L'aeroporto di Pontecagnano ribattezzado Salerno-Amalfi
3 minuti per la letturaCarlo Levi terminò la stesura di “Cristo si è fermato a Eboli” nel 1944. L’anno prima l’aeroporto di Pontecagnano era stato bombardato dagli alleati e, dopo qualche mese, divenne teatro di nuovi scontri con i tedeschi che lo avevano occupato dopo l’armistizio. Era poco più di un campo di fortuna, una malferma area sterrata con una pista avventurosa all’inizio della Piana del Sele, a sud di Salerno.
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D’altra parte lo scalo era nato nel 1926, nel segno di una miope improvvisazione militare, e funzionò per alcuni anni come base logistica del genio aeronautico, utilizzato dal 20° stormo degli aeroplani da ricognizione agli ordini del colonnello Mario Martucci. A circa quindici chilometri a sud di questo vecchio scalo, che una civetteria onomastica sensibile al mercato turistico ha ribattezzato, anni fa, “Aeroporto Salerno-Costa d’Amalfi”, sorge Eboli. Qui, ai tempi del romanzo di Levi, si fermavano sia la strada che la ferrovia e, procedendo in basso lungo lo Stivale, lo sguardo si apriva sgomento su mitiche terre aride dimenticate da Dio e dagli uomini. Da allora sono trascorsi più di 70 anni ma, proprio come nel dopoguerra, in questa terra avara di futuro la speranza nello sviluppo e le forti pulsioni turistiche si sono bloccate. La lotta però non è più contro l’atavica arretratezza dei luoghi, bensì contro i silenzi e le indifferenze dello Stato.
IL PROGETTO Dopo decenni di attese manca solo la firma del ministro per le Infrastrutture e i Trasporti, Danilo Toninelli, per liberare e rendere operativo un progetto già approvato da Enac, che consentirebbe in trenta giorni l’avvio della gara per l’ampliamento della pista. Si uscirebbe così da un isolamento che condanna due regioni, la Campania e la Basilicata: da poco più di una settimana è arrivato, infatti, l’insperato ok del ministro dell’Economia Tria per l’affidamento allo scalo della gestione totale. Ma il decreto richiesto è interministeriale, per cui è necessaria anche la firma del collega che continua a nicchiare, nonostante le pressanti richieste delle popolazioni e degli operatori economici, mobilitati per sostenere il diritto negato alla modernità e allo sviluppo.
Il Piano nazionale dei trasporti ha inserito l’aeroporto di Pontecagnano fra i trentuno scali di “interesse nazionale” e sono stati stanziati ben 40 milioni di euro per predisporre la pista all’atterraggio di aerei con capacità “significativa” di posti passeggeri. Il finanziamento fu inserito nel decreto Sblocca Italia del 2014 e, solo grazie a un’ennesima proroga ottenuta in extremis, si potranno ancora spendere quei fondi. Ma non oltre il 2019: dall’anno prossimo i soldi andranno perduti. Dunque, il perdurante ritardo da parte del governo nel rilascio del decreto per la gestione totale dell’aeroporto impedisce di completare il già deciso progetto di fusione con lo scalo di Capodichino. Fusione che rappresenterebbe un’occasione unica per lo sviluppo della Campania, dislocando a sud di Salerno alcuni milioni di passeggeri all’anno, e salverebbe anche lo scalo napoletano dall’attuale, e ormai insostenibile, intasamento.
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