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La cassaforte dell’agricoltura è piena di fondi europei, ma i soldi non vengono spesi col rischio di rispedire a Bruxelles risorse strategiche per il settore. Il problema non si pone per gli aiuti diretti che arrivano all’ agricoltore con percorso netto. Le criticità nascono con lo sviluppo rurale, il cosiddetto secondo pilastro della politica agricola comune. Si tratta di progetti finalizzati all’innovazione alle filiere al turn over aziendale, all’ambiente che richiedono il cofinanziamento dell agricoltore. Ma il settore è in crisi di liquidità e la difficoltà di accesso al credito blocca le iniziative di sviluppo. Un problema che coinvolge allo stesso modo Nord e Sud con punte di efficienza in regioni settentrionali e meridionali.
CALABRIA VIRTUOSA
La Calabria, per esempio è una delle regioni più virtuose, al livello della Lombardia. Ma il problema è generale. Le banche concedono con difficoltà mutui ad aziende che non redigono bilanci come quelle agricole. Al Sud il problema è aggravato e non è un caso che nell ultimo confronto sul Mezzogiorno è rispuntata la banca del Sud. Ma non è solo questione di credito. La burocrazia fa il resto, quella europea a cui si aggiunge quella italiana. Le istruzioni dei piani dello sviluppo rurale in tutte le regioni sono dei veri e propri volumi. A volte incomprensibili, e così i Psr (Piani di sviluppo reale) restano al palo.
EUROPA MATRIGNA?
E dunque rivendicare risorse a Bruxelles o denunciare una Unione Europea matrigna non è corretto. L’Italia è fanalino di coda tra i partner per la spesa dei fondi europei. Certo, chiedere il commissario all’agricoltura italiano è una mossa intelligente in considerazione del ruolo chiave che l’agricoltura riveste per l economia italiana e del Sud in particolare. Ma poi bisogna essere in grado di dimostrare efficienza e capacità di spesa, intervenendo sulla burocrazia comunitaria ma anche su quella nazionale, convincendo le banche ad allargare i cordoni della Borsa. E questo nessun commissario può farlo.
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