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«Finora le cose sono state fatte male, o quantomeno sono rimaste incompiute». La premessa all’indagine conoscitiva che ieri ha preso il via all’interno della Commissione Finanze della Camera è tutta qui, nelle parole della presidente Carla Ruocco. Sul banco degli imputati c’è la legge 42/2009, la legge Calderoli su federalismo, che a dieci anni dalla sua entrata in vigore sembra sempre più appesa a mezz’aria. Niente definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che gli enti locali dovrebbero erogare, una definizione monca dei fabbisogni standard, che troppo spesso si affidano a una media ponderata della spesa storica.
Insomma un pasticcio, anzi il pasticcio da cui partire nella prima puntata di quella che la stessa Ruocco ha definito più volte “l’operazione verità” sui numeri della spesa. Ad aprire le danze è Giampaolo Arachi, presidente della commissione tecnica per la definizione dei Fabbisogni standard. La parola d’ordine del suo intervento è perequazione.
IL NODO
Il problema principale che affligge molti territori, soprattutto quelli del Mezzogiorno: la difficoltà a garantire servizi essenziali come asili, scuole, trasporti. A dare una mano dovrebbe pensarci il Fondo di solidarietà comunale, costituito proprio per livellare le diverse capacità contributive dei comuni e garantire a tutti gli stessi diritti. In teoria. Nella pratica ci sono una serie di risorse, la maggior parte, appartenenti al fondo ma non soggette alla perequazione. Tradotto: chi le produce se le tiene. Le voci più ingombranti sono Imu e Tasi, le imposte sugli immobili. Per capire quanto queste possano incidere sul bilancio di un comune, basta pensare a un posto come Cortina d’Ampezzo, il paradiso delle seconde case. Difficile pensare che un comune come Casoria possa avere entrate paragonabili.
I FLUSSI VERTICALI
Se questi e altri cosiddetti «flussi verticali» rientrassero nella perequazione, per molti Comuni cambierebbe tutto. È lo stesso Arachi a mostrare una simulazione fatta da Sose sulla messa a regime dei fabbisogni standard. «L’applicazione dei fabbisogni standard, unita all’introduzione del target perequativo al 100%, comporterebbe variazioni significative. Se si guarda alle dimensioni, i comuni che vedrebbero ridurre le loro risorse sono sostanzialmente i comuni più piccoli, mentre i medi e grandi guadagnerebbero. Dal punto di vista regionale, le regioni del Centronord vedrebbero ridotte le proprie risorse, il sud le vedrebbe aumentare con l’eccezione della Campania».
Una mannaia sulle disparità territoriali, talmente potente da richiedere cautela. «Occorre porre attenzione alla gradualità – raccomanda Arachi – il peso della componente perequativa (attualmente al 45%), dovrebbe passare all’85% il prossimo anno, per raggiungere il 100% nel 2021. Un po’ troppo drastico».
Le titubanze, sia chiaro, riguardano solo le tempistiche. La perequazione, secondo il presidente della Commissione Fabbisogni, è sacrosanta. Tanto più perché attualmente il fondo risulta sottofinanziato. Gli obiettivi di finanza pubblica hanno preso il sopravvento sulla necessità di garantire lep e funzioni essenziali. «Nel fondo di solidarietà comunale – precisa Arachi – il totale delle risorse che sono destinate ai fabbisogni deve essere pari al livello delle entrate standardizzate, oggi pari a 26 miliardi, il livello dei fabbisogni invece è pari a 35 miliardi».
Poche risorse, dicevamo, ma distribuite a macchia di leopardo, proprio grazie ai flussi verticali esclusi dalla perequazione. Per capirci: l’Imu e la Tasi fanno volume, rientrano nei 26 miliardi del fondo, ma rimangono sostanzialmente al territorio che li ha riscossi.
LE CONCLUSIONI
«Se il fondo perequativo operasse in maniera corretta – è la riflessione amara di Arachi – lo scarto tra fabbisogni e risorse dovrebbe riflettersi uniformemente sui territori. Invece, ci sono comuni più lontani dalla copertura del fabbisogno e altri più vicini. Le differenze che si attenuerebbero se tutto il fondo, compresi questi flussi verticali, fosse distribuito con criterio perequativo». Quale soluzione, allora? «È opportuno riportare Imu e Tasi nella componente perequativa e portare la perequazione al 100%, questo permetterebbe di evitare le distorsioni».
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