L'ospedale dell'Annunziata di Cosenza
4 minuti per la letturaDentro l’Ospedale di Cosenza, specie – ma non solo – nei reparti cardine nella lotta al covid-19, Malattie Infettive e Rianimazione, si lavora duramente. Non si conosce fatica, giorno o notte, tutto il personale medico si impegna senza sosta per arginare l’emergenza. Medici, infermieri, OSS e il resto del personale medico-sanitario, collaborano in sinergia e solidarietà, dandosi una mano per fronteggiare al meglio la situazione, cercando di tutelare i pazienti e loro stessi. Nonostante la struttura piuttosto datata non sia del tutto all’altezza, ci si è attrezzati e preparati per fronteggiare il covid con turni massacranti con tanto coraggio e collaborazione. Inoltre, il nosocomio cosentino è entrato nel protocollo di sperimentazione del farmaco per l’artrite reumatoide, il Tocilizumab, già sfruttato a Wuhan con risultati positivi.
Il primario del reparto di Malattie Infettive, il dott. Antonio Mastroianni, è in contatto quotidiano con l’equipe del prof. Paolo Ascierto del Cotugno di Napoli, che ha dato il via alla sperimentazione in Italia. Tale farmaco, infatti, ha già fornito dei risultati incoraggianti, soprattutto nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta di grado moderato. Sembra questo un incoraggiamento e una spinta a proseguire per questa strada, nonostante i casi siano molti e gli spazi non sufficienti. Di fatti, si è reso necessario aumentare il numero di posti letti, alcuni già attivi in Pneumologia, in attesa di attrezzare al covid anche il reparto di Ematologia.
Si è reso anche necessario un appello rivolto alla cittadinanza (specie a medici e farmacisti) per il recupero di mascherine, calzari e apparecchiature elettrico-medicali che iniziano a scarseggiare.
Dunque, nonostante ci si trovi di fronte ad una situazione eccezionale e ad un virus che non conosce arresto, a Cosenza si procede a testa alta, nonostante spesso ci si senta affaticati, impauriti e scoraggiati. Questa è una guerra, e chi è chiamato in prima linea combattere, lo fa con amore.
Altra storia, altro ospedale. Sembra che non sia universale il sentimento di solidarietà e condivisione quando si accosta la notizia dell’ospedale di Cosenza, alla situazione riguardante la provincia di Crotone, in cui pare che la maggior parte dei medici si sia messo in malattia.
La dimostrazione ultima di questo episodio ci riconferma che emergenze comuni provocheranno sempre situazioni diverse, anche quando l’istinto primario dovrebbe essere di coesione.
Fuori dall’ospedale e dalla realtà sanitaria più concreta, i cittadini vivono in un’atmosfera sospesa e in ogni angolo della Calabria la sensazione è che l’intero territorio si sia paralizzato in attesa del via libera o della novità del giorno, della settimana, diradata dai politici di ogni istituzione e grado. Nei giorni scorsi, il presidente della Regione Calabria, Iole Santelli, ha disposto come zona rossa diversi paesi quali Montebello Jonico e San Lucido, non appena giunta voce dell’avvenuto contagio di uno o più cittadini, imponendone la chiusura, che ora si è estesa all’intero territorio regionale.
Gli abitanti intervistati, già costretti a stare in casa dalle ordinanze, nel lato pratico non si rendevano conto del cambiamento, ma le notizie giunte creavano un contesto certamente diverso. Questo perché pur sapendo dell’emergenza- per quanto sentita in ogni mezzo di comunicazione- solo nel momento in cui raggiungesse una certa concretezza veniva percepita individualmente. Genera una certa reazione sapere di non poter uscire dallo Stato e una ancora diversa l’apprendere di non poter uscire dal proprio comune, pur non abbandonando mai la propria abitazione. Oltre la rassegnazione, non ci si può sottrarre al timore per l’incolumità propria e dei propri cari.
La paura, quindi, subentra inevitabilmente solo quando il pericolo si tocchi con mano. E il coronavirus non è l’unico pericolo percepito, anzi il timore che ha generato in ognuno ha preso forma in una minaccia “fisica” che effettivamente ha fatto sentire la propria presenza. A peggiorare questo clima teso, infatti, si sono verificate una serie di scosse sismiche sulla costiera tirrenica, di magnitudo 4,2. Sentirsi tremare la terra sotto i piedi, in un contesto in cui già pende la minaccia di un nemico invisibile, non può che acuire il sentimento di impotenza alle cause esterne, eppure quello che si percepisce in questa immobilità è l’ostinazione dei calabresi a rimanere solidi e fiduciosi, creando un clima di sostegno a distanza reciproco che può fare da monito per le altre regioni e certamente infondere speranza che la situazione si risolva al più presto.
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