6 minuti per la lettura
Gli idrocarburi sono stati la linfa vitale dello sviluppo economico degli ultimi cento anni. Il conflitto in Ucraina ha, però, confermato per l’ennesima volta la dipendenza delle economie europee dalle fonti energetiche fossili. Pertanto per ritrovare shock energetici comparabili a quelli degli ultimi mesi, bisogna ritornare agli anni Settanta quando il petrolio passò da 3 a più di 40 dollari al barile. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, in seguito alla riduzione delle forniture di gas russo, l’Unione europea ha dovuto approvvigionarsi da altri fornitori contribuendo a un’impennata dei prezzi del gas che, in alcuni giorni, sono addirittura decuplicati rispetto all’inizio del 2021.
Fra le misure indicate dall’Unione Europea per ridurre la dipendenza dal gas russo, che nel 2021 ha fornito il 45% del nostro import, è stato proposto, tra l’altro, il massiccio incremento del contributo di fonti rinnovabili.
Nel 2008 l’UE si era proposta l’obiettivo di fornire un contributo del 20% di fonti rinnovabili al nostro mix energetico entro il 2020. Anche se i dati del 2020 devono essere presi con cautela per gli effetti della pandemia sulle nostre economie e sui consumi energetici, l’obiettivo è stato raggiunto, e addirittura superato, con un contributo delle rinnovabili pari al 22%.
Obiettivi più ambiziosi erano stati posti per il decennio successivo e nel 2018 era stato approvato un obiettivo di 32% di rinnovabili da raggiungere entro il 2030.
Nel 2019 la Commissione europea, presieduta da Ursula von der Leyen, ha lanciato il Green Deal con obbiettivi energetici e climatici ancora più ambiziosi. Il Piano Verde ha quindi richiesto una profonda revisione delle politiche energetiche e climatiche dell’UE contenuta in gran parte nel pacchetto Fit for 55 (Pronti per il 55%) anche Green Package del 14 luglio 2021. In particolare, includeva la revisione della Direttiva sulle rinnovabili che ne aumenta il contributo ai nostri consumi dal 32 al 40% entro il 2030. Nel marzo 2022, nell’ambito delle misure proposte da REPowerEU, per ridurre la dipendenza dal gas russo, l’obiettivo per le rinnovabili al 2030 è stato ulteriormente innalzato al 45%.
Le fonti rinnovabili hanno innegabili pregi, contribuendo a ridurre le nostre emissioni di gas a effetto serra, diminuendo le importazioni di combustibili fossili da Paesi terzi, aumentando di conseguenza la nostra sicurezza energetica. Bisogna però interrogarsi sulla credibilità di obiettivi per le rinnovabili che aumentano ogni due anni e che prevedono di più che raddoppiare il loro contributo dal 22 al 45% in meno di un decennio. Infine, è lecito domandarsi se la transizione da idrocarburi verso le rinnovabili non si traduca in un passaggio dalla dipendenza da fornitori di idrocarburi a una dipendenza nei confronti di nuovi fornitori che potremmo definire “ElettroStati”.
Dai PetroStati agli ElettroStati. Negli anni ‘70, il potere dei PetroStati si poteva ricondurre alle politiche di controllo della produzione di petrolio da parte dell’OPEC, un oligopolio che controllava circa la metà della produzione mondiale di greggio. A tutt’oggi l’OPEC+, un accordo fra l’OPEC e altri produttori guidati dalla Russia, controlla circa la metà della produzione petrolifera globale.
Il margine di manovra di questo cartello è però ridotto dal fatto che l’accordo include 23 Paesi con interessi variegati e con aspettative diverse sul prezzo del petrolio. Inoltre, dopo gli shock petroliferi del 1970, i Paesi importatori di petrolio (UE e membri dell’Agenzia Internazionale dell’Energia) si sono dotati di un sistema di riserve strategiche di petrolio che arrivano a coprire 90 giorni di importazioni. Tali scorte sono già state utilizzate in caso di interruzioni di approvvigionamenti di petrolio contribuendo a limitarne la volatilità dei prezzi.
