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Il gasdotto libico dell'Eni

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NELL’ultimo anno il tema della diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas naturale ha dominato l’agenda politica dei Paesi europei. Per ridurre la dipendenza da Mosca, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, è stato naturale rivolgersi anche ai Paesi nordafricani, tradizionali fornitori di gas dei mercati europei, oltreché agli Stati Uniti e al Qatar per il gas naturale liquefatto. Rappresentanti delle istituzioni europee, Capi di governo, ministri degli Affari Esteri e dell’Energia hanno fatto la spola tra le capitali europee e quelle di alcuni Stati africani per stringere accordi volti ad aumentare le esportazioni di gas e lo sviluppo di nuovi progetti.

L’Italia, già con il Governo presieduto da Mario Draghi e con quello in carica guidato da Giorgia Meloni, è stata molto attiva nella stipula di nuovi accordi o per potenziare quelli già in essere con i Paesi nordafricani (Algeria, Libia ed Egitto) e dell’Africa meridionale (Mozambico e Angola) e con l’Azerbaijan, legando l’obiettivo della diversificazione degli approvvigionamenti con l’ambizione di emergere come hub energetico per l’Europa.

A un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, quanto annunciato dai Governi europei e promesso dai Paesi produttori del Nord Africa è effettivamente arrivato nella rete di distribuzione dell’UE? Quali sono i principali ostacoli che si frappongono ancora oggi a un pieno sfruttamento del potenziale di produzione ed esportazione degli Stati della regione? All’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, l’attenzione si è rivolta innanzitutto all’Algeria, tradizionale fornitore di gas all’Europa. Nel 2021 il Paese nordafricano aveva esportato nell’UE 55 miliardi di metri cubi di gas (Gmc), risultandone il terzo fornitore e coprendo l’11,6% dell’import europeo. Il Paese è connesso sia all’Italia tramite il gasdotto Transmed, che collega i giacimenti di Hassi R’Mel con Mazara del Vallo (Trapani) dopo aver attraversato la Tunisia, sia alla Spagna, tramite due gasdotti: il Maghreb-Europe e il Medgaz che collega direttamente Hassi R’Mel con Almeria. Dall’inizio del conflitto ad Algeri hanno fatto la corte in tanti. L’Italia tra questi. Le relazioni fra Roma e Algeri tradizionalmente “eccellenti”, hanno visto un’intensificazione senza precedenti, diventando prioritarie nell’agenda di politica estera del nostro Paese. I principali gruppi energetici dei due Paesi, Eni e Sonatrach, si sono impegnati per aumentare ulteriormente le esportazioni verso l’Italia di 9 Gmc all’anno entro il 2024, di cui 4 entro la fine del 2022. Anno in cui Algeri si è affermata come principale esportatore di gas naturale in Italia.

Le forniture di gas algerino verso l’Italia hanno raggiunto i livelli (25 Gmc) più alti dal 2010. Il potenziale di Algeri come fornitore di gas naturale ne ha notevolmente accresciuto il peso nella geopolitica dell’energia europea. Proprio questa rinnovata centralità solleva però interrogativi sullo stato di salute del settore dell’industria degli idrocarburi algerina. Nel 2022 c’è stata una riduzione pari al 9,6% del volume di esportazioni algerine di gas (sia via tubo, sia sotto forma di gas naturale liquefatto), che si sono fermate a quota 49 Gmc rispetto ai 54 dell’anno precedente. Nel 2022, l’Algeria non ha quindi incrementato la sua quota del gas importato dall’Europa, che resta all’11,6%, come nel 2021. Anche la stessa fornitura record arrivata in Italia rischia di rivelare alcune delle debolezze del settore. Innanzitutto, dei 4 Gmc supplementari promessi per il 2022 ne sono effettivamente arrivati circa 2,4 Gmc poco più della metà. Il Transmed continua poi a operare al di sotto della piena capacità (circa 30 Gmc): 23,6 Gmc sono arrivati a Mazara del Vallo nel 2022.

