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I fratelli Wladimir e Vitali Klitschko

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“DR IRONFIST”, il “Dottor Pugno di Ferro”, e “Dr Steelhammer”, il “Dottor Martello d’Acciaio”, sono fratelli. Il primo, il maggiore, all’anagrafe di Belovdskoe, in Kirghizistan, dove è nato nel 1971, si chiama Vitaly; il secondo, che è nato nel 1976 a Semej, in Kazakhistan, si chiama Wladimir. Sono entrambi laureati, erano entrambi pugili, sono entrambi giganteschi (Vitaly è alto 201 centimetri, che è l’altezza dell’asticella con cui Sara Simeoni divenne primatista del mondo, e pesa 114 chili, Wladimir è alto 198 centimetri e pesa 112 chili), erano entrambi campioni del mondo nella categoria dei massimi: Vitaly lo è stato WBO dal 1999 al 2000 e WBC dal 2004 al 2005 e dal 2008 al 2013; Wladimir WBO dal 2000 al 2003, IBF, IBO e WBO dal 2008 al 2015 e WBA dal 2011 al 2015. Le sigle indicano le varie organizzazioni pugilistiche che assegnano le troppe corone nel mondo.

Portano entrambi il cognome e la cittadinanza ucraina del loro papà, il maggior generale dell’Aeronautica sovietica Volodymr Rodjonovyc Klycko, che in una traslitterazione risulta Klitschko, e che comandò tutte le operazioni di pulizia a Chernobyl, dopo il disastro nucleare del 1986, e in seguito gli venne diagnosticato un tumore ai linfonodi, tanto per smentire la cantilena che “la situazione è sotto controllo”. Ne morì a 64 anni.

I due ragazzi in America li chiamavano “i Klitchkos”, come “i Sopranos” della fiction. Vitaly nella sua carriera da pugile professionista (in quella da dilettante ha combattuto 210 volte, 195 vittorie, 80 per kappaò) ha disputato 47 incontri, non ha mai toccato il tappeto se non con le suole delle scarpe, ne ha vinti 45, e di questi 41 per knockout; le due sconfitte le ha subite dall’arbitro: la prima volta per un infortunio a una spalla, la seconda per ferita al viso, quando, contro Lennox Lewis, era avanti su tutti i cartellini dei giudici, di 4 round a 2. Il medico Paul Wallace, dalla prima fila, consigliò l’arbitro Lou Moret di interrompere il match. Lewis piuttosto che accettare la rivincita annunciò il ritiro. La percentuale di vittorie per kappaò di Vitaly è dell’87,23 per cento, la seconda più alta di sempre nella categoria dei massimi dopo quella di Rocky Marciano, che è dell’87,76. Quei tre anni in cui non fu campione dal 2005 al 2008 li passò a curarsi dalla rottura dei legamenti del ginocchio. Tornò sul ring, si riprese il titolo e lo difese nove molte. Fino a 42 anni, quando passò al ring della politica in Ucraina: sempre fra i pesi massimi e fra i campioni. È, febbraio 2022, il sindaco di Kiev.

Mamma Nadezdha Uljanovna li guardava crescere portandoseli dietro in tutte le guarnigioni in cui la carriera portava il marito; i ragazzi giocavano fra fucili e granate, tute mimetiche ed elmetti. A pugni non si sono mai affrontati: li avrebbero ricoperti d’oro gli organizzatori, specie quelli americani che non vedevano l’ora di lanciare sul mercato dello sport e dello spot il ring di Caino e Abele, specie perché non si poteva prevedere chi sarebbe stato chi, a maggior incasso dei bookmakers. Però Mamma Nadezdha era inflessibile: fra di voi niente pugni, mai, aveva sentenziato da subito. E i bravi figliuoli le ubbidirono.

Potevano affrontarsi (e lo facevano) solo mettendo fra di loro una scacchiera, il che facevano spesso essendo appassionati di questa disciplina. La signora ricordava sovente di quella volta che bussò alla sua porta una mamma tenendo per mano un bambino che sanguinava dal naso: dov’è Vitaly? Dov’è quel delinquente? Urlava la donna, Guardi come l’ha ridotto, diceva. Vitaly sbucò giù per le scale non per scappare ma per spiegare: “Ho dovuto farlo” disse semplicemente. E aggiunse: “Mi aveva buttato il cappello in una pozzanghera, gli ho detto di non farlo più, lui lo ha fatto di nuovo ed ho dovuto dargli una lezione”.

Quante lezioni avrebbe dato poi sul ring il sindaco Vitaly, anche sul ring della vita! Il “piccolo” Wladimir era stato un campione globale fin da dilettante: nel 1996, ai Giochi di Atlanta, aveva vinto l’oro nella categoria dei supermassimi sconfiggendo in finale un gigante dell’isola di Tonga, Paea Wolfgramm, un tipo decisamente sovrappeso, altezza 194 centimetri, peso 140 chili. Al tongano rimase la soddisfazione di essere il primo (e fino a Tokyo 2020 l’unico) medagliato della sua nazionalità. Passato professionista, Wladimir regnò fra i massimi per 9 anni, 7 mesi e 7 giorni, che è il secondo regno più lungo di sempre nella categoria, ed è secondo anche nel numero degli incontri combattuti con il titolo in palio (23 difese contro le 25 di Joe Louis; Alì lo fece 19, ma scontò gli anni di licenza sospesa per renitenza alla leva al tempo del Vietnam). A porre fine al regno di Klitschko il giovane pensò la furia di Tyson Fury il 28 novembre del 2015. Wladimir tentò poi la riconquista incrociando i guantoni 17 mesi dopo, a 41 anni, con l’inglese più giovane di 13 anni, Anthony Joshua, il 29 aprile 2017, novantamila spettatori a Wembley. Wadimir mise al tappeto Anthony alla sesta ripresa, e fu la prima volta per il britannico, che però si rialzò ed all’undicesimo round vinse per knockout tecnico.

“Il nostro segreto – disse una volta Vitaly _ è che sul ring il nostro avversario vede sempre un solo pugile, ma siamo sempre in due”. Lo sono stati anche nell’inverno del 2022, ma stavolta l’avversario li vedeva combattere tutti e due: l’avversario era un russo di San Pietroburgo. Vladimir Putin.


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