Per il gas la congiuntura è più critica in quanto non esistono scorte strategiche a livello europeo anche se alcuni Paesi virtuosi come l’Italia dispongono di riserve. Inoltre, non abbiamo di fronte un variegato oligopolio come l’OPEC+, ma la Russia che non esita a utilizzare spregiudicatamente le sue risorse energetiche per perseguire obiettivi geopolitici. La criticità è aggravata dal fatto che il gas, al contrario del petrolio, viaggia in prevalenza in gasdotti che creano un legame quasi inscindibile fra fornitori e consumatori. Questo è il motivo per cui la sostituzione degli approvvigionamenti di gas russo si sta rivelando così complessa e costosa.
Considerando adesso la potenziale criticità delle fonti rinnovabili possiamo dire che la Cina gioca in questo settore un ruolo preponderante. Produce circa il 45% delle turbine eoliche, il 70% dei pannelli solari, e delle batterie e il 60% delle Terre rare, elementi fondamentali dell’industria delle rinnovabili. Naturalmente la realtà è più variegata. Per esempio, il Sud Africa controlla più del’80% della produzione di iridio e altri Paesi hanno un ruolo preponderante nella produzione di alcune terre rare. Tuttavia, globalmente la Cina è indubbiamente il player più importante del mercato in questo settore e si può aneddoticamente ricordare che già nel 1992 Deng Xiaoping aveva predetto: “Il Medio oriente ha il petrolio, noi i metalli rari”.
C’è dunque da domandarsi se la transizione energetica, con il connesso aumento delle rinnovabili, non ci esponga al rischio di rimpiazzare un inaffidabile fornitore di gas come la Russia con un quasi monopolista delle rinnovabili come la Cina.
Come mitigare la nostra dipendenza dall’ElettroStato cinese. Anche se molti se lo augurano, la transizione energetica non avverrà repentinamente. Come definito dall’Agenzia Internazionale per le Rinnovabili “la transizione è una trasformazione del settore energetico […] fino alla neutralità carbonica da raggiungere nel 2050”. L’Unione europea ha quindi davanti a sé quasi tre decenni per attrezzarsi e competere in un mondo dove le rinnovabili avranno un ruolo sempre più rilevante.
In primo luogo, bisogna rimpatriare almeno in parte le produzioni della filiera rinnovabile. Questo fenomeno sta già avvenendo: la società svedese Northwolt sta completando tre grandi fabbriche con l’obiettivo per il 2030 di produrre, 150 GWh di batterie che potrebbero alimentare 2 milioni di auto elettriche. In Italia, il progetto TANGO porterà la fabbrica di pannelli fotovoltaici di Enel Green Power a Catania ad aumentare di 15 volte la capacità di produzione fino a 3.000 MW/anno.
In secondo luogo, è necessario applicare il concetto di economia circolare alla filiera delle rinnovabili, concependo delle produzioni che spingano al massimo sul riuso e il riciclo degli elementi della filiera, in particolare le terre rare.
In terzo luogo, si dovrebbe, se necessario, stabilire delle scorte strategiche europee di elementi fondamentali della filiera rinnovabile sul modello delle scorte strategiche di petrolio. Tali scorte costituirebbero una salvaguardia in caso di rotture degli approvvigionamenti da fornitori che volessero abusare della loro posizione dominante. C’è infine un ruolo per la diplomazia: nei nostri rapporti con l’ElettroStato cinese dovremmo adottare un approccio europeo. Un recente non paper recente di Bruxelles avverte che la Cina sta diventando un concorrente sempre più agguerrito in vari settori tecnologici. Il documento raccomanda che gli Stati europei abbiano un approccio coerente e coordinato nei confronti di Pechino.
L’Unione Europea ha stabilito un obiettivo di neutralità carbonica al 2050 e ciò richiederà un aumento massiccio delle rinnovabili. Dobbiamo quindi evitare che tale aumento rimpiazzi la dipendenza da produttori di idrocarburi con una dipendenza da ElettroStati.
Pertanto, sarà necessario rimpatriare, almeno in parte, la filiera delle rinnovabili dando la massima priorità ad una manifattura circolare che ci consenta di riciclare e riutilizzare i componenti strategici della filiera stessa. Infine, sarebbe opportuno coordinare a livello europeo le relazioni con i nuovi ElettroStati, evitando iniziative unilaterali che possano indebolire e dividere l’Unione Europea, a livello sia politico, sia industriale.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA