoverimento?
“L’autonomia differenziata deve essere finalizzata alla tutela e allo sviluppo generale del Paese. C’è il problema del Veneto, ma c’è anche quello della Calabria. Le scelte devono essere equilibrate e giuste per consentire una crescita armonica da Nord a Sud”.
Dal suo punto di osservazione europeo, come viene considerata l’Italia e il Sud con le sue ataviche difficoltà a utilizzare anche le risorse comunitarie?
“In Europa manca l’Italia e manca il Sud. Non è che noi contiamo poco perché gli altri sono cattivi. Noi siamo poco determinanti perché vediamo tutto in chiave ‘romana’, non per l’Europa. Dobbiamo poter essere più incisivi e contare di più”.
Come diceva prima, il Sud è una questione nazionale. Non dovrebbe essere una di quelle riforme da affrontare a larga maggioranza?
“Noi siamo pronti a dare il nostro contributo, ma nessuno ci ha mai chiamato. Io dubito che questo governo possa fare qualcosa di significativo per la crescita del Mezzogiorno. Continuano ad andare avanti con il reddito di cittadinanza perché il Pd non vuole mettersi contro il M5s. Così non si va da nessuna parte”.
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