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Crolla il mercato degli smartphone, indispensabili ma costosi
Se vi sia ancora un filo rosso fra la pandemia e l’attuale condizione economica globale non è perfettamente chiaro. Ma, di sicuro, l’impatto del Covid-19 ha modificato in modo sostanziale il concetto stesso di economia, spingendo i consumatori a rivedere le loro strategie. Perché a cambiare, e questo è abbastanza evidente, è stato il potere d’acquisto. E i tassi di inflazione galoppanti, arrivati su livelli record nell’ultimo anno, non hanno fatto distinzioni da un settore all’altro del commercio.
Il mondo del consumo ha finito per risentirne soprattutto nella fase immediatamente post-pandemica, quando le prospettive di ripresa erano demandate a qualche mese e le disponibilità finanziarie dei consumatori poggiavano ancora sulle misure emergenziali prese durante la fase acuta del coronavirus.
Ma, considerando che durante il lockdown (e anche successivamente) qualche modifica la società l’ha conosciuta, in primis accelerando sul processo di digitalizzazione, avrebbe potuto apparire meno scontata la flessione di alcuni particolari settori del mercato. Forse sorprenderà ma anche l’ambito della tecnologia è incappato in una frenata epocale. Provvisoria, certo, ma piuttosto significativa se si considera la forte implementazione avuta sulle operazioni da remoto.
Nel 2022, il comparto degli smartphone ha registrato il momento più negativo dell’ultimo decennio. Nonostante uno sviluppo sempre più rapido e investimenti progressivamente più corposi, il mercato dei device ha sperimentato il suo primo picco al ribasso. Gli ultimi dati, infatti, certificano una flessione fin qui nemmeno annusata: nel 2022, le vendite globali sono scese sotto quota 1,2 miliardi, considerata fin qui quella spartiacque fra un’annata buona e una fiacca.
Eppure non è questo il dato più indicativo: a far tremare i polsi alle case di produzione è stato il periodo natalizio, corrispondente in parte con le offerte del Black Friday, durante il quale gli acquisti sono piombati al -17% rispetto al 2021. Un’ulteriore riprova che il 2022, anziché essere l’anno della rinascita, si è man mano rivelato l’ennesimo di transizione (stentata). Per gli smartphone, o comunque per il mercato dei device, il calo complessivo è stato dell’11%, dato che non si registrava dal 2013. Ma, anche qui, il paragone regge poco, in quanto quell’anno fu registrato l’avvicendamento fra gli attuali dispositivi e i vecchi cellulari tipo al vertice del mercato.
Non sarà una crisi vera e propria ma, di sicuro, una significativa cartina di tornasole sullo stato attuale del potere economico del contribuente medio. Sempre meno propenso alla spesa di grosse somme per un dispositivo mobile di altissima qualità, contrariamente al pensare comune. Anche perché, il quadro dei prezzi non aiuta la scelta, almeno non in senso positivo: il rincaro registrato anche in questo comparto ha scoraggiato gli acquisti e aumentato la prudenza, vista la necessità di dover conciliare spese più urgenti (come quella alimentare, sempre più inflazionata dal rialzo dei costi sui beni primari) e altre che, pur non potendo essere considerate secondarie, richiedono esborsi fuori budget per la classe media.
A salvarsi dal diluvio sono i due marchi maggiori, Apple e Samsung, che chiudono l’anno senza perdite e con un record, per quanto riguarda l’azienda di Cupertino, nel periodo del Q4 (quello prefestivo), segnata dal traguardo di un 25% sulla quota di mercato trimestrale. Mai così bene.
Per questo risulta complessa la lettura dei dati sul calo dell’appeal degli smartphone. L’impressione (o forse la speranza) è che, come tutti gli altri settori, anche quello tech stia attraversando una fase di passaggio. A gravare sulle spalle dei consumatori, infatti, c’è una crisi socio-economica che rende complicata la gestione delle spese ordinarie e, per questo, ritrovarsi a cambiare cellulare con la stessa frequenza pre-pandemica potrebbe essere più difficile persino per gli appassionati.
Va però tenuta in debita considerazione l’importanza di tali strumenti nel contesto sociale odierno. Al netto di qualche rimostranza che raggruppa ancora qualche sostenitore, è ormai lapalissiano che tecnologia e società viaggino ormai di pari passo. Basti pensare a cosa accadde nell’aprile 2021, quando un blackout dei servizi Meta per alcune ore rischiò di fare danni permanenti, apportando perdite per miliardi di dollari a quelle aziende che, via web, costruiscono sia la pubblicizzazione del loro marchio che l’interazione coi propri clienti. Per non parlare della rilevanza di mezzi come WhatsApp e Facebook sulle relazioni interpersonali, che rende impensabile la possibilità di interromperne l’utilizzo. A meno che non ci si trovi in determinati contesti.
Un caso a parte resta quello della scuola, dove il divieto di utilizzo degli smartphone è stato ribadito, tranne che «con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative». Altro passaggio chiave: la flessione di mercato passerà, la necessità di bilanciare sviluppo tecnologico e attività ordinarie, come quella didattica, resta un argomento non rimandabile.
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