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Al Nord i treni viaggiano a 250 km orari, al Sud spesso non si va oltre i 100. Su una rete di circa 1.350 chilometri di convogli veloci, solo il 16% è nelle regioni del Sud, dove vive il 34% della popolazione.
Lo sa bene il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, pugliese doc (è nato a Bisceglie) che non nasconde la disparità, anzi: «Il Sud dovrebbe avere il 34% dell’Alta velocità e invece ha solo il 16%. Cosa gli raccontiamo a chi ha pagato le imposte?».

Già, cosa gli raccontiamo? La verità, cioè il frutto di scelte opinabili grazie alle quali per percorrere in treno i 110 chilometri tra Crotone e Reggio Calabria occorrono 3 ore e mezza, con una velocità media sotto i 50 Km/h. Tra Firenze e Bologna, stessa distanza, bastano 38 minuti per i 162 treni che ogni giorno collegano le due città.

TEMPI BIBLICI

A breve basteranno sei ore per andare da Milano a Parigi (853 km), ma i baresi che vorranno andare a Reggio Calabria (440 chilometri di distanza), o viceversa, dovranno continuare a sobbarcarsi oltre otto ore di viaggio.
D’altronde basta guardare la cartina delle direttrici dell’Alta velocità – esistenti o ancora da realizzare – per accorgersi visivamente che l’Italia delle ferrovie – non solo quella, per carità – è spaccata in due: su tutta la linea adriatica, da Bari a Bologna, c’è il vuoto, così come dalla Puglia alla Sicilia. Mentre al Nord è fitta la “ragnatela” di linee che si intrecciano e uniscono ogni angolo dell’Italia settentrionale.

MANCATI INVESTIMENTI

Se al Sud c’è solamente il 16% dell’Alta velocità è merito di decenni di mancati investimenti. Non può spiegarsi diversamente il fatto che le linee sono elettrificate per l’80 per cento al Nord e per il 50 al Sud; oppure che nel Mezzogiorno circolano meno treni che nella sola Lombardia. E con una età media di 19,2 anni contro i 13,3 del Nord.

Fra le 17 opere previste nel nuovo piano di Ferrovie italiane e Rfi, solo quattro sono al Sud: la Palermo-Catania–Messina, il nodo integrato di Palermo, il megalotto 3 della statale jonica, l’alta capacità Bari-Napoli (alta capacità cioè doppio binario).

LA SPACCATURA

A Bari, durante l’inaugurazione della Fiera del Levante a settembre, il premier Giuseppe Conte ha promesso un piano straordinario per il Sud che «diventerà ordinario». Per ora se ne vedono poche tracce. C’è un’Italia tagliata completamente fuori dall’alta velocità, ed è l’Italia che va da Napoli in giù. Non solo: c’è una parte di Paese, sempre quello da Napoli in giù, che è, in molti casi, priva persino del doppio binario, come in Sicilia, Sardegna, ampi tratti di Puglia, Basilicata, Calabria, Abruzzo e Molise.

MIRAGGIO ALTA VELOCITÀ

Il piano industriale 2019-2023 di Ferrovie dello Stato prevede 16 miliardi di investimenti al Sud, rispetto ai 42 miliardi totali di investimenti totali in infrastrutture: una percentuale (38%) superiore al limite minimo del 33% fissato dal precedente governo. Ma nessuna opera riguarda l’Alta velocità intesa come infrastruttura. Si parla di velocizzazione delle linee, come sta già avvenendo sull’Adriatica, tramite interventi su software e hardware, come l’eliminazione dei passaggi a livello.

Sull’Alta velocità al Sud – salvo cambi di programma – è stata messa la pietra tombale: formalmente ci sono progetti di nuove linee ma le risorse sono pari a zero. Al massimo si ridurranno i tempi sulla Napoli-Bari da 4 ore (e oggi solo 12 treni al giorno) a 2 ore e mezza. Pochi mesi fa, in audizione in Parlamento, Maurizio Gentile, ad di Rfi, disse che «portare l’alta velocità da Salerno a Reggio Calabria costerebbe 12 miliardi e oggi su questo progetto non sono previste risorse. La risposta deve darla la politica».

URGONO RISPOSTE

E serve anche rapidamente, perché la conseguenza dei mancati investimenti è la riduzione del traffico. In Calabria solo 25mila persone usano il treno tutti i giorni, a Bolzano 32mila. In Campania il traffico pendolare è sceso del 30% in sei anni, a 308mila passeggeri, mentre in Lombardia è in costante crescita e supera le 750mila unità. Meno treni, più auto uguale più inquinamento.


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