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La ’ndrangheta tende a infiltrarsi nelle imprese del Centro Nord che attraversano periodi di difficoltà finanziaria e che operano in settori maggiormente legati alla domanda pubblica più adatti alle attività di riciclaggio di denaro.
L’infiltrazione mafiosa si associa a un significativo aumento del fatturato delle imprese controllate, nella maggior parte dei casi «artificiale e non correlato a un reale miglioramento», ma ha effetti negativi sulla crescita aggregata di lungo periodo. Una crescita, inizialmente, senza basi, legata soprattutto alle false fatturazioni per operazioni inesistenti allo scopo di riciclare il denaro delle cosche che, un po’ alla volta, finiscono per spolpare le imprese.
L’ESCALATION
Sono alcuni dei risultati a cui sono giunti gli analisti di Bankitalia che, combinando dati di fonte giudiziaria e di impresa, hanno ipotizzato un indicatore statistico del rischio di infiltrazione mafiosa, stabilendo che nell’arco di 40 anni, dal 1971 al 2011, le aree più produttive del Paese, finite nella morsa delle consorterie criminali provenienti dalla Calabria, hanno perso il 28 per cento di occupazione. In sostanza, il riciclaggio al Nord fa perdere occupazione, specie a lungo termine.
Proiezioni, quelle contenute nello studio “Gli effetti della ’ndrangheta sull’economia reale: evidenze a livello di impresa“, che danno l’idea di quanto la presenza mafiosa incida sul mondo del lavoro, finendo per rallentare lo sviluppo delle zone “colonizzate” dalle filiali distaccate di un’organizzazione criminale che oggi è tra le più potenti al mondo, ma che ancora all’inizio degli anni ’70 era quasi totalmente assente nel Centro-Nord, dove l’espansione è avvenuta progressivamente nei decenni successivi.
La sede della direzione strategica resta in Calabria ma, grazie alla propria vocazione imprenditoriale, la ’ndrangheta riesce a inquinare il mondo dell’economia, dei professionisti, della pubblica amministrazione, delle forze dell’ordine e della politica, come emerge chiaramente dalle informative dell’apparato investigativo italiano.
Del resto, non è un caso se dall’ultima relazione della Dia emerge che è il Nord a detenere il primato per la quantità di operazioni sospette delle mafie, con il 46,3%, mentre al Sud la percentuale è del 33,8% e al Centro del 18,7%. Il Quotidiano del Sud lo sta scrivendo da mesi. I territori più ricchi sono ormai infestati dalle mafie, che hanno intrecciato solide relazioni con diversi pezzi di imprenditoria, politica e istituzioni, in modi differenti a seconda dei contesti territoriali, e finiscono per incidere sul fatturato della criminalità organizzata in maniera determinante e decisiva.
BUSINESS MODERNO
Sempre più spesso, poi, nelle inchieste degli ultimi anni sono emerse le figure di quei “facilitatori”, artisti del riciclaggio che sono capaci di gestire transazioni internazionali da località off shore.
Una modernizzazione del business che porta a ricavi stimati in 55 miliardi di euro annui e che diversifica le attività illecite, che spaziano dal narcotraffico internazionale (gestito ormai in posizione egemonica) all’infiltrazione negli appalti pubblici, dalle estorsioni al settore dei giochi e delle scommesse, i cui proventi vengono riciclati in attività apparentemente legali.
Ma, a differenza della Camorra e di Cosa nostra, il giro d’affari della ’ndrangheta è sopratutto al Centro nord, mentre in Calabria restano le briciole. La ’ndrangheta investe poco al Sud e molto fuori dalla Calabria, anche per non dare nell’occhio. Il Nord, dunque, diventa territorio di conquista. Le modalità di interazione delle cosche con le imprese da avviluppare si fanno sempre più efficaci anche perché i mafiosi hanno a disposizione una quantità enorme di capitali liquidi.
TECNICA AVVOLGENTE
Boss e gregari avvicinano imprenditori in difficoltà, fino a insinuarsi a poco a poco all’interno della compagine societaria. I toni iniziali, apparentemente cordiali, lasciano presto il posto al branco, con guardaspalle e auto ben in vista all’esterno delle sedi societarie per ostentare il controllo.
Gli “accordi” maturano dopo che la vittima non riesce a far fronte al pagamento di un prestito a tasso usurario. L’erogazione del credito diventa così uno strumento decisivo per l’occupazione illecita di quote di mercato.
I territori inquinati dalla ’ndrangheta nel Centro e nel Nord Italia subiscono, dunque, una costante perdita di occupazione dovuta proprio alla penetrazione criminale nell’imprenditoria.
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