L’anno appena trascorso ha visto comunque l’avvio di nuovi progetti, anche nel quadro della nuova legge sugli idrocarburi approvata nel 2019, e la promessa di nuovi investimenti. La visita del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, lo scorso 23 gennaio, rappresenta un’ulteriore dimostrazione della centralità di Algeri nella strategia energetica italiana e per il cosiddetto “Piano Mattei per l’Africa”, la cui definizione sembra ancora in divenire. Pochi giorni dopo la visita in Algeria il Presidente del Consiglio si è recato per la prima volta in Libia, a Tripoli, per un incontro con il Primo ministro del Governo di unità nazionale, Abdel Hamid al-Dabaiba. In questa occasione Eni e la National Oil Corporation hanno siglato un accordo del valore di circa 8 miliardi di dollari per avviare lo sviluppo di due giacimenti di gas, denominati “Struttura A” e “Struttura E”, al fine di aumentare la produzione di gas per il mercato interno libico e le esportazioni verso l’Europa. La produzione di gas dovrebbe partire entro il 2026.

Nel 2022 c’è stata una riduzione del 20% delle forniture verso l’Italia, assestatesi intorno ai 2,6 Gcm, un livello molto limitato rispetto alla capacità del gasdotto Greenstream, che collega la Tripolitania con Gela (circa 11 miliardi di Gmc). Nonostante non possa essere ancora considerata come una componente centrale nella strategia di riduzione della dipendenza da Mosca, la Libia dispone delle quinte riserve di gas naturale più significative del continente africano. Anche l’Egitto è stato coinvolto negli sforzi di diversificazione degli approvvigionamenti energetici. Il Paese, dopo anni di declino nella produzione di gas e il rapido aumento del consumo interno, ha ritrovato lo status di esportatore netto di gas naturale nel 2019 ed è oggi il terzo più grande produttore di gas in Africa. Se con Algeria e Libia il rafforzamento della cooperazione energetica è stato principalmente condotto dalla diplomazia italiana, con l’Egitto, si è assistito a un maggiore coinvolgimento delle istituzioni europee. Nel giugno 2022 UE, Israele ed Egitto hanno firmato un memorandum of understanding con cui i due Paesi si impegnano a lavorare collettivamente per una fornitura stabile di gas naturale al mercato europeo. Il gas egiziano e israeliano dovrebbe raggiungere i mercati UE tramite i terminal di liquefazione di Idku e Damietta. Il memorandum segue l’accordo sottoscritto da Eni e il gruppo egiziano Egas nell’aprile 2022, che prevedeva la massimizzazione della produzione di gas e delle esportazioni di Gnl verso l’Italia e l’Europa, aumentando i volumi fino a 3 Gmc. Al momento non sono però disponibili dati sulla effettiva realizzazione di questo impegno, anche se sappiamo che nel primo semestre dello scorso anno a Europa e Turchia è stata destinata una quota del 69% delle esportazioni di Gnl, in aumento rispetto agli anni precedenti. Le ambizioni del Paese come esportatore di gas risultano però limitate da alcuni fattori, fra cui l’elevata domanda interna (i consumi assorbono oltre il 90% della produzione), fra l’altro destinata a crescere visto l’alto tasso di crescita demografica. Proprio la crescita della domanda interna la scorsa estate ha motivato la decisione di interrompere le esportazioni dal terminal di Idku per due mesi. Inoltre, la produttività di alcuni giacimenti si è rivelata inferiore e il loro sfruttamento più problematico rispetto alle previsioni iniziali.

A livello europeo, risultati tangibili della strategia italiana verso i Paesi nordafricani non saranno visibili prima dei prossimi due anni quando gli investimenti promessi cominceranno a tradursi in un aumento della capacità di produzione e di esportazione. In Algeria molto dipenderà dallo sviluppo di nuovi progetti infrastrutturali ed estrattivi, in Egitto dalla capacità di trasformarsi in hub, esportando non solo il gas prodotto in loco ma anche quello dei Paesi circostanti, come Israele. In Libia, l’aumento delle esportazioni e l’ammodernamento dell’industria degli idrocarburi dipenderanno dagli sforzi di pacificazione e da una maggiore stabilità politica. Infine, gli accordi con Mozambico, Angola e Azerbaijan sono in corso di implementazione avendo come orizzonte temporale di scadenza quello del 2024.


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