Una centrale nucleare
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Il nucleare nel futuro dell’Italia, Quotidiano del Sud incontra il premio Nobel Carlo Rubbia e il presidente Wwf Italia Luciano Di Tizio
Lo sfruttamento dell’energia nucleare in Italia è avvenuto tra il 1963 e il 1990. Le cinque centrali che avevamo sono state chiuse per raggiunti limiti d’età, ma soprattutto dopo l’esito dei referendum del 1987. Il dibattito sulla sua eventuale reintroduzione si svolse dal 2005 al 2008, ma poi evaporò dopo il referendum del 2011 con cui vennero abrogate alcune disposizioni concepite per agevolare l’insediamento delle centrali. Il nucleare ha fatto capolino nei programmi elettorali del Centrodestra e di Azione e Italia Viva nei capitoli dedicati all’energia, di cui abbiamo dato conto su queste colonne.
Il Quotidiano del Sud ha intervistato Carlo Rubbia, Premio Nobel per la fisica nel 1984, ex direttore del Cern e dell’Enea, accademico e senatore a vita e Luciano Di Tizio, giornalista professionista e Presidente del WWF Italia.
IL FUTURO DEL NUCLEARE IN ITALIA SECONDO RUBBIA E DI TIZIO
Nel futuro dell’Italia c’è posto per l’energia nucleare?
Rubbia: “Chi può dirlo? E’ una scelta politica. Gli studi di cui disponiamo adesso concludono che, con il suo 27% della produzione totale d’elettricità, l’uso dell’energia nucleare aumenterà di due volte e mezzo entro il 2030 e si quadruplicherà nel 2050. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’energia atomica (AIEA), l’avverarsi di uno dei vari futuri previsti per l’energia nucleare dipende da un certo numero di fattori”.
Di Tizio: “Assolutamente no, salvo non ci sia davvero un’innovazione tecnologica che oggi appare a dir poco lontanissima. Il nucleare è stato sottoposto a consultazione referendaria due volte e in entrambi i casi sonoramente bocciato dalla maggioranza. Quindi non c’è spazio per un ritorno indietro”.
Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima. Gli spettri degli incidenti fanno paura.
Rubbia: “Non esiste un nucleare sicuro o a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo. L’energia da fissione nucleare è basata principalmente sull’uso dell’uranio, con la produzione per milioni di anni di grandissime quantità di scorie altamente radioattive e per le quali manca ancora una soluzione accettabile”.
Di Tizio: “In primo luogo dobbiamo dire che la fonte nucleare copre in questo momento nel mondo soltanto l’1,6% dei consumi primari di energia. Davvero molto poco, rispetto alle altre fonti energetiche, sia di fonte fossile, sia rinnovabili, come eolico e fotoelettrico. Inoltre lo spettro degli incidenti è sempre in agguato e nel nucleare gli incidenti possono essere disastrosi e irreparabili”.
RUBBIA DI TIZIO E I DUBBI SULLA VOGLIA DI NUCLEARE
Nonostante tutto, c’è ancora voglia di nucleare.
Rubbia. “Sa quand’è stato costruito l’ultimo reattore negli Stati Uniti? Nel 1979, trent’anni fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20%. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti dallo Stato per mantenere l’arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale occorrono 8-10 anni di lavoro, che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l’uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie”.
Di Tizio. “Una voglia basata su scarsa conoscenza, da parte dei politici, di quello di cui parlano. Basterebbe riflettere sul fatto che il nucleare non è appetito assolutamente dagli investitori privati. In tutto il mondo infatti non è mai stato costruito un reattore in cui gli investitori abbiamo assunto il rischio connesso all’energia nucleare. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire semplicemente che il libero mercato, almeno nei Paesi occidentali, non è affatto interessato ad una fonte estremamente costosa, poco redditizia e altamente pericolosa. Chi lo fa sono gli Stati. Infatti la gran parte del ncleare è sostenuto dagli Stati o da Paesi in cui la libera iniziativa economica privata non ha spazio”.
CONTROINDICAZIONI NUCLEARE, RUBBIA E DI TIZIO AGLI ANTIPODI
A parte la sicurezza, ci sono altre controindicazioni?
