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DALLA scuola al mondo del lavoro. Un balzo che, per buona parte degli studenti, almeno coloro che non intendono proseguire il proprio percorso di studi, significa confrontarsi con realtà diametralmente opposte tra loro. Lontane non solo nel contesto e nelle regole ma anche nella concezione stessa, nonostante il comparto dell’istruzione abbia, tra le sue mansioni, un ruolo preparatorio, o quantomeno introduttivo, allo step successivo a quello dell’apprendimento. Il quale, per alcuni determinati indirizzi di studio, si traduce (o dovrebbe tradursi) nell’applicazione pratica di quanto sperimentato a livello formativo.

Del resto, al netto delle ovvie differenze tra il contesto scolastico e quello ben più probante del mondo del lavoro, la linearità di un percorso professionale dovrebbe trovare nella professione prescelta naturale applicazione delle nozioni apprese durante gli studi, si tratti di istituti scolastici o universitari. Chiaramente, tale consequenzialità non è sempre garantita. Anzi, per la verità il passaggio risulta il più delle volte un salto nel buio, o quantomeno la necessità di doversi barcamenare nel comparto occupazionale attraverso lavori spesso lontani dalla propria formazione professionale.

Un gap che chiama in causa non solo le politiche scolastiche ma anche quelle del lavoro. E che, di rimando, richiede il superamento di alcuni stereotipi sociali che conferiscono alla formazione liceale un ruolo di primo piano rispetto al lato tecnico-professionale. «Tali istituti – ha spiegato al Quotidiano del Sud Annamaria Bax, Ispettore del Ministero dell’Istruzione – rappresentano l’anello intermedio tra formazione scolastica superiore e università. Una filiera che si compone di indirizzi diversificati, da quello informatico e ragionieristico a quello turistico e alberghiero, il cui obiettivo è quello di creare forza lavoro formata. Ossia figure professionali rispetto alle quali, nel mercato del lavoro, già oggi c’è una forte carenza».

In sostanza, lavoratori potenziali a cui è richiesta una solida formazione di base, in ottemperanza all’evoluzione di un mercato che, sempre di più, richiede manodopera specializzata. Un tema già toccato da tentativi di riforma nel recente passato e che il Ministero attuale punta a riprogrammare attraverso una politica correttiva finalizzata alla creazione di una speranza lavorativa per i più giovani. Una riforma che, per il momento, si traduce nelle Linee guida per l’Orientamento scolastico firmate dal ministro Giuseppe Valditara e approvate entro i termini previsti dal Pnrr. In ballo, due decreti da 1 miliardo e 200 milioni di euro di risorse da destinare alla formazione di studenti, docenti e personale scolastico, cercando di rafforzare il punto di contatto e, idealmente, il passaggio di consegne tra il primo e il secondo ciclo di istruzione e formazione. Una fase cruciale per la crescita formativa degli studenti, posto in un periodo di crescita e maturazione che, chiaramente, impone una forte componente familiare. Sia nella scelta dell’indirizzo di studio che nella pianificazione delle prospettive future. Un ruolo che, altrettanto evidentemente, richiama la necessità di una formazione delle famiglie stesse, o perlomeno lo sviluppo di una maggior consapevolezza rispetto agli sbocchi lavorativi successivi al termine del ciclo di studi. Con il chiaro obiettivo di fornire gli adeguamenti strumenti per la scelta allo studente e per il consiglio ai loro familiari.

Una riforma che, sulla carta, punta a premiare e valorizzare talenti e potenzialità di ogni studente, indipendentemente dagli orientamenti del mercato del lavoro. «Al momento – continua Bax – permane un vizio culturale di fondo, una mentalità che porta a considerare la formazione liceale come il contesto scolastico per eccellenza. E verso il quale si indirizza la stragrande maggioranza degli studenti. L’obiettivo è quindi andare a consolidare l’orientamento, sia in ingresso che in uscita». Emerge quindi la necessità di riformare non solo tecnicamente ma anche culturalmente la formazione scolastica. Con una revisione dell’approccio al comparto tecnico-professionale del percorso scolastico richiesto dalla stessa evoluzione della società: «Il mondo aziendale – sottolinea Bax – richiede quadri intermedi, tecnici, che devono essere professionalizzati. È una specifica richiesta del mondo del lavoro, diploma in uscita che fornisca già un quadro di formazione di base».

Una mentalità da rinnovare sulla base di percorsi strutturati, dai moduli curriculari di orientamento (da almeno 30 ore) all’introduzione di un Portfolio digitale personalizzato, volto ad accompagnare ragazzi e famiglie nell’individuazione di punti di orza. Ripensare inoltre la figura del docente nelle scuole secondarie, inquadrandolo nell’ottica di una unzione di “tutor” di gruppi di studenti, in un dialogo perpetuo con studenti, famiglie e colleghi. Un aspetto che, chiaramente, richiede una formazione costante, che le Linee guida issano in iniziative coordinate da Nuclei di supporto istituiti presso gli Uffici Scolastici Regionali. Una prima impostazione di base che, sul piano pratico, richiederà tempo e applicazione. Prima di tutto nella concezione stessa della scuola nel suo lato professionale (e professionalizzante).


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