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L’INTELLIGENZA artificiale, guardata con prudenza e con una certa dose di sospetto anche dagli addetti ai lavori, accanto alla deriva consumistica (quella più attesa e, per certi versi, temuta), può riservare dei risvolti funzionali alla quotidianità e, addirittura, dei miglioramenti nei sistemi che regolano il servizio pubblico, anche in sanità. Questo perchè qualunque rivoluzione tecnologica può essere incanalata sui giusti binari. Si tratta solo di comprenderne la portata, anche quella potenziale, e confluirne gli sviluppi su binari funzionali all’utilità comune, piuttosto che lasciarsene affascinare per scopi puramente esplorativi.

Un tema dibattuto durante il convegno del 15 gennaio scorso, organizzato da Culture con il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, presso il Ministero della Salute, partecipato da decine di personalità, tra istituzioni, accademici e addetti ai lavori. L’obiettivo, quello di declinare gli aspetti positivi dei nuovi sviluppi tecnologici in direzione di una fruizione destinata al miglioramento del welfare. Con un occhio particolare alla sanità e, per estensione, alla gestione dei dati dei pazienti per un rinnovamento (in positivo) delle performance assistenziali. Chiaramente, il target di riferimento è piuttosto variegato.

Ma è altrettanto chiaro che una semplificazione dei sistemi vada più che altro in direzione dei più fragili, come ricordato da monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, nel suo intervento al convegno: «Le persone anziane vanno assistite il più possibile nel loro ambiente di vita, favorendo lo sviluppo delle relazioni e contrastando la solitudine e l’abbandono. Le tecnologie digitali oggi disponibili possono contribuire in maniera decisiva alla riuscita del progetto di un’assistenza integrata a misura delle persone».

Il concetto di integrazione, quindi, si sposa con quello di tecnologia. O meglio, di tecnologia al servizio del bene comune. In questo senso si è mossa la Commissione europea, intenzionata a sviluppare e implementare man mano l’European Health Data Space, parte integrante dell’Agenda 2024-2026 e finalizzato a una gestione comune (anzi, comunitaria) dei dati sanitari. L’iter legislativo della proposta (avanzata nel 2022) dovrebbe concludersi nei prossimi mesi e punterà, congiuntamente, sull’utilizzo dei dati per il miglioramento delle prestazioni sanitarie e sull’uso secondario degli stessi per finalità di ricerca e innovazione scientifica. Il tutto, naturalmente, avverrebbe sì utilizzando piattaforme digitali, ma sotto la tutela di strumenti di sicurezza volti a garantire sia la privacy dei pazienti che la protezione dei propri dati in ambito di uso secondario. Concretamente, il vantaggio dei ritrovati tecnologici al servizio della sanità sarebbe sul piano dell’equità di prestazione.

Lo ha ricordato il direttore generale dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), Domenico Mantoan, all’indomani del riuscito test della Piattaforma nazionale di telemedicina, concertato con le Regioni e previsto dalla sezione salute del Pnrr, con l’obiettivo di garantire, entro il 2025, l’assistenza ad almeno 300 mila persone, potendo peraltro contare su uno stanziamento da circa un miliardo e mezzo di euro. Di fatto, una prova generale, prettamente territoriale, del più ampio progetto europeo sulla gestione dei dati sanitari per finalità di welfare. L’importante, come ricordato dal neo-eletto presidente della commissione per l’intelligenza artificiale per l’informazione, padre Paolo Benanti, è mantenere la barra dritta sulla tutela della dignità della persona, a cominciare dai più fragili, il che, del resto, rappresenta l’obiettivo finale dell’equità di trattamento in sanità. Per il quale, il rafforzamento dei servizi digitali costituisce una spinta all’ingranaggio piuttosto che un’innovazione.

Eppure, come ricordato dal direttore generale della Asl Roma 2, Giorgio Casati, anche questi aspetti vanno di pari passo. La digitalizzazione dei sistemi dovrà sposarsi con l’assistenza personalizzata, accessibile e tutelata per ogni singolo paziente: «È importante progettare la Sanità digitale definendo i nuovi modelli di servizio sanitario da garantire ai cittadini, attraverso una presa in carico complessiva digitale personalizzata, derivante dalla sintesi delle prese in carico di ogni patologia». Un primo step nella direzione di una Sanità digitale inclusiva e aperta all’innovazione, nel momento in cui questa si riferisce a un aggiornamento dei sistemi finalizzato alla riduzione di problematiche quali le lunghe liste d’attesa e i costi da sostenere. Progetto inserito nel più ampio quadro della Missione 6 Salute prevista dal Pnrr, che dovrà portare a un restyling della sanità entro i prossimi anni e con il digitale (e l’intelligenza artificiale) a fare la parte del leone, pur nell’ambito di una distribuzione di risorse che richiederà in primis un’efficienza paritaria dei poli sanitari, su tutto il territorio nazionale. In questo senso, la ripartizione regionale degli aggiornamenti potrebbe essere la soluzione giusta, a patto che siano mantenute velocità parallele.


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