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I numeri dello Scippo al Sud

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Il Quotidiano del Sud – L’altra voce dell’Italia l’ha denunciato fin dal primo numero: per coprire il continuo scippo di risorse pubbliche al Meridione e giustificarne di nuovi, la politica di matrice nordista sta facendo girare tra le stanze dello Stato centrale numeri sballati.

Cifre che danno una percezione totalmente errata, anzi opposta, della realtà. In particolare, i dati statistici che le regioni del Nord utilizzano per giustificare le loro richieste di maggiore autonomia e di maggiori risorse pubbliche sono parziali e fotografano uno Stato centrale che predilige restituire i quattrini rastrellati dai contribuenti al Mezzogiorno piuttosto che ai padani.

Ma utilizzando i numeri corretti e che comprendono tutte le fonti utilizzate da Roma per distribuire i quattrini ai territori, risulta ciò che è sotto gli occhi di tutti: lo Stato dà più soldi, molti di più, al Nord che al Sud. Ora Lavoce.info, autorevole testata nata da una costola dell’Università Bocconi di Milano e che vanta Tito Boeri tra i soci fondatori, ha voluto rilanciare la nostra denuncia, riportando i numeri che abbiamo già proposto ai lettori del Quotidiano del Sud per bollare come infondate le richieste delle Regioni che pretendono, in modo ingiustificato, più soldi e autonomia. Dati che però vale la pena ricordare.

LE REGIONI AUTONOMISTE

È sempre più evidente il motivo che ha spinto Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna a condurre in grande segretezza le trattative con il governo riguardo alla richiesta di aumentare a dismisura la loro autonomia nei confronti dello stato centrale: grazie ai colloqui carbonari è più facile nascondere le balle. Stesso motivo che ha portato i protagonisti – tra cui il governo a trazione leghista – a insabbiare il rapporto della Ragioneria generale che smascherava i trucchi contabili e che, anche qui, il Quotidiano del Sud ha avuto la possibilità di proporre, con ampi stralci, ai propri lettori.

Ma da quando il regionalismo differenziato, vale a dire il passaggio dallo Stato ad alcune regioni di determinate competenze e dei relativi fondi giustificati dall’obiettivo di una maggiore efficienza, è diventato un rischio concreto, le notizie hanno preso il posto delle supposizioni e una di queste dice chiaramente che, contrariamente a quanto sostenuto, la secessione dei ricchi porterà a un aumento della disparità tra Nord e Sud e che avrà un peso aggiuntivo sui conti pubblici.

NUMERI CAPOVOLTI

Secondo Lombardia e Veneto, scrive Lavoce.info, i contribuenti settentrionali soffrono di un’ingiustizia fiscale. A supporto di questa tesi i governatori leghisti hanno prodotto i dati sulla spesa pubblica regionalizzata. Questi dati rivelano, falsamente, che Emilia Romagna, Veneto e Lombardia si trovano in fondo alla classifica della spesa procapite da parte dello Stato e che il Sud, oltre la Provincia autonoma di Bolzano, la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Trento, è la principale beneficiaria della generosità pubblica. Da qui la richiesta di trattenere maggiori risorse da parte dei territori più ricchi del Paese.

Ma la banca dati utilizzata per superare le già scarse diffidenze governative nei confronti dei loro pupilli è profondamente incompleta e quindi dà una fotografia falsata della realtà, che invece è opposta a quanto indicato.

I dati sulla spesa pubblica regionalizzata valgono per poco più del 40% della spesa reale dello Stato. Una statistica che non contabilizza il 60% dell’oggetto del calcolo è a dir poco parziale. Inoltre la Pubblica amministrazione utilizza anche canali indiretti per sostenere le Regioni attraverso i servizi collettivi. La fonte più completa per comprendere la dimensione della spesa pubblica per singole regioni, sottolinea Lavoce.info, è la banca dati dei Conti pubblici territoriali (Cpt) allargata alla Pa e alle imprese pubbliche (Spa). Ma le Regioni interessate alla secessione, si sono guardate bene dal citarla. Questo perché la classifica che ne risulta vede proprio le regioni del Nord beneficiarie della parte più rilevante della spesa pubblica e tutte le regioni meridionali a chiudere la classifica.

LE CIFRE REALI

Così risulta che la spesa consolidata pro capite della Pubblica amministrazione al netto degli interessi (Cpt-Pa) è di 12.589 euro all’anno per l’Emilia Romagna, 12.826 per il Piemonte, 12.659 per la Lombardia e con una media per il Centro-Nord di 13.399 euro, contro una media per il Mezzogiorno di 10.981 euro pro capite l’anno. La Regione che riceve meno dalla Pubblica amministrazione è la Campania con 10.121 euro, segue la Puglia con 10.644 euro e la Sicilia con 11.062. Se alla spesa consolidata della Pa si aggiunge quella delle imprese pubbliche nazionali e locali, si ottiene la spesa del settore pubblico allargato (Cpt-Spa). Anche in questo caso la differenza di spesa a favore dei contribuenti del Nord è nettamente a favore delle regioni settentrionali.

Tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno c’è un gap a favore del primo di 3.671 euro a testa. Tra la Lombardia, che riceve 16.979 euro per abitante, e la Campania c’è una differenza di quasi 5.000 euro per ogni residente. E nonostante questo, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vogliono di più, sempre di più.

LA SPONDA GOVERNATIVA

Il problema è che al governo c’è chi li ascolta. E non solo nell’ala leghista dell’esecutivo ma anche tra i grillini. Tra i pentastellati che hanno aperto all’ipotesi dell’autonomia differenziata c’è il ministro per il Sud, Barbara Lezzi. Lo ha fatto però con importanti distinguo. Tre giorni fa ha partecipato all’audizione presso la Commissione parlamentare per le questioni regionali e ha sostenuto che da parte sua non ci sono obiezioni di principio: «È doveroso rispettare la volontà da parte dei cittadini di vedere riconosciuta la loro richiesta di autonomia. Io sono pronta a rispettarla, l’importante è che ci sia un testo coerente con la Costituzione, e coerente con quello che è il Contratto di governo che prevede maggiore attenzione verso i territori, ed un’azione di governo tesa a colmare il gap infrastrutturale, economico e di sviluppo, oltre che su scuola e formazione, che c’è molte Regioni. Questo a mio avviso si può fare tranquillamente e anche in maniera molto serena, e quindi sono prontissima ad andare avanti».

Il ministro ha però sottolineato che il testo finale deve recepire anche le osservazioni del ministro Tria, “molto importanti per fare una stima degli eventuali costi per le altre Regioni”, e questo sarà certamente come una secchiata d’acqua gelata sulla testa delle tre regioni secessioniste. Ma guai ad abbassare la guardia.


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