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GLI impatti della tecnologia sul lavoro sono stati al centro del dibattito pubblico, e spesso anche politico, degli ultimi anni con il beneficio di far giungere la maggior parte degli osservatori alla conclusione che l’urgenza oggi in Italia è individuare modalità di riqualificazione dei lavoratori per evitare che essi siano facilmente sostituibili dalla tecnologia stessa. Molto più complicato però è individuare come raggiungere questo obiettivo, comprendere quali siano i veri fabbisogni di competenze, trasferire le competenze ai lavoratori, monitorare in modo continuativo quanto esse siano soggette o meno a obsolescenza. L’accelerazione poi della transizione ecologica, la cui origine non è semplicemente legata a una evoluzione delle conoscenze in materia ma è l’esito di una precisa scelta politica, con tempi da essa definiti e con un elevato livello di pervasività, rende ancor più urgente entrare in una fase operativa del tema delle competenze.
Allo stesso modo, sul fronte della digitalizzazione dei processi, la pandemia e in particolare il distanziamento forzato, hanno portato a una diffusione massiccia di tecnologie che fino al pre-Covid-19 erano diffuse soprattutto in imprese medio-grandi e scarsamente all’interno delle istituzioni formative e delle Pubbliche amministrazioni. Questo ha generato una domanda di competenze in materia crescente, che non si è mai pienamente fermata anche durante i mesi più complessi della pandemia e che è poi esplosa con la ripresa piena delle attività produttive. Sicuramente in questo andamento della domanda di lavoro è complice il fatto che lo stop generato dalla pandemia abbia alimentato, al suo termine, una ripresa marcata di domanda di lavori in presenza, prima sospesi e spesso interrotti del tutto, soprattutto a causa del mancato rinnovo dei contratti a termine, molto presenti nel settore dei servizi. Così come l’esplosione, per evidenti motivi, del settore della logistica ha influito sulla dimensione qualitativa della domanda.
Questo ci porta ad affrontare uno dei nodi principali della sfida delle competenze nel contesto attuale, quello della riqualificazione dei lavoratori. Una esigenza che nasce da più fronti, a partire da quello demografico che rende più complesso immaginare che il rinnovamento delle competenze all’interno delle imprese passi principalmente dall’innesto di profili giovani che hanno appena terminato gli studi, in quanto questi sono sempre meno e la lotta per i talenti si farà sempre più spietata nei prossimi anni. Occorre implementare sia quantitativamente sia qualitativamente la formazione in azienda indirizzandola verso contenuti che non siano generalisti e così inutili ma funzionali sia all’innovazione tecnologica che alla crescita della qualità complessiva del mercato del lavoro. Attualmente il numero di lavoratori impegnati in attività formative strutturate in Italia è poco superiore al 10%, contro il 25% della Francia ed il 32% della Germania. Relativamente al rapporto diretto tra tecnologia e competenze una strada da intraprendere è quella di integrare sempre di più l’investimento in innovazione tecnologica con quello in attività formative, anziché considerarli separatamente l’uno dall’altro.
