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Le criptovalute come Bitcoin e Ethereum non sono ancora riuscite a riprendersi in modo significativo dalla debacle di FTX, la piattaforma di criptovalute ideata e gestita da Sam Bankman-Fried sotto accusa dalla Securities and Exchange Commission (Sec), l’autorità di vigilanza dei mercati finanziari statunitensi, per avere distratto i fondi dei clienti per finanziare il suo hedge fund, chiamato Alameda Research, e fare investimenti ad alto rischio, acquistare beni immobiliari e finanziare campagne politiche.

Infatti, sui mercati gli scambi continuano vicino ai minimi del ciclo, mentre si profilano scenari allarmanti che vedono il Bitcoin crollare sotto i 10mila dollari nel prossimo anno, dopo avere stabilito il 20 ottobre 2021 il record assoluto di oltre 65mila dollari per un Bitcoin. Nonostante qualche inciampo, le valute digitali continuano a tenere banco, ad essere trattate, contrattate e scambiate con prezzi talora da capogiro.

Tutto è cominciato nel 2009, con l’avvento del Bitcoin. All’indomani sono nate nel mondo una serie di criptovalute (vedi box) subito ribattezzate AltCoin (Alternative Coin, ovvero monete alternative a quella originale), che si differenziano per alcuni aspetti e utilizzano un sistema differente dalla blockchain (un registro digitale le cui voci sono raggruppate in “blocchi”, concatenati in ordine cronologico e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia).

La maggior parte sono progettate per introdurre gradualmente nuove unità di valuta, ponendo un tetto massimo alla quantità di moneta che sarà in circolazione. Ciò viene fatto sia per imitare la scarsità (e il valore) dei metalli preziosi, sia per evitare l’iperinflazione. Comparate con le valute ordinarie gestite dagli istituti finanziari o tenute come contante, le criptomonete sono meno suscettibili a confische da parte delle autorità. Le transazioni effettuate con le criptomonete offrono un buon livello di privacy, grazie alla caratteristica di pseudonimia degli utilizzatori. Il livello di privacy varia a seconda del protocollo utilizzato, ed è totale per quelle criptovalute che utilizzano il sistema di validazione “zero knowledge”, grazie al quale non viene scambiata nessuna informazione delle parti.

Per quanto riguarda l’Italia, una definizione di criptovaluta ci è offerta dalla V direttiva dell’UE per il contrasto all’antiriciclaggio, che descrive la criptovaluta come una “rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.

Per quanto concerne la blockchain è stata riconosciuta all’interno del nostro ordinamento giuridico con il Decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla Legge 11 febbraio 2019, n. 12, all’interno della quale è stata altresì riconosciuto il valore legale di ogni informazione registrata su di essa. Nella stessa legge si fa riferimento agli smart contract (contratti intelligenti) mentre non viene riconosciuta alcuna ulteriore definizione di criptovaluta. Il mining si presenta come uno degli strumenti per la convalida delle transazioni nella rete di una criptovaluta. Il minatore (che non è quello che lavora in una tradizionale miniera) è un individuo o società che investe potenza di elaborazione per ottenere come ricompensa una parte della stessa criptovaluta. La ricompensa diminuisce le commissioni di transazione creando un incentivo per contribuire alla potenza di elaborazione della rete.

Questo processo comporta un consumo molto alto di elettricità, che ha un impatto sull’ambiente: per ogni singola transazione si consumano intorno ai 150 kWh che equivalgono a circa 20 euro, per questo i minatori sono localizzati in paesi come Cina, la Mongolia e l’Ucraina, luoghi dove l’elettricità ha un costo inferiore.

Alcuni minatori utilizzano la rete per condividere il carico di lavoro. Una quota viene assegnata ai membri di questo gruppo minerario in base alla quantità di lavoro svolto e presentando una misura economica parziale valida per scoraggiare attacchi e abusi. Date le preoccupazioni economiche e ambientali associate al mining, esistono già varie criptovalute che superano il sistema di mining.

L’aumento della popolarità delle criptovalute e la loro adozione da parte delle istituzioni finanziarie ha portato alcuni governi a valutare se sia necessaria una regolamentazione per proteggere gli utenti. La Financial Action Task Force ha definito i servizi relativi alle criptovalute come “fornitori di servizi di asset virtuali” (VASP) e ha raccomandato che siano regolamentati con lo stesso riciclaggio di denaro (AML) e che conoscano i requisiti del cliente delle istituzioni finanziarie.

Nel giugno 2020, il GAFI ha aggiornato le sue linee guida per includere la “Regola di viaggio” per le criptovalute, una misura che impone ai VASP di ottenere, conservare e scambiare informazioni sugli originatori e sui beneficiari dei trasferimenti di risorse virtuali. La Commissione Europea ha pubblicato una strategia di finanza digitale nel settembre 2020. Ciò includeva un progetto di regolamento sui mercati delle criptovalute (MiCA), che mirava a fornire un quadro normativo completo per le risorse digitali nell’Unione Europea. Il 10 giugno 2021, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha proposto che le banche che detenevano attività in criptovaluta debbano accantonare un capitale per coprire tutte le potenziali perdite.

Ad esempio, se una banca dovesse detenere Bitcoin per un valore di 2 miliardi di dollari, dovrebbe mettere da parte un capitale sufficiente per coprire l’intero capitale occorrente. Questo è uno standard più estremo rispetto a quello a cui le banche sono generalmente tenute quando si tratta di altre attività. Tuttavia, questa è una proposta e non un regolamento.


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