La recente alluvione in Emilia Romagna
4 minuti per la letturaDopo il riscaldamento globale, è iniziata l’epoca della ebollizione globale. Così l’ha definita il Segretario generale dell’ONU, Guterres. Eppure c’è chi minimizza e sul tema clima fa negazionismo
L’epoca del riscaldamento globale è finita ed è iniziata quella dell’abolizione globale. Così l’ha definita il Segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, commentando il record di temperatura media globale raggiunto lo scorso luglio 2023. In particolare, il 6 luglio 2023, è stato registrato il giorno più caldo di sempre, con una temperatura di 17,08 °C. I picchi record toccati quest’anno sono rappresentativi della situazione globale che, ormai, si può senza fatica definire drammatica. Nell’ultimo mese, infatti, il cambiamento climatico ha letteralmente diviso l’Italia in due.
Al Nord, tempeste e piogge hanno danneggiato le città, mentre al Sud il caldo anomalo ha provocato incendi e devastato diverse aree verdi e, negli stessi giorni, mentre Palermo era circondata dalle fiamme, nella città di Milano si verificavano violenti nubifragi.
Eppure, sebbene l’emergenza climatica sia ad oggi un tema di interesse mondiale, alcuni esponenti politici hanno commentato quanto accaduto nel nostro Paese minimizzando il caldo estremo. Addirittura, anche sui media si è parlato di “lavaggio del cervello ambientalista”, scegliendo di rassicurare invece i cittadini, mettendoli al corrente che quanto sta tuttora avvenendo, alla fine, “non è poi così drammatico”. Oggi infatti, mentre buona parte dell’opinione pubblica cerca di sensibilizzare sulla crisi ambientale, un’altra fetta di commentatori nega addirittura che gli effetti negativi della situazione globale siano in larga misura causati dall’uomo. Non solo non ci sarebbe dunque alcuna emergenza ma, soprattutto, noi non ne avremmo responsabilità.
Ciononostante, i dati ci dicono che non è così. Lo provano, ad esempio, quelli del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc) che, già nel 2021, rivelavano che le attività umane hanno innalzato di oltre un grado la temperatura terrestre a partire dall’800. Oltre il 99,9% degli articoli scientifici sottoposti a revisione paritaria, in realtà, è concorde nell’affermare che la crisi climatica è stata causata principalmente dalle attività umane. Se ad oggi negare il cambiamento climatico appare insomma più allarmante che ingenuo, a confermare ulteriormente la preoccupazione di chi ne teme gli effetti ci sono i numeri che, già da diversi anni, confermano che l’attività antropica ha aumentato le probabilità che gli eventi estremi come quelli di questa estate possano verificarsi sempre più spesso.
Ci si domanda allora su quali basi una parte dell’opinione pubblica continui strenuamente ad affermare che non vi sia alcuna emergenza, spesso, screditando anche chi prova a sensibilizzare sul tema. Guardando i dati, il negazionismo ambientale sembra oggi reggersi su fondamenta quantomeno incerte, che farebbero supporre ad un lettore prudente che chi lo professa possa in realtà essere mosso da motivazioni differenti da una semplice e disarmante incredulità. Volendo immaginare che l’interesse per la mera salvaguardia ambientale non sembri sufficiente a responsabilizzare in modo proattivo la nostra società, si potrebbe allora considerare un altro dato indicativo. Oggi, infatti, stiamo letteralmente morendo di caldo.
Nel 2022 ci sono stati più di 61.000 morti in Europa a causa del caldo estremo, con oltre la metà delle vittime di età superiore ai 79 anni. Questo, a riprova che gli effetti del cambiamento climatico non sembrano affatto riguardare solo i più giovani, come oggi viene talvolta ripetuto (senza spesso nascondere una certa avversione verso le nuove generazioni che, per ragioni culturali, sembrano essere più vicine al tema della salvaguardia ambientale).
Sempre nel 2022, inoltre, l’Italia è stata il primo paese per decessi dovuti al calore estremo, con 18mila morti. A rivelarlo, lo studio dell’Istituto di Barcellona per la salute globale, condotto in collaborazione con l’Istituto nazionale della sanità francese, e pubblicato su Nature Medicine. L’unico effetto del negazionismo ambientale, ad oggi, sembra essere quello di farci perdere altro tempo. Gli eventi climatici a cui stiamo assistendo sono gravi e destinati a peggiorare, se non verranno presi seri e prudenti provvedimenti da parte dei governi.
Lo screditamento della crisi sembra particolarmente grave non solo per la sua ostinata cecità davanti alla letteratura scientifica, ma soprattutto per l’intralcio che costituisce rispetto ad un concreto intervento. A scapito della notorietà del tema, infatti, ad oggi non sussiste un solido stato di consenso sociale attorno alla lotta al cambiamento climatico. Se davanti ai suoi effetti l’azione dei singoli pare essere poca cosa, non si può non tener conto che chi ha effettivamente il potere di influenzare le politiche ambientali può difficilmente ignorare l’opinione pubblica, quando questa è però compatta. Modificare le abitudini collettive ed il pregiudizio comune sembra essere l’unica strada per contrastare la crisi ambientale, se l’azione non è quella di minimizzare i danni, ma educare al cambiamento.
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