Detenuto in una cella di un istituto penitenziario
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Preoccupano i numeri dei suicidi e delle violenze nelle carceri, principale causa il sovraffollamento; predisposti i fondi per l’edilizia ma accesso negato alle misure alternative
I numeri hanno bisogno di pochi commenti: oltre 70 suicidi in cella dei detenuti e 6 suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria nel 2024. Tra coloro che si sono tolti la vita, 35 lo hanno fatto nei primi sei mesi di detenzione e 24 erano in attesa di primo giudizio. Principale, ma non unico, accusato è il sistema edilizio carcerario, con un sovraffollamento del 131,77%. La prigione è segnata da condizioni disumane e il sovraffollamento non è un dato statistico, ma una realtà che compromette la dignità dei detenuti e la sicurezza di chi lavora nelle carceri.
DETENUTI E SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI
Al 30 giugno 2024, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, risultavano 10 mila detenuti oltre la capacità massima consentita. Tutte le regioni italiane sono colpite dal sovraffollamento, tranne la val d’Aosta. Tra le regioni con almeno sette istituti penitenziari, gli standard di capienza sono rispettati in Toscana, Marche, Calabria e Sardegna. La Lombardia guida invece la classifica delle regioni con le maggiori criticità, con 2715 detenuti in eccesso, seguita dal Lazio con 1200. Veneto, Emilia-Romagna, Campania, Puglia, Lazio e Lombardia hanno un sovraffollamento delle carceri che supera i 700 detenuti.
I dieci penitenziari più sovraffollati arrivano a ospitare quasi il doppio dei detenuti rispetto alla capienza prevista, come nel carcere di Brescia. Celle sovraffollate, mancanza di igiene, attività educative minime e pasti con cibo insufficiente e pessimo. Per quanto riguarda gli agenti vanno aggiunti i turni massacranti e la costante esposizione alla violenza.
Come linea di tendenza al Nord troviamo sovraffollamento, con meno detenuti stranieri rispetto al Sud, ma il tasso di recidiva e la gestione dei tossicodipendenti rimangono problemi seri. Al Centro il sovraffollamento è meno grave ma aumentano le carenze strutturali. Al Sud la gestione carceraria è più problematica per la presenza della criminalità organizzata, che rende difficile mantenere l’ordine all’interno delle carceri.
LE REMS
A questi dati, relativi alle strutture ordinarie, dobbiamo aggiungere quelli delle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), che sono state istituite nel 2015 per sostituire gli Opg (Ospedali Psichiatrici Giudiziari), che ospitano detenuti affetti da gravi patologie psichiatriche che non possono essere trattenuti in carcere. Anche in questo caso troviamo una carenza di posti strutturale. In Italia ci sono solo 30 Rems, che nel 2023, con 632 posti occupati, avevano una lista di attesa di 675 detenuti. Nel 2022 la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per la scarsa disponibilità di posti nelle Rems. Due anni dopo nulla è cambiato. Secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, il 9,2% dei 65 mila detenuti in Italia soffre di disturbi psichici molto gravi e, tra loro, il 12,4% delle donne che vivono dietro le sbarre.
L’EDILIZIA CARCERARIA, I FONDI
Il governo Meloni ha stanziato 166 milioni di euro per la ristrutturazione delle carceri, con l’obiettivo di migliorare le condizioni delle strutture esistenti e adeguarle alle normative internazionali. Altri 250 milioni di euro sono invece destinati a un piano di edilizia carceraria più ampio, che include sia nuove costruzioni sia la creazione di nuovi posti per ridurre il sovraffollamento. Con questi fondi si punta a creare 7.000 nuovi posti detentivi. 36 milioni di euro sono stati invece stanziati per interventi nell’edilizia penitenziaria, tra cui la ristrutturazione di caserme per gli agenti, e l’efficientamento energetico delle strutture, oltre alla costruzione di due nuove scuole di formazione per la Polizia Penitenziaria.
Nuove strutture previste e potenziamenti in quelle già esistenti
Entro il 2025, sono previste nuove strutture a Viterbo, Civitavecchia e Nola.
A San Vito del Tagliamento, in provincia di Pordenone, è prevista la costruzione di un nuovo carcere con un investimento di 19 milioni di euro. Questo istituto contribuirà ad alleviare la pressione carceraria nella zona nord-est del Paese, fornendo circa 300 nuovi posti. A Forlì è stato approvato il progetto per un nuovo carcere da 255 posti, con un investimento di 28 milioni di euro. Nel Lazio, nelle strutture già esistenti di Civitavecchia e Viterbo, verranno costruiti due nuovi padiglioni, ognuno con una capacità di 80 posti, per un totale di 160 nuovi posti. Il costo complessivo dell’operazione è di 5 milioni di euro. A Tolmezzo, provincia di Udine, saranno recuperati 30 posti detentivi attualmente inagibili, grazie a un finanziamento di 1,3 milioni di euro.
Un nuovo carcere è previsto a Nola, nel napoletano, anche se il progetto e i fondi, 75 milioni di euro, per l’istituto di Boscofangone sono del 2017. Si tratterebbe, il condizionale è d’obbligo, visti i ritardi accumulati, del primo istituto penitenziario italiano basato sul modello scandinavo, privo di sbarre e mura perimetrali, con celle singole e strutture dedicate alla riabilitazione. La capienza prevista è di 1.200 detenuti, con la possibilità di espandersi fino a 2.400.
SOVRAFFOLLAMENTO CARCERI: GLI ISTITUTI PENALI PER MINORENNI
Questione ancora più delicata è quella degli Istituti Penali per Minorenni. A partire dal decreto Caivano, settembre 2023, che ha esteso la custodia cautelare per reati minori, ci sono stati 1.143 ingressi, il numero più alto degli ultimi quindici anni. All’inizio del 2024, secondo i dati di Antigone, erano presenti circa 500 detenuti nei 17 istituti minorili, il numero più alto registrato negli ultimi dieci anni. A balzare alle cronache per le violenze subite e compiute dai detenuti è spesso il Beccaria di Milano con 69 ragazzi, attualmente il minorile con il maggior numero di detenuti.
MISURE ALTERNATIVE, ACCESSO INSUFFICIENTE
I più critici tuttavia sostengono che costruire più carceri non risolverà il problema alla radice. Alla base dei suicidi e della violenza in carcere, oltre al sovraffollamento, ci sono le condizioni di detenzione. Il sovraffollamento è infatti il risultato di un sistema penale che non investe abbastanza nelle misure alternative alla detenzione. Nel 2023, solo il 5% dei detenuti ha avuto accesso a misure come la detenzione domiciliare o il lavoro esterno, una percentuale nettamente inferiore alla media europea. Aumentare il ricorso a queste misure può alleggerire la pressione sulle carceri e favorire un reale percorso di rieducazione.
Secondo uno studio del Cnel, l’adozione di misure alternative ha dimostrato di essere particolarmente utile. Il tasso di recidiva per chi accede a misure alternative, come la detenzione domiciliare o il lavoro esterno, è molto più basso rispetto a chi sconta l’intera pena in carcere. Il tasso di recidiva generale si attesta attorno al 70%, mentre scende al 2% tra i detenuti che riescono a ottenere un lavoro dopo il rilascio.
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