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L’industria dei semiconduttori è stata influenzata negativamente lo scorso anno dall’aumento dei tassi di interesse che ha spinto al ribasso il mercato azionario e aumentato le pressioni in alcuni segmenti come quello dei chip di memoria. Nei primi giorni di negoziazione dell’anno, invece, il settore è partito nel migliore dei modi.
Sempre in questi giorni, Taiwan ha appena approvato una legge che consentirà alle aziende locali di semiconduttori di ottenere crediti d’imposta fino al 25% della loro spesa in ricerca e sviluppo. È un tentativo di accrescere la competitività nel settore delle proprie aziende nei confronti di quelle americane ed europee.
Si tratta dell’ultimo “atto di guerra” di un conflitto nel mercato dei semiconduttori e microchip che si annuncia lungo e ricco di nuove ed ulteriori mosse politiche con gli incentivi fiscali come fattore chiave. Una situazione che potenzialmente finirà per essere positivo per gli azionisti.
Il recente libro “Chip War: The Fight for the World’s Most Critical Technology” di Chris Miller è un grande viaggio storico e una prospettiva sull’attuale guerra dei semiconduttori tra Cina e Stati Uniti con l’Europa a fare da terzo incomodo. Il libro è sicuramente una lettura raccomandata e affronta un tema sempre caldo.
L’anno scorso gli Stati Uniti d’America hanno varato lo “Us Chips Act”. Il documento è stato firmato dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden dopo essere stato approvato da Senato e Camera dei Rappresentanti, e segna un punto di svolta storico per l’economia americana e, di riflesso, anche per quella mondiale. Mira a rafforzare la produzione americana, le catene di approvvigionamento e la sicurezza nazionale e investire nella ricerca e sviluppo, nella scienza e nella tecnologia e nella forza lavoro del futuro per mantenere gli Stati Uniti leader nei settori di domani: nanotecnologie, energia verde, quantum computing e intelligenza artificiale. La legge mette sul piatto 52,7 miliardi di dollari in credito d’imposta e finanziamenti per ricerca, sviluppo, produzione e forza lavoro nel campo dei semiconduttori, di cui 39 miliardi di dollari in incentivi nella produzione (di cui 2 miliardi di dollari per i chip in ambito automotive e sistemi di difesa), 13,2 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo e nella forza lavoro e 500 milioni di dollari per comunicazione e attività lungo la catena di approvvigionamento.
L’approvazione del Chips Act mette in moto fondi pubblici che saranno integrati dagli investimenti delle aziende: ulteriori 50 miliardi di dollari con l’intento di riportare negli States la produzione dei semiconduttori dopo anni di esilio (volontario) all’estero. Un esempio su tutti è il fresco accordo tra Qualcomm e Global Foundries per la produzione di semiconduttori nello stabilimento di Malta nello Stato di New York. Un altro caso è quello di Micron: grazie al suo investimento da 40 miliardi di dollari la produzione americana di chip di memoria passerà entro il prossimo decennio dal 2 al 10% del totale mondiale.
E l’Europa? Anche l’Europa sta costruendo le sue catene di fornitura di semiconduttori. Si tratta di controllare gli strumenti chiave nelle attrezzature militari e tutte le altre applicazioni importanti in una società moderna, dai computer, agli smartphone, alle automobili e così via. La Commissione industria ed energia del Parlamento europeo ha approvato il progetto di legge sul “Chips Act”, che mira a rafforzare la capacità tecnologica e l’innovazione, e un altro sul “Chips Joint Undertaking” per aumentare gli investimenti a questo fine. I deputati si sono concentrati maggiormente sui semiconduttori di nuova generazione e sui chip quantistici e sulla creazione di una rete di centri di competenza per attrarre nuovi talenti nella ricerca, nella progettazione e nella produzione. Secondo il dispositivo, sarà istituito un meccanismo di risposta alle crisi, con la Commissione che valuta i rischi per l’approvvigionamento di semiconduttori e indicatori di allerta precoce negli Stati membri che potrebbero far scattare un allarme a livello Ue. Ora il Parlamento è pronto per negoziare con il Consiglio la legislazione.
