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Se Cristo si è fermato a Eboli, le infrastrutture lo hanno fatto 33 chilometri più su: a Salerno, capolinea dell’alta velocità e del grosso della rete autostradale italiana.
Una riedizione della linea Gustav a tagliare lo Stivale in due, un Nord ben collegato con l’Europa e un Sud da a cui a malapena si riesce a raggiungere il resto del Paese.
I danni per la macroregione sono incalcolabili. Pensiamo al turismo: il Mezzogiorno è ricco di città d’arte, di poli culturali e di località marittime famose in tutto il mondo. Il flusso di visitatori è continuo e non riguarda solo l’estate. Basti pensare che – come riportato qualche giorno fa dal Quotidiano del Sud citando i dati del sito di viaggi Jetcost – 5 delle 20 mete più ricercate dagli italiani per trascorrere l’ultimo Capodanno erano città del Sud: Napoli, Catania, Palermo, Bari e Lamezia Terme, con le prime due posizionate addirittura sopra Roma.
La domanda, insomma, non manca. Lo stesso vale per le produzioni cinematografiche e televisive che hanno scelto le località meridionali come scenografia delle loro storie. Ragusa Ibla è la Vigata del Commissario Montalbano, mentre la costiera amalfitana ha fatto da sfondo a numerose fiction. Quanto a Matera, non solo fa da cornice a una serie di successo come “Imma Tataranni – sostituto procuratore”, ma ha ispirato registi come Pierpaolo Pasolini e Mel Gibson, che ne hanno fatto la loro Gerusalemme in “Vangelo secondo Matteo” e “Passion”.
L’esempio di Matera è emblematico: meraviglia di antiche origini, Capitale europea della Cultura 2019, gravemente penalizzata dai collegamenti. Per raggiungerla da Salerno, Trenitalia ha attivato un servizio di navetta (Freccialink) che percorre i quasi 200 chilometri di rete stradale fra le due città in circa tre ore. Due in meno di quanto impiega un pendolare a spostarsi da Milano a Torino con l’alta velocità (126 km in linea d’aria). Vanno di traverso anche le gite fuoriporta.
Volete sapere quanto ci vuole in treno a percorrere i circa 60 chilometri che separano Bari e Matera? Ve lo diciamo: quasi 2 ore con un regionale che, che fra l’altro, non viaggia nei festivi.
In altre regioni del Sud il quadro non cambia. Per andare da Catanzaro a Taranto bisogna cambiare treno almeno una volta, mentre i tempi di percorrenza possono andare dalle 4 ore mezza a quasi 6. Questo significa che nella migliore delle ipotesi il pendolare impiegherà circa 1 ora e mezza in più delle 3 e 10 necessarie per muoversi da Roma a Milano con il diretto, oltretutto per una tratta più lunga. Torniamo a Salerno e immaginiamo di voler raggiungere Palermo.
In automobile ci metteremmo più o meno 7 ore e mezza, mentre in treno il timing si alza – con la soluzione migliore in termini di velocità – a 8 ore e mezza. Poco meno di quanto di vuole per volare da Roma e New York.
Restiamo in Sicilia: circa 133 chilometri separano Palermo e Agrigento. Ma una distanza media diventa proibitiva in assenza di infrastrutture valide. Sia con l’auto che con il treno ci vogliono più o meno 2 ore e 10, salvo imprevisti e ritardi. Tre, invece, sono necessarie per spostarsi da Palermo a Catania con il regionale. E ancora: per andare da Cosenza e Crotone col regionale servono, quando va bene, 3 ore.
Va da sé che per qualunque imprenditore investire al Sud, in queste condizioni, è praticamente impossibile. E questo richiama le gravi responsabilità di uno Stato centrale che continua a condannare all’isolamento una parte consistente del suo territorio. Dove ciò non avviene le cose funzionano.
Prendiamo Napoli: alta velocità, scalo aereo internazionale, hub marittimo di livello europeo e una metropolitana funzionante e fra le più belle al mondo. Anche così il capoluogo partenopeo ha costruito il suo rinascimento, specie nel turismo.
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