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LA CORSA ai vaccini sembra essersi trasformata in un caso di psicosi collettiva, dopo che alcuni paesi hanno deciso di sospendere in via temporanea la somministrazione delle dosi di AstraZeneca.
Questa scelta è stata dettata dalle necessità di disporre di informazioni più precise circa gli effetti collaterali, dopo una serie di segnalazioni relative a formazione di coaguli di sangue riscontrati in alcune persone a cui era da poco stato somministrato il farmaco – una delle quali, in Danimarca, è deceduta per trombosi. Il lotto è stato pertanto ritirato in via precauzionale dal mercato, nonostante al momento non sia stato provato un effettivo legame tra il vaccino e i coaguli di sangue.
Anche qui in Italia è stata bloccata un’altra partita di vaccino AstraZeneca – identificata con la sigla ABV28569 – su tutto il territorio nazionale; alcune dosi di questo lotto erano già state utilizzate per la prima somministrazione, ma il panico generato dal susseguirsi incessante di notizie circa i casi sospetti ha finito per allarmare molti dei vaccinati, che adesso rifiutano di ricevere il richiamo.
Nell’ultimo rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco circa gli effetti delle vaccinazioni, si dice che da fine dicembre vi sono state 30.015 segnalazioni di reazioni avverse, che costituiscono lo 0,73% rispetto al totale delle dosi somministrate e questo indipendentemente dalla tipologia di vaccino (che si tratti dunque di Pfizer, AstraZeneca o Moderna). Gli eventi avversi segnalati sono perlopiù non gravi, come ad esempio febbre, mal di testa, dolori muscolari/articolari, e insorgono prevalentemente lo stesso giorno della vaccinazione o il successivo.
Negli ultimi giorni si stanno tuttavia moltiplicando le segnalazioni di effetti collaterali sospetti, probabilmente a seguito della fuga di notizie in merito ad AstraZeneca. Adesso, dopo una campagna vaccinale partita dopo numerose incertezze, la gente sembra nuovamente impaurita, legittimamente allarmata rispetto ad una vaccinazione che teme possa costituire un rischio per la propria salute. Su tutti i giornali si legge di “caos da psicosi” e tutti gli sforzi fatti negli ultimi mesi per convincere i cittadini a mettere in sicurezza il Paese rischiano di essere pertanto parzialmente vanificati. Se il caso in questione costituisce una situazione quantomeno probabile, rispetto ad una tanto inedita ed estesa campagna vaccinale, il motivo per il quale tanto allarmismo si sta diffondendo tanto rapidamente è probabilmente imputabile soprattutto alla stampa italiana.
Nonostante questa abbia il ruolo – in un certo senso – morale, oltre che professionale, di riportare tutte le notizie, quindi anche quelle parziali, per trasparenza d’informazione, è tuttavia impossibile assolvere i giornalisti dall’accusa di aver diffuso maliziosamente il panico nelle ultime settimane. Se ultimamente i giornali sembrano essere più interessati a diffondere le notizie in fretta più che a verificarle, l’impatto maggiormente critico sembra essere quello generato dal fenomeno del clickbait. Con questo termine si intende un pezzo del contenuto di una notizia, che intenzionalmente tergiversa o esagera la percezione di un titolo per attirare gli utenti verso il sito che la pubblica.
È un fatto noto nell’ambito della comunicazione che un titolo abbia il ruolo principale nel coinvolgimento emotivo del lettore, così come è cosa nota che la maggior parte delle persone, soprattutto online, non vada oltre nella lettura dell’articolo. Che questo comportamento sia giusto o errato non è tuttavia passibile di giudizio da parte del giornalista, non essendo l’atteggiamento del fruitore a dover cambiare, quanto piuttosto quello della stampa.
Il giornalismo non dovrebbe essere un mero mezzo di diffusione passiva, esistendo piuttosto una responsabilità dei media la cui scelta linguistica e di informazione contribuisce alla percezione della notizia, che viene veicolata in un modo piuttosto che in un altro. La maggior parte delle testate online presenta da mesi ai lettori il conteggio spasmodico dei nuovi ammalati, il numero dei decessi, con titoli allarmanti spesso in maiuscolo. Gli avvenimenti vengono seguiti senza sosta, ma in modo approssimativo. Le notizie negative, che era giusto che fossero diffuse, sono state enfatizzate durante la pandemia fino allo stremo.
Che i giornali, in un periodo tanto delicato della storia del nostro Paese, abbiano preferito sfruttare il momento per aumentare le visualizzazioni, piuttosto che scegliere una buona e corretta informazione, è particolarmente grave e, soprattutto, rischia adesso di essere d’ostacolo per una campagna vaccinale tanto fondamentale quanto delicata. Alla diffusione del virus, si affianca così un altro fenomeno “pandemico”, quello di una angoscia esacerbata al massimo e veicolata da media purtroppo irresponsabili.
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