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Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani leader dei partiti di centrodestra

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A UNA settimana dal vittoria di Marco Marsilio in Abruzzo, Lorenzo Pregliasco, direttore di Youtrend, fa un punto con il Quotidiano del Sud sullo stato dell’arte della politica italiana, a iniziare dal centrodestra per passare poi alle imminenti elezioni europee.

Cosa dice questo passaggio elettorale?

«Ci dice sicuramente che l’Abruzzo non era la regione più facile possibile per il campo largo. E ci dice anche che è stato sovrastimato il dato della Sardegna».

Il centrodestra può fare sogni tranquilli in vista delle Europee?

«Aver vinto in Abruzzo è importante per il centrodestra perché rischiava l’accerchiamento: si sarebbe alimentata la percezione di un paese diviso in due, un paese in cui il centrodestra non è maggioranza. E invece il fatto di aver vinto rasserena quello schieramento. Inoltre, c’è un dato da evidenziare: nessun azionista della maggioranza è stato umiliato dal risultato».

Ti aspettavi Forza Italia così performante dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi?

«Devo ammettere di no. Nel senso che pensavo e continuo a pensare che per Forza Italia sia un grosso problema non avere più una leadership come quella del Cavaliere. Altresì dico: Forza Italia ha dimostrato di essere solida soltanto in alcuni contesti specifici. Penso all’Abruzzo, una regione del centro-sud dove Forza Italia fa meno fatica a mantenere il consenso. Un risultato che è dipeso dalla forza della lista degli azzurri. Dal voto abruzzese emerge che Forza Italia sia uno dei partiti con il più alto tasso di preferenze. Questo significa che non è stato certo un voto di opinione ma un voto strutturato. Positivo, dunque, per Fi ma non replicabile ovunque».

Sei scettico sulla nascita di un grande partito popolare per le Europee che possa mettere insieme tutti i cespugli centristi del centrodestra e Forza Italia?

«Politicamente lo spazio c’è. Oggi il centrodestra è a trazione Fratelli d’Italia e questo lascia scoperta l’area di confine, in termini tecnici non è detto che fare una lista unica alle Europee sia una la strategia migliore. Spesso in un sistema di voto proporzionale, come quello delle elezioni europee, non aiuta fare contenitori con più partiti. La somma 7 più 2 non fa nove. In secondo luogo, alle europee sarà determinante avere candidati che tirano. E a oggi gli azzurri hanno perso Aldo Patriciello al sud e non hanno più il traino di Berlusconi».

È tramontato il sogno salviniano di una Lega nazionale?

«Se si guarda alle ultime europee, quello della Lega sarà di sicuro un tracollo: il punto però è che il 2019 era un’altra stagione, era l’apice del fenomeno della nuova Lega di Salvini, della sua leadership, raccoglieva tutto un elettorato di centrodestra e di destra che è un elettorato che va dove c’è la leadership più forte. Nel centrodestra c’è questa dinamica che non c’è a sinistra. Non è un voto identitario, è un voto che segue la leadership più carismatica del momento».

Se Salvini candidasse il generale Vannacci alle Europee recupererebbe qualcosa nel centrodestra?

«Il leader della Lega ha comunque una grande opportunità, superare Forza Italia e dare così un segno di vitalità. Non è impossibile, ci dicono i sondaggi. E tutto questo può succedere se hai candidati forti, come potrebbe risultare un Vannacci».

Quella della Lega è una crisi irreversibile?

«Politicamente lo spazio per la Lega nazionale si è molto ridotto. Essendo cresciuto Fdi, il Carroccio diventa un suo doppione nel centro-sud. Inoltre, patisce molto anche al nord».

Perché non ha funzionato in Abruzzo la coalizione di centrosinistra in formato extra large?

«È molto semplice. Non tutti gli elettori che in passato hanno votato i singoli partiti si sono poi sentiti di votare quello stesso partito in coalizione. Significa che una quota di elettori del M5S avevano scelto i grillini perché erano altro dal Pd e da Italia viva. E vale la stesso al contrario».

Meglio un campo largo ma non larghissimo, dunque?

«Il campo largo ma non larghissimo è stato sperimentato in sei occasioni, prima dell’Abruzzo, e ha vinto solo in Sardegna. Anche quello non ha una grande storia. Le regionali sono una questione complicata per il centrosinistra. Avendo un turno unico devi raccogliere da subito un’alleanza ampia».

Un’ultima domanda: che ne sarà dell’ipotesi terzopolista di Renzi e Calenda?

«Alle Europee di giugno lo spazio ci sarebbe perché il proporzionale non vincola una scelta di campo. Ci sono numerosi casi che non erano necessariamente dentro un campo o un altro. Ti posso citare la lista Bonino nel 1999. Le singole liste alle europee possono emergere anche se sono fuori dei due schieramenti principali. Detto questo, al momento non vedo le condizioni politiche e personali per un’intesa. Se non trovi il terreno comune».


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