Industria 4.0 e Fondo Nuove Competenze
L’ex Piano Nazionale Industria 4.0 varato dall’ex Capo del Governo, Matteo Renzi (oggi denominato Transizione 4.0) offre oggi alle aziende incentivi e strumenti per cogliere tutte le opportunità dell’innovazione e del digitale legate alla quarta rivoluzione industriale. La normativa di riferimento sono state le leggi di Bilancio e, quindi, da ultimo la Legge di Bilancio 2023 del Governo Melini, il Decreto Aiuti (Decreto Legge n. 50 del 2022) ed il Decreto Milleproroghe che, per la fruizione del credito di imposta “Transizione 4.0” per gli investimenti in beni strumentali tecnologicamente avanzati ha concesso una proroga fino al 30 novembre 2023 a condizione che l’ordine sia stato accettato dal venditore entro il 2022, con il pagamento di almeno il 20% del costo di acquisizione. Questo strumento prevede misure specifiche, che tengono conto della neutralità tecnologica, intervenendo con azioni orizzontali e fattori abilitanti. Gli investimenti per la trasformazione tecnologica e digitale delle imprese impegnate nella transizione digitale e gli acquisti di beni immateriali connessi riguardano software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni. Ma gli investimenti nelle tecnologie non bastano se non sono accompagnate da azioni formative per sviluppare il capitale umano. In questa prospettiva, il Fondo per le Nuove Competenze (FNC), diventa fondamentale per accrescere le competenze dei lavoratori delle imprese. Nato per contrastare gli effetti economici della pandemia Covid-19, permette alle imprese di adeguare le competenze dei loro lavoratori destinando parte dell’orario di lavoro alla formazione. Le ore di stipendio del personale in formazione sono a carico del fondo, grazie ai contributi dello Stato e del Fondo Sociale Europea – Pon gestito dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal). La dote iniziale era di un miliardo di euro ed è andata completamente esaurita, al punto che l’Anpal ha emanato nei giorni scorsi un decreto di rifinanziamento del Fondo per un ammontare di 180 milioni di euro. La riapertura dei termini di presentazione delle domande da parte dei datori di lavoro ha permesso l’invio di nuove domande fino al 27 marzo scorso. Il nuovo termine è stato fissato considerando le tempistiche legate all’ammissibilità delle spese (a valere sulla programmazione 2014-20 del Fondo sociale europeo) e ai tempi di realizzazione dei progetti. Ma le stesse imprese stanno facendo pressione perché possano essere ulteriormente prorogati i termini per presentare le istanze. Transizione 4.0 e Fondo Nuove Competenze possono coniugare così l’acquisizione di nuove tecnologie con la formazione specifica dei dipendenti. In questo modo le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, che costituiscono com’è noto, la spina dorsale dell’economia nazionale, saranno in grado di proiettarsi nella nuova dimensione economica della Quarta rivoluzione industriale
Quarta rivoluzione industriale
Oltre a questi strumenti è essenziale il potenziamento di forme di apprendistato duale sia per quanto riguarda la scuola secondaria e la formazione terziaria in generale, sia in particolare per gli Istituti Tecnologici Superiori (ITS). La maggiore integrazione tra formazione e lavoro è poi una delle strade principali per l’apprendimento di quell’insieme di competenze chiamate soft skills, cioè abilità personali, termine che troppo spesso è utilizzato come un mantra che va a indicare un agglomerato generico di attitudini della persona che pare difficile però trasferire davvero.
Il contributo del PNRR
Da ultimo, nella formazione e nello sviluppo del capitale umano è intervenuto anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Co due misure specifiche. In particolare, la misura 2.1 stanzia risorse per 800 milioni di euro di cui 165,77 relativi a progetti ancora da completare. Prevede in particolare la formazione sulla didattica digitale integrata e la transizione digitale di circa 650.000 tra docenti, dirigenti e personale ATA attraverso la realizzazione di circa 20.000 corsi di formazione e la creazione di centri di formazione locali e coinvolge 8mila istituzioni educative. La misura mira a creare un sistema permanente per lo sviluppo della didattica digitale, delle competenze digitali e didattiche del personale scolastico. Ma al momento l’investimento risulta ancora da avviare. La prima e unica scadenza infatti sarà da raggiungere entro la fine del 2024.
Con la misura 3.1 inoltre il Pnrr stanzia 1,10 miliardi di euro ed è realizzata in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministro per la famiglia, la natalità, e le pari opportunità. La misura mira a promuovere l’integrazione, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, di attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze STEM, digitali e di innovazione. La misura si rivolge in particolare alle studentesse e prevede un approccio interdisciplinare. Anche questo investimento risulta ancora da avviare con la prima scadenza fissata entro il quarto trimestre del 2024.
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