INDICE DEI CONTENUTI
La violenza di genere è un’emergenza sempre più grande. E secondo l’Istat il 90% delle donne subisce violenza in famiglia
In Italia, sono già 96 le donne uccise in ambito familiare o affettivo, secondo l’ultimo Report del Ministero dell’Interno, nel periodo che va dal 1° gennaio 2024 al 3 novembre 2024, di cui 82 in ambito familiare e affettivo, 51 uccise da partner o ex.
Secondo l’Osservatorio Non Una di Meno, sarebbero 104 i femminicidi lesbicidi trans*cidi: si tratta, nello specifico, di 87 femminicidi, 5 suicidi di donne cis, 1 suicidio di un uomo trans, 1 suicidio di un uomo cis e 10 casi in fase di accertamento. Sono tutte morti indotte da violenza di genere e etero-cis-patriarcale. Ci sono, inoltre, almeno altri 44 tentati femmicidi.
Secondo i più recenti dati Istat, il 90% delle donne subisce violenza da parte di un famigliare; il 74% dei maltrattanti sono mariti, conviventi, fidanzati o ex e il 68% sono di nazionalità italiana.
Da novembre 2023, in seguito al femminicidio di Giulia Cecchettin, la percezione della violenza contro le donne è cambiata: non più qualcosa che capita solo alle altre, bensì qualcosa che può accadere a chiunque e su cui non bisogna più tacere. Lo dimostra l’aumento delle chiamate al numero antiviolenza 1533: nel primo trimestre le chiamate valide sono state oltre 17.800 (+82,5% rispetto allo stesso periodo del 2023), nel secondo trimestre si sono attestate a circa 15mila (+57%), mentre nel terzo trimestre i dati sono in linea con i trimestri precedenti. Nei primi nove mesi del 2024 sono aumentati anche i reati sul web contro la persona come stalking (140 casi), revenge porn (200) e sextortion – l’estorsione sessuale (1200) – questi ultimi in crescita del 9%.
Molte persone non denunciano e il sommerso è più elevato di quanto si possa immaginare.
COSA PENSANO E DICONO GLI UOMINI
Un adolescente su quattro, nel mondo, subisce maltrattamenti dal partner. Secondo i dati preliminari dell’indagine Istat sugli stereotipi di genere e l’immagine sociale della violenza, il 2,3% del campione intervistato ritiene accettabile che “un ragazzo schiaffeggi la sua fidanzata perché ha civettato/flirtato con un altro uomo”; quasi il doppio (4,3%) considera tollerabile che “in coppia ci scappi uno schiaffo ogni tanto”, il 10,2% dichiara di accettare il controllo dell’uomo sulla comunicazione della partner. Un intervistato su 5 condivide gli uomini siano “meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche” (21,4% in media, 24,6% tra i maschi), che una donna abbia bisogno dei figli per essere completa (20,9%, 24,2% tra gli uomini) e che il successo nel lavoro sia più importante per l’uomo (20,4%, in questo caso senza particolari differenze di genere).
Mentre più donne che uomini ritengono che sia compito delle madri seguire i figli e occuparsi delle loro esigenze quotidiane. Quasi un uomo su 5 pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire; un decimo degli intervistati, senza particolari differenze tra donne e uomini, attribuisce alla donna la responsabilità – almeno parziale – della violenza sessuale quando essa è ubriaca o sotto l’effetto di sostanze.
Di fronte alle violenze, attribuite da oltre 3 intervistati su 4 alla considerazione della donna come oggetto di proprietà (83,3%) e al bisogno dell’uomo di sentirsi superiore alla moglie/compagna (75,9%), appare evidente la necessità di iniziative culturali ed educative per superare stereotipi radicati, a partire dai più giovani, sin da piccolissimi, e dalla scuola.
UNA SOTTOVALUTAZIONE DEL FENOMENO
Come ci conferma la psicologa e psicoterapeuta Emanuela Rocco: «Ciò che vedo spesso nei ragazzi, sia nelle scuole che nella clinica, è una certa sottovalutazione del fenomeno. I più giovani parlano di gelosia, che è in realtà possessività, tendenza a rinchiudere la persona tra quattro mura e allontanarla dalle relazioni, isolandola anche dalla famiglia. Il primo passo da compiere è quello di parlare con i più giovani: noi adulti – intesi come scuola, istituzioni, responsabili di mezzi di comunicazione – dobbiamo spiegare loro quali sono gli elementi cui prestare attenzione. Serve uno sforzo educativo e di informazione. I ragazzi sono molto chiusi in loro stessi: dobbiamo essere noi a bussare alla loro porta, a coinvolgerli».
Un esempio? «Dobbiamo esporli alle esperienze e informazioni, anche attraverso la visione di film per esempio. Servono poi progetti di sensibilizzazione sulla violenza tra pari, di genere, contro il bullismo, soprattutto all’interno delle scuole. Vedo con i miei occhi una gran richiesta di supporto da parte degli insegnanti e dei genitori, che spesso chiedono alla scuola di fornire loro gli strumenti per avvicinare i ragazzi. E questi tentativi devono essere fatti in qualunque luogo si svolga il contatto tra adulti e ragazzi. Anche i giovani possono supportarsi tra di loro, rivolgendosi a un adulto di riferimento qualora temessero una situazione di pericolo per un amico o un’amica».
I CAMPANELLI D’ALLARME
Ma quali sono i campanelli d’allarme cui prestare attenzione? «Certamente, come accennavo, la chiusura relazionale e la mancanza di interessi. I ragazzi trascorrono le loro giornate tra la scuola, che è obbligatoria, e i device. Manca l’interesse a fare altro. Occhi aperti anche sui comportamenti autolesionisti, sul rapporto con il cibo e sui disturbi del sonno».
Come vivono oggi i più giovani le relazioni e la sessualità dal suo punto di vista? «Vedo un aumento esponenziale di richieste di aiuto perché i ragazzi sono o si sentono soli. Anche la sessualità è cambiata: c’è stato un abbassamento degli incontri sessuali tra i più giovani e anche le relazioni viaggiano online. Mi chiedono spesso cosa voglia dire avere una “relazione sana”, oppure cos’è l’amore? Non lo so neanche io, non credo ci sia una definizione univoca di amore, ma consiglio sempre di domandarci come stiamo? Siamo felici? Sentiamo di poter esprimere realmente chi siamo o dobbiamo scendere a patti con noi stessi per stare con l’altro? Ecco, se emerge questo gap c’è qualcosa che non va. E possiamo chiedere aiuto».
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA