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VOGLIO iniziare questa mia nota prendendo come riferimento il Decreto Legge 161 varato dal Governo il 23 novembre 2023 che in particolare all’articolo 1 precisava: al fine di rafforzare la collaborazione tra l’Italia e Stati del Continente africano, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, è adottato il Piano strategico Italia-Africa: Piano Mattei, di seguito denominato “Piano Mattei”, documento programmatico-strategico volto a promuovere lo sviluppo in Stati africani. Le Commissioni parlamentari si esprimono con le modalità e nelle forme stabilite dai regolamenti delle Camere. Il termine per l’espressione del parere è di trenta giorni dalla richiesta, decorso il quale il Piano è approvato anche in assenza del parere

2. Il Piano Mattei individua ambiti di intervento e priorità di azione, con particolare riferimento ai seguenti settori: cooperazione allo sviluppo, promozione delle esportazioni e degli investimenti, istruzione, formazione superiore e formazione professionale, ricerca e innovazione, salute, agricoltura e sicurezza alimentare, approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche, tutela dell’ambiente e adattamento ai cambiamenti climatici, ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture anche digitali, (partenariato nel settore aerospaziale), valorizzazione e sviluppo del partenariato energetico anche nell’ambito delle fonti rinnovabili, (dell’economia circolare e del riciclo) sostegno all’imprenditoria e in particolare a quella giovanile e femminile, promozione dell’occupazione, turismo, cultura, prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare e gestione dei flussi migratori legali.

3. Il Piano Mattei prevede strategie territoriali riferite a specifiche aree del Continente africano, anche differenziate a seconda dei settori di azione.

4. Il Piano Mattei ha durata quadriennale e può essere aggiornato anche prima della scadenza.

5. Le amministrazioni statali conformano le attività di programmazione (di valutazione di impatto) e di attuazione delle politiche pubbliche di propria competenza al Piano Mattei con le modalità previste dagli ordinamenti di settore, nell’ambito delle competenze stabilite dalla normativa vigente.

Ritengo anche utile aggiungere la dichiarazione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla rilevanza strategica del provvedimento: “Proprio dai Paesi africani dovrebbe iniziare il processo che – nel prossimo futuro e grazie al supporto del direttore generale ENI Claudio Descalzi – arriverà a coprire tutta la zona Mediterranea e una buona parte Subsahariana con l’idea di una cooperazione non predatoria, in cui entrambi i partner possano crescere e migliorare. Inoltre, il governo italiano punterà alla totale autonomia dal gas russo per poi progressivamente diventare il principale HUB energetico a livello europeo”.

Alle parole della Premier si sono aggiunte quelle del Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani: “Il decreto Mattei è un’altra scelta che considero di grande importanza perché risponde alla questione migrazione, per la stabilità del Continente africano. L’immigrazione non è un problema che si può risolvere intervenendo solo alla fine del percorso ma a monte”. Ebbene nei primi giorni di ottobre dello scorso anno, proprio seguendo alcune anticipazioni della Presidente Meloni, avevo anche prodotto una possibile proposta progettuale coerente con le finalità che il Governo italiano cercava di attuare nel continente africano e tentai, in modo sintetico, la ipotesi progettuale che riporto di seguito nel progetto Transaqua.

Consapevoli del problema di siccità che, in prospettiva nel tempo, sarebbe andato a colpire l’area del Sahel ed in particolare il bacino del Lago Ciad, gli ingegneri italiani della società Bonifica (allora del Gruppo IRI), a metà degli anni settanta, studiarono ed elaborarono un progetto idrico avente lo scopo di garantire, nel tempo, il permanere del livello idrico del Lago Ciad. Il Lago Ciad, ricordo, era il Lago più grande dell’Africa, ubicato a confine con il Niger, la Nigeria, il Ciad ed il Camerun. Questo progetto idraulico studiò le modalità con le quali trasferire risorse idriche dal bacino del Fiume Congo al Lago Ciad, senza generare problematiche di portata, nel bacino del Fiume Congo, e di tenuta, nel bacino del Lago Ciad. Il progetto trovò anche il sostegno dell’allora Presidente della Repubblica Democratica del Congo Mobutu Sese Seko.

