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Uno stralcio del documento

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Mentre il governo guarda all’autonomia differenziata delle tre regioni che l’hanno chiesta (Lombardia, Veneto e Emilia Romagna) e il premier Giuseppe Conte assicura che l’esecutivo è intenzionato a sciogliere i nodi per proseguire l’istruttoria dei provvedimenti, la legge 42 del 2009 sul federalismo, che porta il nome di Roberto Calderoli, è ancora per molti aspetti inattuata. La perequazione, che dovrebbe garantire a tutti i Comuni le risorse necessarie per assicurare il finanziamento di servizi di base adeguati su tutto il territorio nazionale, ancora stenta a realizzare condizioni di equità. E in questa situazione chi ci rimette sono essenzialmente gli enti locali più poveri, quelli del Sud.

ELEMENTI CRITICI

È la stessa Ragioneria generale dello Stato a segnalare “elementi critici” che permangono per un riallineamento del fondo di solidarietà comunale con i principi della legge sul federalismo. In una bozza di documento sullo stato d’attuazione del federalismo fiscale preparata dagli ispettori della Rgs, e che questo giornale ha visionato, si sottolinea a chiare note una decina di criticità che rappresentano altrettante esigenze.

Ma qui le difficoltà tecniche si uniscono a quelle politiche facendo emergere un groviglio di complicazioni che per ora non è stato sciolto. La prima criticità indicata dal documento della Rgs è “l’assenza dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep)” che influisce negativamente sul meccanismo perequativo “condannando” i comuni più deboli a rimanere tali. Stabilire i livelli essenziali delle prestazioni significa essenzialmente abbandonare il principio della spesa storica nel meccanismo perequativo. Se fosse stabilito un livello essenziale delle prestazioni per i famosi asili nido, ad esempio, non succederebbe che ai Comuni del Mezzogiorno, che oggi non erogano il servizio, non sia riconosciuto per esso un fabbisogno. E magari una cifra, seppur limitata, potrebbe essere assegnata loro dal fondo di solidarietà o individuando altre forme di finanziamento. Il documento della Rgs pone l’accento anche sulla mancata riforma del catasto.

L’adeguamento delle rendite castali ai reali valori degli immobili aumenterebbe la capacità fiscale dei comuni e gli enti che hanno provveduto in proprio alla revisione delle rendite vengono penalizzati dal meccanismo perequativo che interviene quando le entrate proprie non bastano a garantire i servizi. Sempre in campo tributario, la bozza di documento indica tra le criticità la mancata revisione del sistema di riscossione comunale. Per molti enti locali, infatti, la difficoltà per gli equilibri di bilancio deriva dalla scarsa capacità di riscossione. Circostanza, questa, che incide negativamente sul processo di crescita dell’autonomia di entrata degli enti.

LE ALTRE MANCANZE

Ancora, la Ragioneria generale segnala il mancato avvio della perequazione infrastrutturale, pure prevista nella legge sul federalismo. Viene così a mancare, si legge nel documento “la seconda gamba, accanto alla perequazione della spesa corrente, per favorire la convergenza dei territori”.

Insomma, anche a livello di infrastrutture non viene ancora riconosciuta una distribuzione di risorse per far sì che gli amministratori possano realizzare le opere pubbliche indispensabili per erogare i servizi qualora le entrate proprie non bastino. In sostanza, Rgs suggerisce la necessità di costruire indicatori di fabbisogno infrastrutturale. Altra pecca di non poco conto, il fatto che nel passato, a partire dal 2010 i tagli ai trasferimenti ai Comuni sono stati sostanzialmente lineari, quindi non in linea con i meccanismi perequativi.

Altra mazzata per i comuni del Sud che hanno una capacità fiscale ridotta. Per migliorare questo stato di cose, il documento sottolinea la necessità di stabilire un percorso per la determinazione e il riparto della quota del fondo perequativo destinato alle spese diverse da quelle relative alle funzioni fondamentali.


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