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ANDREA Prato non ha dubbi sulle energie rinnovabili: «Le comunità energetiche sono l’ultimo treno per unificare il Paese». Il direttore di Rete Albatros, studio che offre servizi di consulenza per enti e imprese, particolarmente attivo per la transizione ecologica, parla con il Quotidiano del Sud e spiega i vantaggi per il nostro Paese delle comunità energetiche e dalla produzione di energia da fonti rinnovabili.

L’Italia va a due velocità. Eppure, direttore Prato, il Sud ha in mano la vera chiave di volta per l’intero Paese.

«Fonti ufficiali governative asseriscono che in Italia consumiamo circa 310 TeraWatt/h di energia elettrica, di cui due terzi prodotta dal fossile. L’obiettivo sottoscritto in sede ONU/UE è di arrivare a 200 TeraWatt/h di energia dalle rinnovabili nel 2030. In riferimento a dati ufficiali del MASE, la proiezione di fabbisogni energetici al 2050 porta a ritenere che occorrano 600/700 TeraWatt/h di energia “pulita”, senza che vi sia alcuna possibilità di raggiungere questo risultato prima dell’entrata in esercizio dei così detti “small reactor” a fusione nucleare che ottimisticamente potrebbero entrare in esercizio dopo il 2060/70. Solo il Sud può salvare il paese dal ritorno al medioevo perché i “giacimenti” dove produrre energia solare e eolica non sono certo a nord. Ma il Sud deve avere la forza di trattenere almeno metà dell’energia prodotta per attrarre investimenti che generino occupazione».

Come può accadere tutto questo? Facile a dirsi ma difficile a farsi.

«La regione Veneto ha preteso l’autonomia differenziata ma per quanto riguarda il costo dell’energia non ha fatto bene i conti: oggi il costo dell’energia al sud è molto più basso che al nord, tuttavia, per la coesione del paese, il prezzo che pagano imprese e famiglie è unico per tutta la nazione (si chiama PUN). Dall’anno prossimo questo astruso meccanismo di calcolo andrà in pensione e nei prossimi anni per le imprese energivore sarà molto più conveniente produrre al sud o nelle isole. Guardando la schermata odierna del portale GME, il famigerato PUN è 88,96 centesimi, ma quello al quale i produttori di energia immettono in rete è molto differente: 93,20 a nord, 68,20 al sud e solo 45,89 in Sardegna. Dunque, vengono penalizzate le imprese che risiedono al sud e in Sardegna perché nonostante l’energia costi meno che al nord, la pagano come fossero a Milano o Verona. Dall’anno prossimo il prezzo di vendita potrà essere differenziato, rendendo molto più conveniente produrre al sud».

Andrea Prato

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha approvato il 24 febbraio scorso le regole operative relative al decreto CER (Comunità per le energie rinnovabili), grazie al quale si potranno finalmente presentare le richieste per i tanto attesi contributi a fondo perduto del PNRR. Finalmente si può partire?

«Una scossa all’avvio dei progetti, frenati dalle troppe incertezze causate dalla tardiva operatività dello strumento. Le regole operative risolvono fortunatamente molte perplessità, come ad esempio quelle legate ai fondi PNRR per le CER situate nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. Ma lasciano ombre sulla forma giuridica della CER, sull’individuazione delle aree idonee, sul potere che le Regioni esercitano per frenare la transizione energetica e sulla situazione della rete elettrica nazionale. Si spera che l’arduo compito non resti in capo ai soggetti che avranno avuto il coraggio di osare in questa prima fase di sviluppo delle CER».

Cosa possiamo aspettarci dopo l’apertura del portale Gestore dei Servizi Energetici GSE che permette di presentare le richieste per i tanto attesi contributi a fondo perduto PNRR e per gli altri incentivi?

«Finalmente si parte, ora bisogna correre per non perdere gli incentivi. Il portale rimarrà aperto sino al 2025, dunque le tempistiche danno la possibilità di completare i progetti e presentare le domande di incentivazione, evitando corse inutili che quasi sempre portano a commettere errori che rendono vane le corse stesse, se non altro per chi presenterà i progetti nel 2025».

Chi saranno i maggiori beneficiari delle CER e delle energie rinnovabili?

«Fortunatamente saranno soprattutto enti pubblici, famiglie e imprese, ovvero, la vera struttura che regge il Paese e che ha tanto bisogno di questo strumento. Le CER sono soggetti giuridici senza scopo di lucro con finalità ultima quella di concorrere al conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 e portare benefici al territorio in termini di opportunità lavorative e welfare. Inoltre, parte degli incentivi deve essere necessariamente destinata al miglioramento della vita dei soggetti più fragili».

Come rete Albatros, con quanti soggetti (Comuni, Diocesi, ecc.) state operando?

«La rete Albatros ha ottenuto oltre 90 incarichi da parte di enti pubblici, ben prima della spinta portata dalla pubblicazione delle regole operative. Siamo impegnati anche con numerose CER private, soprattutto in ambito grandi imprese».


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