Vincenzo De Luca in un ospedale
4 minuti per la letturaIn Campania, per la prima volta dallo scorso maggio, il numero degli attualmente positivi supera quello complessivo dei guariti dall’inizio dell’epidemia. Se ad inizio settembre, dopo la fine della stagione estiva ed i rientri dalle vacanze, preoccupava il picco dei 5.717 contagi raggiunti, adesso ottobre si apre con un nuovo ed allarmante incremento della curva epidemiologica. Osservando i dati diffusi dalla Regione dagli inizi di agosto si registra un incremento che subisce aumenti di crescita circa ogni 10 giorni, corrispondenti al tempo medio di incubazione del virus. Rischia dunque di diventare critica la situazione della Campania, che era riuscita a contenere in modo efficiente il numero complessivo dei casi nel pieno della fase uno, gestendo al meglio la situazione e scongiurando il rischio di sovraffollamento del sistema sanitario regionale.
Adesso, le strutture sanitarie si trovano invece in difficoltà, con una saturazione dei servizi che già negli ultimi giorni hanno esaurito tutti i posti previsti dai piani regionali di previsione a bassa/media intensità epidemica (questo soprattutto per quanto riguarda i posti letto disponibili per le cure ordinarie e non di terapia intensiva). Come dato favorevole vi è la asintomaticità di gran parte dei casi positivi accertati negli ultimi giorni, fenomeno che tuttavia non dà certezza di rimanere stabile nel corso dei prossimi mesi e che comunque pesa in maniera importante sul numero dei ricoveri. In Campania si sta dunque passando alla fase di impegno massimo, che prevede l’apertura di nuove unità di degenza, ma tuttavia le difficoltà delle strutture ospedaliere si avvertono anche nella disponibilità dei tamponi; nella regione con la densità abitativa più alta d’Italia e che al momento registra il più elevato numero di casi accertati, si procede con un ritmo di circa 8mila tamponi a giorno, rispetto ai circa 10-20mila di Lombardia e Veneto.
I più di 390 casi giornalieri positivi registrati la scorsa settimana, cifra mai raggiunta in Campania neppure nei mesi della prima ondata pandemica, avevano allarmato lo stesso presidente De Luca. Questi, con l’ultima ordinanza emanata dalla Regione, ha da poco limitato la cosiddetta “movida” e tuttavia, nonostante questi provvedimenti contribuiscano ad un contenimento del numero dei contagi, la situazione campana rimane estremamente delicata anche a causa dello stato dei trasporti pubblici e per la quasi totale assenza di controllo da parte delle forze dell’ordine, a cui si aggiunge la difficile ripartenza dell’anno scolastico. Soprattutto, se in Campania fino a poco tempo fa si aveva la percezione che l’emergenza fosse stata quasi debellata, la situazione sembra essersi ribaltata in modo così rapido quanto destabilizzante. Il tanto chiacchierato “ritorno alla normalità” che ci auguravamo di aver raggiunto negli ultimi mesi, così come l’eccessivo ottimismo con cui abbiamo affrontato la fase due, hanno contribuito a creare un clima eccessivamente rilassato e poco accorto, cosicché ora molti cittadini hanno difficoltà ad adottare comportamenti responsabili anche a causa dell’errata percezione che il peggio sia passato. Sottostimare la gravità di una ancora difficile situazione epidemiologica e sociale rischia a questo punto di protrarre l’emergenza ancora a lungo e con conseguenze ancora più dure.
Alle criticità sociali si aggiunge poi la disparità territoriale nel reperire le forniture mediche, insufficienti rispetto alle reali necessità della Regione Campania (basti pensare che i ventilatori polmonari in Campania non sono stati neppure la metà rispetto a quelli distribuiti alla Lombardia). Le differenze tra regioni, che negli scorsi mesi non avevano pesato in modo ingente proprio a causa della buona gestione nel Meridione, rischiano adesso di costituire un ulteriore fattore di pericolosità per il contenimento dell’epidemia, vanificando gli sforzi dei singoli territori. Se tutto il Paese sta dunque pagando l’ingenuità collettiva con cui durante la bella stagione abbiamo affrontato la crisi socio-sanitaria, gli effetti concreti della riapertura si stanno riversando soprattutto al Sud. E se nel Meridione le misure restrittive delle Regioni sono arrivate prima ed in modo più efficace rispetto a quelle decretate dall’Esecutivo nazionale, allo stesso modo la comunicazione relativa all’epidemia da parte del Governo Centrale, soffermandosi unicamente sulla riduzione dei casi registrati al Nord Italia, è stata gravemente fuorviante. La confusione generata dall’assenza di linee guida chiare e uniformi contribuirà forse nuovamente a generare una condizione di insofferenza sociale e difficoltà organizzativa nel gestire questa nuova ondata di casi. L’eccessiva approssimazione con cui questa emergenza è stata affrontata da principio rischia di occultare il fatto che non solo la crisi non è in via di soluzione, ma che potrebbe nuovamente esplodere in maniera drammatica. Abbiamo già sperimentato le conseguenze di una gestione approssimativa che, oggi meno che ieri, non siamo nelle condizioni di poter sopportare.
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