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Costano poco, ma non ci sono. Parliamo delle mense scolastiche nel Sud Italia. I numeri sono quelli pubblicati nella Quarta Indagine di Cittadinanzattiva. Da un lato, la rilevazione sulle rette della refezione scolastica per la scuola primaria e per l’infanzia in tutti i Comuni capoluogo di provincia. Dall’altro la qualità percepita da bambini, docenti, genitori, rappresentanti della Commissione mensa, monitori civici e addetti delle aziende di ristorazione su 26 mense di nove regioni italiane: Piemonte, Liguria, Lombardia, Lazio, Marche, Campania, Molise, Basilicata, Puglia.
L’elaborazione parte dai dati del ministero dell’Istruzione per l’anno scolastico 2017/2018 – si tratta di 2.498.521alunni della scuola primaria e 919.091 della scuola dell’infanzia – e conferma la “disuguaglianza territoriale” che il Comitato Onu sui Diritti dell’infanzia denuncia nelle sue “Osservazioni 2019” riguardo la condizione dell’infanzia nel nostro Paese.
LA FORBICE
Innanzitutto, a conferma della diversa capacità di reddito del Paese, se il Nord si conferma l’area geografica con le tariffe più elevate – in media 842 euro per nove mesi di mensa nella scuola primaria, e 841 in quella dell’infanzia – e il Sud quella con i costi più contenuti – 644 euro nella primaria e 632 nell’infanzia – secondo i dati 2018 di Save the Children,«in 9 regioni italiane oltre il 50% degli alunni non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; con un tendenziale peggioramento in quasi tutte le regioni di 1-2 punti percentuali». Ma, soprattutto, la forbice tra Nord e Sud si amplia sempre più. Sono infatti 7 le regioni insulari e del Sud con il numero più alto di alunni senza refezione scolastica: Sicilia (81,05%), Molise (80,29%), Puglia (74,11%), Campania (66,64%), Calabria (63,78%), Abruzzo (60,81%) e Sardegna (51,96%). In molte aree, quindi, in media 2 bimbi su 3 non hanno mensa.
LA DISPERSIONE
La situazione complessiva preoccupa ancora di più alla luce del rischio di dispersione scolastica – registrato in percentuali doppie nel Sud Italia rispetto al Nord – che si aggraverebbe proprio in quelle regioni dove sono meno presenti il tempo pieno e il servizio mensa.
«Delle nove regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa – precisa il rapporto Save the Children – cinque registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno: Molise 94,27%, Sicilia 91,84%, Campania 84,90%, Abruzzo 83,92%, Puglia 82,92% superano ampiamente il dato nazionale già critico, secondo il quale oltre il 66% di classi primarie risulta senza il tempo pieno. In cinque di loro si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia: Sardegna 21,2%, Sicilia 20,9%, Campania 19,1%, Puglia 18,6% e Calabria 16,3%2».
SALUTE A RISCHIO
L’ulteriore emergenza legata a una corretta alimentazione, e dunque alla disponibilità di un servizio mensa adeguato, riguarderebbe poi l’obesità infantile. Secondo l’Istat (ottobre 2019), se nel biennio 2017-2018 in Italia si stimano circa 2 milioni e 130 mila bambini e adolescenti in eccesso di peso, il 25,2% della popolazione di 3-17 anni, tale eccesso «aumenta significativamente passando da Nord a Sud (18,8% Nord-ovest, 22,5% Nord-est, 24,2% Centro, 29,9% Isole e 32,7% Sud). Le percentuali sono molto alte in Campania (35,4%), Calabria (33,8%), Sicilia (32,5%) e Molise (31,8%)». Non è un caso che il Mezzogiorno, secondo le ultime stime dell’Istituto superiore di sanità, risulti anche il più colpito dal diabete – patologia correlata al sovrappeso in età infantile – sia per incidenza che per mortalità, con i primi posti occupati da Calabria, Basilicata, Sicilia, Campania e Puglia.
«I dati crescenti sulla povertà, fragilità e vulnerabilità delle famiglie italiane e dei minori, sull’aumento dell’obesità infantile, la forte disparità di presenza e di costi sul territorio nazionale di servizi per le famiglie e per i bambini, rappresentano le principali motivazioni che ci hanno indotto a riproporre un’indagine civica sulle mense scolastiche», scrive Cittadinanzattiva. Ma rappresentano, in effetti, molto di più. Precisamente, i numeri del Sud, dove fin dall’infanzia ci si prepara a essere cittadini di serie B e ad affrontare un rischio di povertà, disabilità ed esclusione economica e sociale maggiore in misura vertiginosa rispetto al Nord.
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