Considerato un progetto faraonico, avveniristico, basato su previsioni catastrofiche non dimostrabili, il progetto non ottenne il giusto supporto politico e finanziario necessario per essere sviluppato. Ma né Bonifica né la LCBC (organismo sovrannazionale, diretto fruitore del progetto Transaqua, creato dalla Nigeria, dal Niger, dal Camerun, dal Chad, dalla Libia e dal Centro Africa avente ad oggetto la salvaguarda del bacino del Lago Ciad – LCBC (Lake Chad Basin Commission) abbandonarono mai l’idea progetto denominata Transaqua.

Le previsioni della Società Bonifica S.p.A., considerate “catastrofiche”, si sono invece avverate; nel 2018 il lago Ciad passò da una superficie di Kmq. 25.000 nel 1960 a kmq 1.500 nel 2018. Questi dati trovano attestazione e conferma nel documento finale ufficiale redatto a seguito della Conferenza di Abuja (capitale della Nigeria) del febbraio 2018, indetta proprio per discutere del salvataggio del Lago Ciad. Il progetto Transaqua, mai accantonato dalla Bonifica S.p.A., è tornato così in primo piano sulla scena africana e, alla fine del 2015, la LCBC richiese alla società di ingegneria italiana di procedere ad un suo aggiornamento e ad una sua attualizzazione. Gli ingegneri di Bonifica, ripartendo dall’idea base del trasferimento idrico dal Bacino del fiume Congo al Bacino del Lago Ciad, studiati i nuovi fenomeni geo-politici che nel tempo avevano colpito e modificato l’Area del Sahel, consci dell’avanzamento tecnologico che negli anni avevano trasformato progetti avveniristici in progetti realizzabili, aggiornarono il progetto Transaqua che diventò così non più un mero e semplice progetto di trasferimento idrico, ma diventò un vero e proprio “progetto di sviluppo tecnico, economico, sociale”; il trasferimento idrico diventò il filo conduttore di uno sviluppo economico dell’intera vasta area interessata dal progetto, con la realizzazione di dighe, centrali elettriche, sviluppo delle infrastrutture di trasporto, piattaforme logistiche, sviluppo urbano, sviluppo agricolo, centri abitati, lavoro, reddito, miglioramento della qualità della vita, argine, soprattutto, al fenomeno del terrorismo e della emigrazione illegale e clandestina.

I benefici, vennero subito identificati direttamente nelle zone interessate dal progetto e, (in)direttamente anche nei Paesi confinanti. Ritengo opportuno precisare che il progetto Transaqua ha una dimensione geo-politica non semplice; gli Stati interessati fisicamente dall’opera sono essenzialmente tre: Repubblica Democratica del Congo, Centrafrica e Nigeria, mentre il coinvolgimento più ampio interessa anche il Niger, il Cameron, il Chad ed il Congo Brazzaville. Consci del fatto che la Cina, attraverso le proprie società di Stato, era presente in modo massivo e massiccio nell’area interessata dal progetto (ma soprattutto in Nigeria), consci della potenza economica che questo Stato (o sarebbe meglio dire Continente per le sue caratteristiche e prerogative) rappresenta, la LCBC ha messo in contatto la società cinese Powerchina e la società italiana Bonifica spa al fine di favorire un accordo di collaborazione sul progetto Transaqua.

Questa collaborazione è stata oltremodo fondamentale per la dimostrazione della solidità tecnica del progetto Transaqua perché in Cina, Powerchina, ha già realizzato un progetto simile (SNWTP South to Nord Water Transfer Project) avente lo scopo di risolvere il problema della siccità del Nord della Cina, trasferendo l’acqua dal Sud del Paese. L’opera cinese era composta da tre mega canali, di cui uno già in funzione e due in corso di realizzazione. I benefici in termini di sviluppo economico e sociale erano simili a quelli ipotizzati dalla Bonifica spa con la realizzazione del progetto Transaqua. La collaborazione sino-italiana aveva, come primo step fondamentale, il supporto alla LCBC nella ricerca dei finanziamenti necessari per lo sviluppo dello studio di fattibilità. Bonifica si mosse sin dall’inizio in sintonia con il proprio Paese, l’Italia, portando a conoscenza delle principali Istituzioni interessate il progetto Transaqua, la collaborazione con la Cina e l’iniziativa in corso.

