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Gli ultimi dati Istat sulla natalità sottolineano una situazione allarmante per l’andamento della popolazione italiana: inverno demografico
«La nascita di un figlio rappresenta la seconda causa di povertà in Italia. È giunto il momento delle riforme strutturali, di osservare con attenzione gli altri paesi europei, in particolare la Francia lavorando sul quoziente familiare, uno degli obiettivi programmatici di questo governo, e dando così davvero importanza alla Famiglia»: così il fondatore e presidente della fondazione per la natalità, Gigi De Palo, nonché organizzatore degli Stati generali sulla Natalità, in riferimento ai temi emersi lo scorso 12 aprile nel corso del convegno ‘Per un’Europa giovane. Transizione demografica, ambiente, futuro’ organizzato dal ministro per la Famiglia, la natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella.
Una popolazione italiana sempre più anziana, un mercato del lavoro in cui i giovani difficilmente riescono a fare breccia. “Esserci più giovani più futuro. Dai numeri alla realtà” non è solo il titolo del rapporto realizzato in collaborazione con Istat, in base a un protocollo d’intesa firmato dalla Fondazione per la natalità e l’Istituto Nazionale di Statistica ma, come ha affermato De Palo, «la presa di coscienza del Governo e ben venga questa indicazione molto netta sul fatto che la natalità rappresenti la priorità di questo Paese».
Il rapporto, che fa riferimento all’inverno demografico italiano, è stato presentato a palazzo Wedekind a Roma il 23 aprile nel corso della conferenza stampa di presentazione della IV edizione degli Stati Generali della Natalità – in programma il 9 e 10 maggio sempre a Roma presso l’auditorium della Conciliazione – alla presenza di De Palo e di Sabrina Prati, direttrice centrale Istat. I numeri riportati sottolineano una situazione allarmante per l’andamento della popolazione italiana: nel 1951 – si legge nel rapporto – ogni 100 giovani c’erano 31 anziani. Al 1° gennaio 2024 ogni 100 giovani gli anziani sono diventati 200. Secondo le proiezioni Istat, procedendo con questa tendenza, nel 2050 ogni 100 giovani, gli anziani saranno più di 300. Secondo le proiezioni demografiche Istat, poi, se le nascite nel 2023 sono state 379mila, nel 2050 calerebbero fino a 350mila nuovi nati.
«L’analisi è chiara» ha dichiarato Gigi De Palo alla luce dei dati allarmanti sui potenziali genitori nel nostro Paese. Solo 11,5 milioni di donne e uomini tra i 15 e i 49 anni rientrano in età fertile, con un crollo a partire dal 2011, anno in cui se ne registravano quasi 14 milioni. In Italia, inoltre, tra i 18 e i 34 anni, più di due giovani su tre vivono ancora con i genitori. Nel resto d’Europa sono uno su due. Si è esteso enormemente il periodo di ricerca di una gravidanza, perché questa rappresenta una limitazione alla carriera professionale. Un grande handicap che si riflette anche in termini biologici: maggiore l’età del concepimento, in entrambi i sessi, maggiori i tassi di gravidanza non a buon fine.
Sotto i 30 anni la probabilità di non portare a termine una gravidanza è del 15% circa, mentre a quarant’anni la media del rischio di aborto sale al 45% e si somma anche la difficoltà di rimanere incinta. «Non sono libere le coppie che vorrebbero avere un figlio o farne un altro – ha continuato De Palo – in Italia la nascita di un figlio è il secondo fattore di incidenza nella povertà; non sono libere le donne costrette ancora a scegliere tra maternità e carriera; non sono liberi i giovani, con il loro tasso di occupazione saldamente all’ultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea, precari nel lavoro e nella vita».
«Giovani, futuro, libertà. Sono tre parole che sentiamo spesso ripeterci dai contesti politici e sociali. Ma essere genitori oggi è difficile» racconta una giovane professionista del settore sanitario e neomamma. «Nonostante sia ancora in formazione e senza un posto fisso, la “pressione sociale” di avere trent’anni e la mia voglia di mettere su famiglia, mi avevano spinta a organizzare il nostro futuro, quello mio e del mio compagno, progettando il matrimonio, l’affitto di una casa tutta per noi. Poi la bella sorpresa: un bebè. Una splendida notizia, della quale avevamo anche discusso e messo in conto di realizzare ma secondo un piano diverso. Siamo una giovane coppia che fa i conti con le spese da saldare a fine mese.
Purtroppo, non abbiamo alle spalle una famiglia che possa aiutarci e di noi due solo il mio compagno lavora e ci mantiene. Sono tanti i sacrifici che stiamo affrontando e che ci aspettano per il futuro. Nonostante ciò, le mie scelte professionali e lavorative non hanno mai influenzato la mia voglia di mettere su famiglia. Tuttavia, mi sto rendendo conto che è vero il contrario. Con l’annuncio della mia gravidanza nel contesto lavorativo, la mia posizione è cambiata e la richiesta del congedo familiare ha rappresentato uno stop alla mia carriera. Al contrario al mio compagno sono stati riconosciuti molti più diritti e facilitazioni. Paradossalmente è più semplice essere “mammo” che non “mamma”».
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