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NON più flashmob dai balconi e arcobaleni nell’Italia che si ritrova in rosso un anno dopo l’inizio dell’incubo, in un perverso, infinito, gioco dell’oca. Ma i gemiti di un’imprenditoria nella morsa della crisi economica scatenata dalla pandemia.
RISTORANTI
«Dal lockdown del 2020 sono rimasto aperto sì e no quattro mesi» ci racconta Antonio Esposito, giovane chef e titolare dell’Officina del mare, suggestivo ristorante di Borgo Marinaro, a due passi da Castel dell’Ovo, fra le zone più affascinanti di Napoli. «Il mese di giugno – spiega – sarà una sorta di punto di non ritorno, se non riusciremo ad aprire per quel mese sarà difficile andare avanti». I numeri parlano da soli. «Nel 2019 ho fatturato fra il milione e il milione e due» dice. Fra chiusure e coperti limitati «se consideriamo solo i 4 mesi in cui ho lavorato ho perso circa il 60% dei guadagni, se invece allarghiamo il discorso a tutto l’anno arriviamo al 130% di perdite».
Mancati incassi che nessun ristoro potrà mai rifondere. «Se calcoliamo le due tranche non mi saranno arrivati neanche 30mila euro» svela. Delivery e asporto non aiutano perché «ci troviamo in una posizione particolare, con un’area pedonale. Sia i rider che i clienti per arrivare con un mezzo privato dovrebbero registrare ogni volta la targa in Comune. L’amministrazione locale non ci dà alcuna agevolazione da questo punto di vista».
DISCOTECHE
Dalla Campania alla Puglia, dalla ristorazione alle discoteche. «Vuole sapere quanto sono stato aperto in un anno? Un mese e mezzo» ci dice Roberto Maggialetti, proprietario del Divinae Follie di Bisceglie, più grande disco club del Sud. «Ho perso almeno 2 milioni e mezzo e non ho preso ristori – si lamenta – perché nel febbraio e nel marzo 2019 non eravamo ancora aperti e quindi non rientravamo fra gli aventi diritto».
La situazione «è drammatica: il 50% delle aziende del settore presenti in tutta Italia è destinata a sparire. Io stesso non potrò andare avanti a lungo. Fa male ma è così». Dispiace «in particolare per i dipendenti. L’altro giorno mi ha chiamato un ragazzo che dovrà smettere gli studi perché senza paga non può permetterseli». E lo Stato? «Nulla – risponde – abbiamo fatto da poco un incontro con la Regione. Ci hanno detto che non hanno fondi da darci. Aspettano quelli europei e del governo centrale. Noi abbiamo proposto di tutto, persino fare nelle nostre strutture un drive in per i tamponi o un centro vaccinale. Nessuna risposta».
TEATRI
Non se la passano meglio i teatri privati, nonostante le possibili riaperture previste per il 27 marzo. «Ammesso che si facciano non poteranno grande giovamento – afferma Michele Gentile, presidente delle Imprese stabili di produzione (Isp) – le nostre compagnie sono itineranti, quindi la possibilità di lavorare dipende dai colori delle regioni». In un anno di pandemia, osserva, «complessivamente il settore avrà operato fra le due settimane e il mese e quel poco che ha fatto era a scartamento ridotto. In estate si è mosso qualcosa, ma parliamo di piccole produzioni».
Di conseguenza «i teatri privati hanno perso circa il 70% dei guadagni. La mia società, in particolare, fatturava 2 milioni di euro. Sa quanto ho preso di ristori? Fra i 30 e i 35mila euro».
MUSEI
Bottino magro anche per i musei. Nel 2020 book shop e biglietteria dell’archeologico di Reggio Calabria hanno registrato un 70% di perdite rispetto al 2019, complici le chiusure, in particolare quelle di Natale. Dopo il lockdown la “casa” dei Bronzi di Riace è rimasta aperta dal 28 giugno al 3 novembre, per poi riaprire a febbraio 2021, sempre con un flusso ridotto di visitatori.
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