Al centro del conflitto sui chip si trova certamente Taiwan, che è un Paese chiave nella catena di fornitura globale di semiconduttori. Com’è noto, la Cina mira apertamente ad integrare Taiwan nella Repubblica popolare perché la considera parte integrante del territorio nazionale e questo rappresenta un rischio molto alto per Stati Uniti ed Europa perché renderebbe Pechino un competitor strategico. Da qui nasce l’esigenza di nuove leggi come l’Us Chips Act e il Chips Act dell’UE.
Taiwan avverte la pressione e ha appena approvato una nuova riforma che consentirà alle aziende locali di semiconduttori di ottenere crediti d’imposta fino al 25% delle loro spese in ricerca e sviluppo: il tentativo è favorire queste società per farle rimanere competitive e compensare le mosse fatte negli Stati Uniti ed in Europa. Questa legge, insomma, accrescerà i guadagni delle società di semiconduttori taiwanesi e, di conseguenza, la concorrenza.
Poiché una catena di fornitura nazionale integrata di semiconduttori è essenziale per l’Europa e Stati Uniti, entrambe continueranno a muoversi per accelerare e migliorare la configurazione di questa catena di fornitura. Se Taiwan fornisce incentivi e sovvenzioni, gli Stati Uniti e l’Europa faranno altrettanto e anche di più: non c’è alternativa. Questo contesto avrà ripercussioni sul settore e si tradurrà in un investimento più interessante e una configurazione fiscale che sarà positiva per gli azionisti a lungo termine. Non sembra un caso che i semiconduttori siano partiti bene quest’anno con un aumento del 3,7% dopo essere scesi del 27% l’anno scorso. E la guerra è appena iniziata.
I SEMICONDUTTORI
L’industria dei semiconduttori progetta e produce semiconduttori che sono piccoli dispositivi elettronici realizzati con composti di silicio, germanio o arseniuro di gallio. I semiconduttori si trovano in quasi tutti i dispositivi elettronici, inclusi televisori, computer, apparecchiature diagnostiche mediche, telefoni cellulari e videogiochi. Grazie agli sviluppi dell’industria dei semiconduttori dal 1960, la grande e ingombrante tecnologia dei tubi a vuoto del passato è stata sostituita dalla moderna e sempre più restrittiva semiconduttore che consente di rendere i dispositivi elettronici più piccoli, più veloci e ancora più affidabili. Attualmente, l’industria dei semiconduttori da 300 miliardi di dollari degli Stati Uniti è composta da aziende e produttori di elettronica situati negli Stati Uniti, in Giappone, Cina, Corea del Sud, Francia e Italia.
Quattro tipi fondamentali di prodotti – chip di memoria, microprocessori, circuiti integrati di base e sistemi complessi su chip (SOC) – sono progettati e realizzati dall’industria dei semiconduttori. I chip di memoria sono dispositivi realizzati per memorizzare dati e consentire il passaggio efficiente di informazioni da e verso tutti i tipi di computer e dispositivi elettronici. Negli ultimi anni, questa parte del settore è diventata così competitiva e i prezzi sono stati così bassi che solo i più grandi attori sono stati in grado di competere. I microprocessori sono probabilmente i prodotti più conosciuti di questa industria. Queste sono le unità centrali di elaborazione che contengono la logica necessaria per completare tutte le attività in un computer o altri dispositivi elettronici più complessi come telefoni cellulari e fotocamere digitali.
Il terzo tipo di prodotto fabbricato dall’industria dei semiconduttori è il circuito integrato di base, indicato anche come chip standard. Questi chip standard sono i cavalli di battaglia del mondo dell’elaborazione e sono tipicamente utilizzati in dispositivi e prodotti elettronici, come piccoli elettrodomestici, scanner di prodotti e dispositivi con un singolo utilizzo, che eseguono routine di elaborazione semplici e ripetitive.
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