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Scuola: tra i Paesi Ue, il nostro è uno di quelli dove il problema della dispersione precoce rimane tra i più consistenti

«DOVE comandano le mafie, dove le piazze di spaccio regolano la vita delle famiglie, vi assicuro che ogni minuto passato a scuola è un minuto sottratto ai cattivi esempi e ai ricatti dei boss». Eugenia Carfora da 16 anni è in prima linea da dirigente scolastico e da dieci è alla guida dell’istituto Francesco Morano in quel di Caivano. Nella scuola simbolo del riscatto e della legalità, dove si verificò lo stupro delle due cuginette prese di mira da un gruppo di minori. Parla del rientro a scuola dopo le vacanze. Quando l’abitudine al dolce far nulla, la disattenzione o la complicità delle famiglie, l’assenza dello Stato, portano ad una sola conclusione: la dispersione scolastica.

Il tema è di quelli dirimenti, fondamentali per il Paese. Riguarda la madre di tutte le battaglie. L’origine di tutte le problematiche di una realtà a sviluppo ritardato. Quando si parla di mancanza di classe politica e si dà la responsabilità a chi non usa il diritto all’elettorato attivo in modo adeguato, colpevolizzando una intera popolazione, si dimentica di andare alla testa dell’acqua. Che è proprio la scuola. Il processo formativo, quello sul quale in questo nostro Paese c’è molto da dire perché profondamente disuguale. Che farebbe parte di una delle competenze da assegnare alle Regioni che lo chiederanno se l’autonomia differenziata, che lunedì avvierà il suo iter parlamentare, sarà approvata come è facile che avvenga, considerato che si sta procedendo ad uno scambio con il presidenzialismo che tanto è caro alla Presidente del Consiglio.

Ma in realtà la scuola, anche se dipende ancora in tutto il Paese dal ministero dell’Istruzione e del merito, oggi è già differenziata e gli effetti si vedono sulla dispersione scolastica e sul tempo pieno che sono diversi nelle varie parti del Paese. Tra i paesi Ue, il nostro è uno di quelli dove il problema degli abbandoni precoci rimane più consistente. Nel 2021 l’Italia è la terza nazione con più abbandoni (12,7%), dopo Romania (15,3%) e Spagna (13,3%). Ma il dato medio nasconde la vera realtà. Perché se guardiamo ai dati per Regioni ci accorgiamo che in Sicilia il 21,2% dei residenti tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola prima del tempo: quasi 10 punti più della media nazionale. Seguono altre due grandi Regioni del Sud, entrambe sopra quota 15%: Puglia (17,6%) e Campania (16,4%). E queste tre Regioni costituiscono il 75% della popolazione meridionale. 15 milioni di abitanti sui 20 milioni che abitano quello che è il 40% del territorio italiano. Il dato è assolutamente coerente con quello relativo al tempo pieno. Le 40 ore vengono scelte per il 67,5% dalle famiglie del Lazio, 63,3% dalla Toscana, 62,7% dal 62,6% in Emilia Romagna, Piemonte, dal 62,5% in Liguria. Di contro, in Sicilia, solo il 17,7% ha deciso di far frequentare il tempo pieno a 40 ore ai propri figli, con altre regioni meridionali che, pur non toccando il picco negativo siciliano, si mantengono generalmente più bassi rispetto alla media. L’unica eccezione è la Basilicata che con il 57,8% è l’unica regione del Sud ad avere una percentuale piuttosto alta per quanto riguarda le 40 ore.

Ma la parola “scelta” è utilizzata in modo strano. Perché nel modulo che devono compilare i genitori in tutto il nostro Paese si può segnare la preferenza per il tempo pieno, ma in realtà in molte scuole non esiste, perché i Comuni di riferimento non sono in grado di organizzare la mensa scolastica, indispensabile per tenere i ragazzi a scuola. Tutto peraltro dipende dalla mancanza di risorse dei Comuni che dovrebbero addossarsi una ulteriore spesa, difficile quando spesso si è in dissesto. Quindi la scelta diventa assolutamente obbligata nel senso di non prevedere la possibilità, che rimane teorica, una casella in un modulo.

I due dati della dispersione a scuola – così elevata da avere cittadini senza quella capacità minima per essere consapevoli delle scelte che saranno chiamati a fare – e quello del tempo pieno – per cui, anche quando il ragazzo completa il ciclo degli studi, in realtà ha lavorato molto poco e soprattutto quando viene da famiglie fragili e deboli, per le loro condizioni economiche, per il degrado nel quale alcuni vivono, per la presenza nelle loro aree della criminalità organizzata, che è sempre pronta a reclutare chiunque sia in una condizione di disagio – fanno sì che si affidi il voto e la individuazione della classe dirigente/politica a chi non ha gli strumenti minimi per poter fare una scelta avvertita.

«Quando le assenze sono prolungate mi presento. Inutile perdere tempo. Se li trovo che stanno dormendo li sveglio. La scuola qui più che altrove è fondamentale. Se fosse per me la terrei aperta anche di notte». E’ ammirevole lo spirito con il quale la nostra preside di Caivano, cittadina che è stata funestata proprio la scorsa settimana dall’incidente di una bambina caduta dal secondo piano, approccia il suo compito in modo tale che più che un lavoro diventi una missione, ma lei stessa si rende conto che sta combattendo a mani nude contro i carri armati. E non solo contro la dispersione a scuola. Per combattere con la possibilità anche di vincere la battaglia è necessario che le mani nude siano armate in modo adeguato, dallo Stato centrale, l’unico che può mettere in campo una forza di fuoco adeguata. Altrimenti lo Stato e la Società civile saranno sconfitti. Le accuse di mancanza di classe dirigente, di cattiva scelta della classe politica, effettuata dall’elettorato attivo, a questo punto, si ritorcono contro uno Stato che non fa tutta la sua parte e che non ha le carte in regola per non essere responsabile di un andamento anomalo. Sarà a quel punto facile, per una classe dominante estrattiva, prevalente al Sud, poter indirizzare il voto in un rapporto di scambio che dà per favori i diritti, e che può raccogliere il consenso non con la canna da pesca ma con le reti.

Fuor di metafora il voto viene indirizzato da gruppi organizzati che nelle periferie riescono a raccogliere il consenso non sulla base del merito o delle qualità dei candidati, quanto sulla base di rapporti, non sempre trasparenti, ma viziati da intrecci ed infiltrazioni criminali. E tutto questo deve finire.


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