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Le Pen in testa al primo turno va verso la maggioranza; queste legislative sono le elezioni francesi più polarizzate degli ultimi anni


Dopo il primo turno delle legislative, il Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen è il primo partito francese con un risultato che sta tra il 33,5 e il 34,5%. Le stime ufficiali di ieri sera confermano al secondo posto, tra il 29 e il 31,5%, il Nuovo Fronte Popolare che raccoglie i vari pezzi della sinistra. I partiti che sostengono l’attuale governo, guidati da Ensemble e dal primo ministro Gabriel Attal, si attestano tra il 19 e il 23% evitando la debacle annunciata. I repubblicani, partito di ispirazione gollista che ha subito la scissione di Eric Ciotti, passato armi e bagagli con Le Pen, restano agganciati al 6,7 – 10%: difficilmente entreranno nei ballottaggi ma il loro consenso potrà risultare utile negli accordi in vista del secondo turno.

Hanno un rilievo internazionale per molteplici motivi. Riguardano in primo luogo una nazione di grande rilevanza economica in Europa. Basti pensare che è il secondo Paese dell’UE per Prodotto Interno Lordo; vanta una grande rilevanza sul fronte industriale: si pensi al dominio incontrastato a livello globale dell’industria del lusso francese, la grande importanza della sua industria aerospaziale – con Airbus, del sistema dei trasporti per non dimenticare la straordinaria rilevanza del sistema agro-alimentare. L’incertezza causata da un condominio tra un Presidente e un primo ministro di schieramenti opposti potrebbe determinare pertanto difficoltà economiche non soltanto in Francia ma determinare un significativo indebolimento di uno dei principali motori europei, con conseguenze negative per molti paesi del Vecchio Continente.

Il primo turno delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, sciolta da Macron dopo le elezioni europee del 9 giugno scorso, ha interessato oltre 49 milioni di francesi chiamati al voto per scegliere 577 deputati nazionali e registra un’affluenza da record: tra il 67,5% e il 69,7%, mai così alta da decenni. L’affluenza record si spiega per due ragioni: in primo luogo, queste elezioni legislative non sono state precedute dalla sfida presidenziale che, di norma, esercita un effetto di trascinamento del voto a vantaggio del presidente eletto con una parte dei delusi che nemmeno va a votare.
Stavolta la partita è aperta. In secondo luogo, ci troviamo di fronte alle elezioni francesi più polarizzate degli ultimi anni con la crescita esponenziale delle ali estreme dello schieramento assembleare, con i populisti di destra che sfiorano la maggioranza assoluta e con i populisti di sinistra che hanno la quota di maggioranza sulla coalizione di ‘salvezza nazionale’ incarnata dal Nuovo Fronte Popolare. Una situazione che stimola nei cittadini l’idea che ciascun voto è decisivo.

Le stime del consenso dei principali partiti politici diffuse ieri sera sono aderenti alla realtà, ma è troppo presto per conoscere il numero di seggi che saranno assegnati a ciascun partito solo al secondo turno. L’esito del secondo turno è tutta un’altra storia: dipende in gran parte dalla situazione specifica in ciascuna delle 577 circoscrizioni elettorali. Pure l’aumento dell’affluenza alle urne complica notevolmente le cose per i sondaggisti. Per la legge elettorale francese, più alta è l’affluenza, più è probabile che ben tre candidati possano presentarsi al secondo turno. Salvo casi eccezionali (quando c’è un candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti espressi e, allo stesso tempo, un numero di voti pari ad un quarto del numero degli elettori iscritti), in ciascun collegio si andrà al ballottaggio – il 7 luglio – tra i due (o più) candidati più votati.

Al ballottaggio, però, possono partecipare solo i candidati che abbiano ottenuto un numero di voti superiore al 12,5% degli elettori iscritti. Il fatto che questo speciale quorum sia riferito non ai voti espressi, ma al numero degli elettori iscritti, lega la percentuale di voti da ottenere al dato dell’affluenza. Visto che più del 50% dei francesi si è recato a votare, la soglia minima sarà del 25% circa dei voti validi. Tendenzialmente il secondo turno si svolge tra due candidati, ma se ne può aggiungere un terzo (o anche un quarto) purché superi il quorum. Se un solo candidato supera la soglia del 12,5% (degli iscritti), ci sarà ugualmente il ballottaggio contro il candidato “sotto soglia” più votato. Se il 12,5% non viene raggiunto da nessuno dei candidati, al secondo turno si scontreranno i due candidati più votati.

Pertanto, potrebbe esserci in molti casi una competizione a tre e non a due. Una situazione che porterà sicuramente alla definizione di accordi e ‘desistenze’. La più facile da pronosticare è quella tra Ensemble, il partito di Macron, e Place Publique (PP), il partito neosocialista di Raphaël Glucksmann. Ma questo potrà avvenire soltanto in quei collegi in cui ci sono i candidati macronisti (che non si presentano in 100 collegi su 577). Oppure in quei collegi dove sono candidati gli esponenti socialisti di PP i quali, nell’ambito degli accordi di coalizione con La France Insoumise si sono divisi nettamente i collegi. Viceversa, è assai improbabile che possano esserci desistenze tra il partito del presidente e quello di Jean-Luc Mélenchon, che ieri ha gioito pubblicamente per la sconfitta della maggioranza uscente.

Per avere il quadro complessivo delle desistenze (che saranno decise a livello locale) e, di conseguenza, per fare delle previsioni fondate sul secondo turno, bisognerà attendere fino a martedì alle 18. In ogni caso, al di là dell’onda positiva delle europee, la maggioranza assoluta per Marine Le Pen non pare più un obiettivo realizzabile. Al secondo turno è infatti probabile una ulteriore concentrazione del voto in funzione anti-LePen. Senza maggioranza assoluta il governo del Rassemblement National risulta assai improbabile visto che nessuno degli altri partiti sarebbe disponibile a correre in soccorso della destra estrema. Si creano così le basi per la costituzione di un governo tecnico che, inevitabilmente, si muoverebbe in uno spazio centrale degli schieramenti e potrebbe riqualificare il ruolo del presidente. È vero che, per la costituzione francese, il governo non avrebbe bisogno della fiducia dell’assemblea, tuttavia l’esito possibile assomiglia molto alla ‘italianizzazione’ della politica transalpina.

Il risultato dimostra che,al di là delle numerose accuse di narcisismo e di avventatezza, Emmanuel Macron aveva ragione a sciogliere l’Assemblea nazionale. Alle elezioni europee del 9 giugno 2024 i partiti francesi di estrema destra hanno ottenuto un punteggio di quasi il 37%. Lasciando così le cose, senza una maggioranza reale effettiva e con una destra populista sempre più spavalda, nel corso dell’ultimo tratto della sua presidenza Macron si sarebbe logorato giorno dopo giorno, preparando così un tappeto rosso per la vittoria di Marine Le Pen alle prossime presidenziali. Adesso il suo contestato azzardo potrebbe dare i suoi frutti.


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