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La prima realizzazione di una autonomia differenziata richiede particolare approfondimento. Le nuove particolari forme e condizioni di autonomia sono da rendere coerenti con l’unità della Repubblica.
In altri stati europei una riforma di questa complessità sarebbe preceduta dalla diffusione di un’analisi completa degli elementi istituzionali, economici, sociali, organizzativi e gestionali, offerti ad una consultazione pubblica. Questo metodo consentirebbe al Governo e alle Regioni interessate di predisporre un testo con solide basi, i cui effetti siano esaminati e prefigurati anche nel medio e lungo periodo. Naturalmente rimane fermo il potere del Parlamento, che con la legge avrebbe l’ultima parola, ma si introdurrebbe una buona prassi di democrazia partecipativa. L’esito di una riforma così impegnativa e importante non può essere il consolidamento di una divisione del Paese tra Regioni sviluppate, nelle quali è ottimo il livello dei servizi sociali, e Regioni che mantengono un ben minore livello anche in servizi essenziali, quali la sanità, l’assistenza alla persona, l’istruzione. Questo esito negativo può essere scongiurato se si attua il disegno delineato dalla Costituzione. Anzitutto è richiesta la determinazione, di esclusiva competenza statale, dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali, “che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
La corretta attribuzione delle risorse in relazione ai servizi da erogare incide sull’eguaglianza tra cittadini. Inoltre la Costituzione delinea il quadro finanziario che costituisce l’indispensabile premessa per differenziare l’autonomia attribuita alle Regioni preservando l’unità del Paese. Gli enti territoriali devono avere sia tributi ed entrate proprie, coordinate con il complessivo sistema tributario, sia compartecipazione al gettito dei tributi statali riferibili al loro territorio. Questo elemento di “federalismo fiscale, per il quale le imposte o parte di esse restano dove il reddito è prodotto, va integrato e bilanciato dalla istituzione di un fondo perequativo per i territori con minor capacità fiscale per abitante. La dotazione del fondo non può essere simbolica.
Il suo ammontare va messo in relazione con la finalità di finanziare integralmente, assieme alle altre risorse, le funzioni pubbliche attribuite alle Regioni. Questo non basta per perseguire la solidarietà e l’unità del Paese, che non tollera l’indefinito permanere di una divisione tra il nord del proprio territorio, tra le aree più sviluppate in Europa, e il sud senza prospettive di sviluppo, con il rischio di determinare una profonda contrapposizione sociale. La costituzione prevede che lo Stato debba destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, rimuovere gli squilibri economici e sociali, che costituiscono ostacolo all’eguaglianza sostanziale ed all’effettivo esercizio dei diritti della persona. Ancora una volta l’ammontare di queste risorse può essere residuale. Se questo è il quadro nel quale si colloca l’autonomia differenziata, è evidente che modalità e contenuto della sua attuazione non è interesse esclusivo delle Regioni che la richiedono e ne negoziano con il Governo il contenuto, ma riguarda tutte le Regioni, e diviene anzi questione nazionale.
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