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Ammesso e non concesso che la pandemia sia prossima a finire, resta comunque da fare i conti con le macerie non solo sanitarie ed economiche, ma anche sociali che finora ha provocato. Una delle categorie più colpite è quella dei giovani.

La plastica rappresentazione del disagio giovanile è data dalle notizie di cronaca che hanno recentemente riguardato alcuni di loro: risse su appuntamento sfidando la pandemia. È successo a Roma. Ma segnali di insofferenza tra i ragazzi si avvertono in tutto lo Stivale.

Il ricorso alla violenza è soltanto uno degli effetti di problematiche che covano nel normale processo di sviluppo della personalità in una fase della vita delicata e che si accentuano in un periodo di precarietà e preoccupazione generali. Altro indice di tale insofferenza è l’abuso di sostanze.

A darne testimonianza è una ricerca di Idealo, portale internazionale dedicato alla comparazione dei prezzi, la quale riferisce che l’interesse nei confronti degli alcolici in Italia da parte dei giovani è aumentato del 209,2%. È così che, come raccontato dal Quotidiano del Sud due settimane fa, sempre più genitori scelgono di affidarsi a investigatori privati per controllare le attività dei figli. C’è chi cerca lo sballo lontano dalle mura domestiche e chi si chiude in casa. Ansia, depressione e stress sono disagi che sempre più spesso minano anche la serenità dei giovani.

La Fondazione Soleterre, da oltre dieci anni impegnata nei reparti pediatrici, lancia l’allarme: «L’attuale emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 impone a tutti noi le più restrittive misure alle interazioni interpersonali. Questo blocco rigoroso e duraturo di isolamento sociale si traduce in un aumento del livello di solitudine percepita che colpisce i giovani con più elevati livelli di stress poiché hanno dovuto abbandonare la loro vita quotidiana».

I numeri della ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University offrono una fotografia del problema: su 2.400 giovani intervistati, il 90% ha paura di infettarsi e il 65% il terrore di morire nel caso dovesse contrarre il Covid. E poi il 14% ha iniziato ad assumere ansiolitici o sonniferi e il 10% antidepressivi, mentre il 19% di chi li assumeva prima della pandemia ha incrementato il dosaggio.

La dott.ssa Laura Dalla Ragione, psicologa esperta di disturbi alimentari, afferma che pandemia e lockdown hanno fatto impennare del 30% le persone affette da questi disagi, tra i quali bambini tra i 10 e i 12 anni. E non aiuta poi la Didattica a distanza (Dad): secondo la prof.ssa Anna Maria Ajello, presidente dell’Istituto Invalsi, la perdita di apprendimenti causata dalle 14 settimane di chiusura da marzo sarebbe probabilmente superiore al 30%.

Veri e propri buchi educativi causati dalla scuola da remoto. Andrà tutto bene? Speriamo. Per ora non c’è da star poi così sereni.


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Fabio Grandinetti

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