Rubbia: “Non ce ne sono, né dal punto di vista teorico, né da quello scientifico, o delle tecnologie. I limiti, se mai, derivano dal fatto che l’uranio, come altre risorse, è limitato. Se il gap tra l’estrazione corrente e il consumo è oggi intorno alle 20mila tonnellate, entro meno di dieci anni, l’uranio si esaurirà. Anche se ulteriori esplorazioni sono necessarie per confermare questo dato, si stima che l’uranio contenuto nelle rocce di fosfato porterebbe le riserve a 22 milioni di tonnellate”.
Di Tizio: “Le controindicazioni sono tante. Tanto per cominciare gli incidenti del passato confermano che la sicurezza con il nucleare non esiste. In più i costi sono elevatissimi e non è facile sostenerli, anche se questo venisse fatto esclusivamente dagli Stati. Inoltre c’è il problema, rilevantissimo, delle scorie nucleari e in ogni caso il nucleare non ridurrebbe in Italia la dipendenza energetica, perché di uranio e torio non ne abbiamo e dovremmo acquistarli dall’estero ”.
NUCLEARE DI NUOVA GENERAZIONE, SOGNO O REALTÀ?
Le centrali di nuova generazione sono effettivamente più sicure e producono meno scorie come si sostiene?
Rubbia: “L’alternativa alla fissione attuale è rappresentata dall’uso del torio (un elemento chimico radioattivo – ndr) al posto dell’uranio. Il reattore all’uranio può essere sostituito in maniera relativamente semplice con un reattore al torio. Anche se la radiazione prodotta inizialmente e quella dovuta ai prodotti di fissione sono confrontabili ed estremamente elevate, la vita media delle scorie è molto più breve e permette ad esempio di ritornare alla radioattività iniziale del torio (prima dell’uso) dopo un tempo di meno di mille anni invece di centinaia di migliaia come nel caso dell’uranio”.
Di Tizio: “Quella delle centrali di quarta generazione è solo una speranza degli scienziati non una realtà. In più c’è il problema, mai risolto, delle scorie. Noi abbiamo tutt’ora in Italia, come ce li hanno altri Paesi del mondo, scorie radioattive delle centrali dismesse e non c’è una soluzione. Quando si dice che si metteranno in un posto sicuro dove dovranno restare per centinaia di anni si dice una cosa non vera: anzitutto dovranno restare stoccate non per centinaia, ma per centinaia di migliaia di anni, e per di più esse rappresentano un pericolo per la salute della popolazione. C’è inoltre un dibattito scientifico importante che non va dimenticato secondo il quale è possibile che aumentino i casi di leucemia infantile e di altre patologie nelle popolazioni che abitano vicino alle centrali nucleari. Sfruttare una fonte di energia che all’attuale stato delle conoscenze è pericolosa, non è particolarmente redditizia, e produce rifiuti pericolosi non ha senso. Sarebbe una follia. Molto meglio, invece, puntare e investire sulle rinnovabili”.
LE NECESSARIE RIFORME NORMATIVE
L’Aie pone come condizione dello sviluppo del nucleare una modifica del quadro normativo.
Rubbia: “Quello che dobbiamo sapere è una cosa sola: il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l’uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni, lo stesso vale per l’oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo soppesare i pro e i contro. Ma non bisogna avere pregiudizi. Se il nucleare in futuro rendesse possibile sfruttare questa fonte energetica perché non farvi ricorso?”
Di Tizio: “Il quadro normativo può cambiare finché vogliamo ma le difficoltà e le obiezioni di cui ho parlato restano tutte. Gli svantaggi del nucleare sono maggiori, rispetto a quelli di altre fonti energetiche. La scelta nucleare è politica, ma deve tener conto, da una parte, delle esigenze energetiche, dall’altra dei rischi. Una energia nucleare esente da rischi non esiste. E gli incidenti ricordati in una delle sue domande all’inizio dell’intervista lo dimostrano ampiamente. La guerra in Ucraina lo conferma: abbiamo tenuto il fiato sospeso quando apprendevamo le notizie di bombardamenti nei pressi della centrale nucleare di Zaporhizhia dal 4 marzo scorso occupata dalle forze armate russe, durante la battaglia di Enerhodar”.
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