Palazzo Chigi
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L’esecutivo è a caccia di risorse per il pacchetto “natalità”, coppie incentivate a fare figli: la strategia del Governo per la famiglia
Il cambiamento demografico associato all’invecchiamento della popolazione e al calo delle nascite è un problema che brucia lentamente, ma che sta attirando l’attenzione non più solo degli esperti, ma anche della classe politica. In genere viene descritto come una “bomba a orologeria” in quanto non solo l’Italia ma gran parte dei Paesi del mondo sviluppato si sta dirigendo verso un “destino di declino demografico”. Il problema è dunque attuale.
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni considera la natalità e la famiglia una priorità assoluta del suo Governo. L’entità del problema e le soluzioni le erano chiare fin da quando nel maggio di quest’anno a Roma ne parlò con grande determinazione agli Stati generali della Natalità assieme a Papa Francesco, preannunciando interventi. Ora, mentre si comincia a delineare la manovra di settembre che dovrà portare alla Legge di Bilancio e Stabilità 2024, il governo ha in cantiere un pacchetto di misure per arrestare il declino demografico e rilanciare la natalità.
LA FAMIGLIA AL CENTRO DEL PROGETTO DEL GOVERNO MELONI
Al centro del progetto c’è la famiglia e le giovani coppie. Bisognerebbe che ci fosse anche il Mezzogiorno, che fino alla metà degli anni Settanta del Novecento era considerata la macro area più fertile dell’Italia, con le donne che davano alla luce in media due figli, oggi il tasso di natalità è a zero e per di più il Sud è afflitto dalla piaga dell’emigrazione. Al pacchetto, cui stanno lavorando il ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella, e quello dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, mette assieme diverse misure ancora allo studio: dal quoziente familiare alle agevolazioni per le imprese che assumono donne madri di tre figli fino al reddito d’infanzia. Le misure sotto la lente. Per incentivare le imprese ad assumere le donne mamme, con almeno tre figli, il governo intende usare la leva delle detrazioni.
L’agevolazione a cui si sta pensando potrebbe essere una riduzione dell’Imposta sul reddito delle società dal 24 al 15%. Un’altra misura sono gli asili nido da realizzare all’interno delle imprese dove lavoreranno le future neo mamme o nelle sedi dei distretti produttivi. Quoziente familiare. L’idea è di applicare le aliquote non sul reddito del contribuente ma sul nucleo familiare, con parametri specifici ancora da determinare che saranno commisurati al numero dei figli. Quindi più numerosa è la famiglia, meno tasse si pagano. Il meccanismo è entrato anche nella delega sulla riforma fiscale approvata dal Parlamento. Il governo potrebbe cominciare a introdurre il nuovo sistema già a partire dal 2024 quando si ridisegnerà il sistema delle aliquote Irpef. Ed è probabile che si partirà dalle famiglie con più di tre figli.
GOVERNO MELONI E FAMIGLIA, L’IDEA DEL REDDITO DI INFANZIA
Un’altra misura allo studio è il reddito di infanzia: un sussidio di 400 euro al mese fino al compimento del sesto anno di età del figlio. Spetterebbe alle famiglie con un reddito non superiore a 90mila euro. Sono inoltre allo studio un bonus per il secondo figlio e un bonus per lo sport a favore di famiglie a basso reddito. Caccia alle risorse. Per potere realizzare gli interventi a favore della natalità servono risorse finanziarie.
Si stima occorrano non meno di 2,5 miliardi di euro, ma potrebbero volercene di più. Ma la coperta è corta: la manovra finanziaria per il 2024 nel suo insieme vale 30-32 miliardi, ma le entrare certe sono 4,5 miliardi. Un grosso aiuto, però, potrebbe arrivare ad esempio dall’Assegno unico e universale: il sussidio per le famiglie a basso reddito con figli a carico, finora, è costato circa 1,4 miliardi di euro ogni mese, quindi arriverebbe a poco più di 16,8 miliardi a dicembre 2023.
Ma a inizio anno ne erano stati stanziati 18. Ci sarebbe dunque poco più di un miliardo di avanzo che potrebbe andare a favore delle politiche familiari. E questo potrebbe anche andare interamente alle famiglie che hanno due o più figli, per incentivare anche a livello economico la nascita di più bambini.
Che la questione della natalità sia impellente e non più rinviabile, lo confermano i dati statistici. Secondo l’Istat la nostra popolazione è scesa sotto i 60 milioni. Basandosi in parte sulle tendenze attuali, l’Istituto nazionale di statistica prevede che la popolazione si ridurrà di un ulteriore 20% entro il 2070.
CROLLO DRASTICO DELLA NATALITÀ
Lo statistico Gian Carlo Blangiardo (già presidente dell’Istat dal 4 febbraio 2019 al 22 marzo 2023) ha evidenziato come si assista ad un “crollo drastico dal 2008 fino a 393mila nati nel 2022: sono 9 anni che ogni anno facciamo il record della più bassa natalità di sempre nella storia del nostro Paese. I primi 5 mesi del 2023 il calo si è accentuato ulteriormente con una variazione negativa di circa l’1,5%, rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente: quindi il record del 2022, 393mila nuovi nati, siamo destinati a migliorarlo al ribasso”. La crescita dipende dalla popolazione che lavora Dal punto di vista della crescita economica, più che la popolazione è importante la dimensione della forza lavoro economicamente attiva. In questo caso, il quadro italiano non è poi così allarmante e offre opportunità.
Le proiezioni delle Nazioni Unite indicano che in un decennio la popolazione del Belpaese in età lavorativa si attesterà intorno al livello dei primi anni ‘80, periodo in cui era al primo posto in Europa per crescita. Anche questo quadro, tuttavia, sottovaluta il potenziale. L’Italia ha il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro più basso dell’Unione Europea, pari al 61%. Se da qui al 2030 la partecipazione femminile raggiungesse la media dell’Unione Europea (74%), il numero di lavoratrici aumenterebbe di circa 300mila unità. Se, invece, la partecipazione femminile raggiungesse l’85% della Svezia (la più alta dell’UE) nello stesso periodo, il numero salirebbe a 2 milioni. L’aumento della partecipazione modificherebbe completamente la traiettoria della forza lavoro, che passerebbe da una fase di contrazione a una di crescita nel prossimo decennio. Questo sarebbe possibile se alle donne madri si offrissero le stesse opportunità lavorative degli uomini.
LA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE MADRI ALLA PRODUTTIVITÀ
L’aumento della partecipazione al lavoro delle donne madri e della produttività ai livelli dell’UE entro il 2030 potrebbe contribuire alla crescita del prodotto interno lordo per oltre un punto percentuale in più ogni anno. Ciò compenserebbe ampiamente il freno alla crescita derivante dal calo demografico. Inoltre, una maggiore partecipazione femminile aumenterebbe il gettito fiscale e, a parità di altre condizioni, contribuirebbe a ridurre il debito dell’Italia (2.843 miliardi a giugno 2023), pari ad oltre il 150% del Pil.
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