Nel 2018 Bonifica e Powerchina vennero invitate, quali speakers, alla Conferenza Internazionale per la Salvaguardia del Lago Ciad, conferenza voluta fortemente dalla Nigeria nella persona del proprio Presidente H.E. Buhari. La Conferenza durò tre giorni (26-28 Febbraio 2018), vide la partecipazione di 6 capi di Stato Africani, 12 Primi Ministri, delle Banche di Sviluppo, dell’ONU e dell’UNESCO, di alcuni ambasciatori europei, dell’Ambasciatore cinese. La Conferenza si concluse dichiarando che il Lago Ciad andava salvato, che la situazione attuale dello stesso non permetteva ulteriori discussioni ma solo un’azione immediata e che l’unico progetto possibile per salvare il Lago risultava essere Transaqua. La Conferenza stabilì anche di procedere immediatamente con lo studio di fattibilità. Ma, durante la Conferenza accadde un altro fatto di rilevanza internazionale; l’Italia, attraverso il proprio Ambasciatore in Nigeria, comunicò ai partecipanti alla conferenza che l’Italia credeva nel progetto e offriva alla LCBC un dono di 1,5 milioni per attivare lo studio di fattibilità di Transaqua. Fu un successo; per la prima volta, se dimentichiamo per un attimo il lavoro e la fatica per arrivare a tale risultato, l’Italia si pose sulla scena internazionale in modo esemplare, appoggiando un progetto italiano, finanziando un progetto italiano, benedicendo una collaborazione con la Cina dando quindi costrutto allo slogan “aiutiamoli a casa loro”.

Ma l’Italia è sempre il Paese contraddittorio che conosciamo; così, ad un anno di distanza dalla Conferenza, dopo lunghe peripezie burocratiche, l’accordo che garantiva il finanziamento promesso alla LCBC venne sottoscritto ma, ancora oggi, è congelato nelle mani della burocrazia e nulla più è stato fatto. Sarebbe penso utile che l’attuale Governo prendesse visione di una simile proposta perché forse potrebbe finalmente fare riferimento non ad una ipotesi ma ad una realtà congeniale con ciò che chiamiamo “Piano Mattei”.

Ma accanto a questa ipotesi progettuale ritengo opportuno far presente che la imprenditoria italiana ha una nutrita documentazione di progetti e di interventi realizzati nel continente africano, ne ricordo solo alcuni:

  • Il raddoppio del Canale di Suez
  • Nella regione di Benishangul – Gumuz in Etiopia, circa 15 km ad est del confine con il Sudan. Con una potenza installata di 6.45 gigawatt, la diga, una volta completata, sarà la più grande centrale idroelettrica in Africa, la settima al mondo.
  • Porto di Gibuti e asse autostradale Gibuti – Mogadiscio
  • Asse ferroviario ad alta velocità Gibuti – Adis Abeba
  • Diga di Inga costruita nel Congo negli anni ’70
  • Asse ferroviario ad alta velocità Il Cairo – Alessandria d’Egitto
  • Asse autostradale Tobruk – Tripoli

Questa consolidata esperienza dovrebbe quindi dare vita ad un immediato incontro tra il Governo e le Società di ingegneria, le grandi Aziende e le imprese che direttamente o indirettamente hanno, nel tempo, prodotto risultati encomiabili nel continente africano e concordare una proposta organica di azioni capaci di costruire, da subito, un incisivo e concreto Partenariato Pubblico Privato. È interessante, a mio avviso, che il Piano voluto da Giorgia Meloni non venga utilizzato solo come un interessante atto mediatico; lo so non è una finalità della Presidente Meloni però è bene che la squadra di Governo ed il sistema imprenditoriale italiano lo capisca.


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